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XVI SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL’UOMO
SULLA LIBERTÀ RELIGIOSA

INTERVENTO DI MONS. SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE

Ginevra
Giovedì, 10 marzo 2011

 

Presidente,

Il Rapporteur speciale sulla libertà di religione o di credo ha affrontato un tema molto opportuno e cruciale, ovvero quello del diritto umano alla libertà di religione nel contesto dell’educazione e in relazione a essa. Gli Stati moderni sono edificati, poggiano e si sviluppano, fra le altre cose, sui pilastri della educazione, della salute e dell’assistenza sociale. Inoltre, l’educazione sembra essere un’area che reagisce con maggiore sensibilità alle trasformazioni culturali e demografiche che si verificano nella società. Nello stesso tempo, la trasmissione a nuove generazioni di una religione è un arricchimento sociale degno di tutela. Quindi il ben riconosciuto diritto dei genitori a decidere il tipo di educazione religiosa che i loro figli dovrebbero ricevere ha la precedenza su qualsiasi imposizione aperta o indiretta da parte dello Stato. Come afferma senza equivoci l’articolo 5.2 della Dichiarazione sull’eliminazione di tutte le forme di intolleranza e di discriminazione basate sulla religione o sul credo: «Ogni fanciullo dovrà godere del diritto di ricevere un’educazione in materia di religione o di credo secondo i desideri dei genitori o, all’occorrenza, dei suoi tutori legali, e non dovrà essere costretto a ricevere un’educazione religiosa contraria ai desideri dei suoi genitori e dei suoi tutori legali, sulla base del principio guida dell’interesse del fanciullo». Dello stesso tenore è l’articolo 18.4 del Patto internazionale sui diritti civili e politici, come ha giustamente sottolineato il Rapporteur speciale.

L’educazione e la libertà di religione o di credo sono un vasto ambito di attenzione. Il rapporto fra loro è per molti versi un campo in evoluzione, ma i diritti fondamentali non possono essere violati: quelli dei genitori e quelli dei credenti stessi che agiscono in comunità. D’altro canto, anche se le persone va garantito il diritto di professare le proprie idee religiose liberamente, questo si dovrebbe fare nei limiti imposti dal bene comune e da un giusto ordine pubblico, e, in ogni caso, in una maniera caratterizzata da senso di responsabilità (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, 200). La sfida di equilibrare i diritti di pari valore è particolarmente ovvia nella prevenzione della discriminazione. Il dovere di garantire una tutela equa dei diritti non dovrebbe essere contaminato da posizioni ideologiche che da una parte considerano un particolare credo intollerante, e d’altra parte accettino che lo Stato costringa una religione ad adottare una dottrina o un comportamento contrari alle sue convinzioni. In questo senso, l’istruzione pubblica non dovrebbe affrontare l’argomento della religione in modo da portare al rifiuto della preferenza dei genitori e al progresso di un insieme alternativo di credenze. Infine, l’ipotesi secondo la quale una fede debba mutare nel tempo deve essere affrontata con cautela. Sebbene alcuni condizionamenti storici possano essere adattati a nuove circostanze, bisogna evitare, da una parte, qualsiasi forma di relativismo, e, dall’altra, qualsiasi forma di indebita interferenza nella vita interna delle comunità di fede che violerebbe il diritto umano fondamentale alla libertà di religione.

In conclusione, Presidente, l’educazione e la libertà di religione possono rafforzarsi reciprocamente. Una presentazione corretta di credi differenti può evitare la creazione di stereotipi delle convinzioni altrui e può aprire al dialogo e al rispetto della dignità inalienabile di ogni studente, di ogni credente e di ogni persona.

  

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