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SEGMENTO DI ALTO LIVELLO 2011 DEL CONSIGLIO ECONOMICO E SOCIALE

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
Mercoledì, 6 luglio 2011

 

Signor Presidente,

Il tema di questo Annuale Rapporto Ministeriale, «Attuazione degli obiettivi e degli impegni concordati a livello internazionale riguardo all’educazione», è della massima importanza per la completa affermazione dello sviluppo umano integrale nel futuro della famiglia umana. L’educazione è, in primo luogo, un fondamentale diritto della persona umana e la validità di tutte le politiche di sviluppo si misura sul loro rispetto per il diritto umano all’educazione. Infatti, l’educazione gioca un ruolo fondamentale nel conseguire una crescita economica duratura ed equa, lo sradicamento della povertà, uno sviluppo sostenibile e nel ridurre ingiustizia e disuguaglianza. È indispensabile difendere e affermare la dignità trascendente di ogni uomo e di ogni donna.

La comunità internazionale ha compiuto significativi progressi nel ridurre il numero dei bambini che non hanno accesso all’educazione primaria. Tuttavia, riguardo al 2008, circa 67,5 milioni di bambini non hanno frequentato la scuola, e secondo il Rapporto di Monitoraggio Globale 2011, se si conserva la tendenza attuale, la comunità internazionale non sarà in grado per il 2015 di conseguire l’obiettivo dell’educazione primaria universale. Fra i Paesi Meno Sviluppati, tre denunciano tassi di iscrizione sotto il 50 per cento, e solo 17 Paesi ne denunciano superiori all’80 per cento.

Quest’anno si celebra il venticinquesimo anniversario della Dichiarazione del Diritto allo Sviluppo. In questa occasione, dobbiamo ricordare che un più giusto contesto sociale, che includa un più profondo impegno nello sforzo di sradicare la povertà, avrà un’influenza positiva sull’accesso all’educazione primaria, soprattutto per i bambini che vivono in realtà caratterizzate da basso reddito, ambienti rurali e di emarginazione. Tuttavia la qualità della vita dipende non solo dal superamento della povertà economica, ma anche dal livello culturale, dalla qualità delle relazioni umane e delle relazioni interpersonali, obiettivi conseguibili soltanto attraverso l’educazione.

Occorre rilevare che circa 28 milioni di bambini non vanno a scuola nei Paesi dove sono in corso conflitti. A ciò si aggiunge che molte persone vivono in ambienti segnati dalla violenza politica, dal crimine organizzato, da tassi di omicidio eccezionalmente alti o da conflitti di bassa intensità. Tali forme della cosiddetta «violenza minore» possono provocare la stessa distruzione, se non maggiore, di quella causata dalle guerre vere e proprie e dai conflitti civili. Le persone che si trovano in queste situazioni hanno più del doppio delle probabilità di essere malnutrite rispetto a quelle di altre società in via di sviluppo, il triplo delle probabilità di essere privati dell’accesso alla scuola primaria, e quasi il doppio delle probabilità di morire in età infantile. Così, un più profondo impegno da parte della comunità internazionale per la pace, la riconciliazione e la solidarietà può esercitare una positiva influenza sul godimento del diritto all’educazione universale.

I diritti umani fondamentali sono interrelati e richiedono il rispetto l’uno per l’altro. In particolare, il diritto all’educazione non può essere isolato dalla promozione e dall’attuazione di una più grande giustizia ed equità all’interno e tra le società. Come la Commissione dell’Ecosoc ha dichiarato, il diritto all’educazione «è il modello dell’indivisibilità e dell’interdipendenza di tutti gli altri diritti umani». In conformità alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti Economici, Sociali e Culturali, l’educazione primaria deve essere obbligatoria e liberamente accessibile a tutti (art.13,2-4).

Lo Stato ha una responsabilità essenziale nell’assicurare l’erogazione dei servizi educativi. Nello stesso tempo, il diritto a educare è una responsabilità fondamentale di genitori, chiese e comunità locali. Così le istituzioni pubbliche, specialmente a livello locale, le organizzazioni della società civile e anche il settore privato possono offrire il loro unico e peculiare contributo per il conseguimento dell’accesso universale all’educazione. In questo contesto, la società civile dovrebbe anche essere in grado di fornire servizi alternativi, di mettere in pratica azioni innovative, e anche di esercitare una funzione critica che mobiliti le forze sociali a sostegno dello Stato nell’espletare le proprie responsabilità globali a livello educativo, rispettando il principio di sussidiarietà. Inoltre, deve essere riconosciuto e incoraggiato il ruolo critico svolto dai programmi educativi della società civile. Infatti, il sistema educativo funziona correttamente quando include la partecipazione, nel pianificare e attuare le politiche educative, dei genitori, della famiglia e delle organizzazioni religiose, di altre organizzazioni della società civile e anche del settore privato.

Per secoli, i gruppi religiosi hanno sostenuto l’educazione di base e, infatti, furono le prime istituzioni a fornire un’educazione di base alle popolazioni più povere. Si guardi, ad esempio, all’esperienza e al diretto contributo della Chiesa Cattolica nell’ambito dell’educazione. Ci sono circa 200.000 scuole cattoliche primarie e secondarie situate in ogni continente del mondo con circa 58 milioni di studenti e 3,5 milioni di insegnanti. Esse sono caratterizzate da un approccio aperto e globale senza distinzioni di razza, sesso o condizione sociale. La persona umana rimane sempre al centro dello sforzo educativo, poiché l’educazione è genuina quando umanizza e personalizza cosicché, a sua volta, la persona può umanizzare il mondo, forgiare la cultura, trasformare la società e costruire la storia. A stretto contatto con le famiglie degli studenti, la cui libertà di decidere l’educazione dei loro figli è un naturale diritto, la scuola cattolica accompagna gli studenti verso la maturità e la capacità di prendere decisioni libere, ponderate ed eticamente fondate. Mentre ne salvaguardano l’identità, queste scuole accolgono gli studenti provenienti da ogni contesto etnico e religioso e da ogni classe socio-economica.

Nel nostro mondo globale, il ruolo chiave dell’educazione diviene sempre più essenziale per rendere possibile la coesistenza pacifica e il reciproco apprezzamento fra tutti i settori della società. La semplice trasmissione dell’informazione tecnica è inadeguata. L’obiettivo dell’educazione si deve estendere alla formazione della persona, alla trasmissione dei valori, quali il senso della responsabilità individuale e sociale, il lavoro etico, il senso di solidarietà con l’intera famiglia umana.

In questo processo educativo, lo Stato ha il compito di rispettare le scelte che i genitori fanno per i loro figli ed evitare tentativi di indottrinamento ideologico. Il Patto internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali afferma «che gli Stati Parte del presente accordo s’impegnano a rispettare la libertà dei genitori e, ...di scegliere le scuole per i loro figli, a parte quelle stabilite dalle autorità pubbliche... e si assicurare l’educazione religiosa e morale dei loro figli in conformità alle loro proprie convinzioni». E ciò include il diritto di formulare giudizi morali su questioni morali. Le organizzazioni religiose hanno l’obiettivo precipuo di promuovere soluzioni eque a beneficio dei bambini e delle famiglie più vulnerabili. Inoltre, tali istituti educativi spesso raggiungono queste comunità, per esempio, nelle aree rurali e remote, che rimangono fuori dalla politica governativa. Il continuo impegno delle organizzazioni religiose nel promuovere e nell’affermare il diritto di ogni persona a un’educazione di base e di buona qualità favorisce il raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo del Millennio in riferimento all’ambito educativo. Per raggiungere i migliori risultati sul piano educativo, occorre promuovere una stretta cooperazione tra genitori e scuola.

Signor Presidente,

Come proposto nel Documento Finale, la mia Delegazione ritiene che l’intero sforzo educativo debba essere contestualizzato a livello sociale all’interno di uno spirito di giustizia e attraverso misure pratiche che rendano l’educazione più al passo con il ventunesimo secolo. Per conseguire questo obiettivo, per esempio, lo Stato e la società civile devono garantire una formazione di alta qualità degli insegnanti in modo tale che essi possano vedere nel loro ruolo una speciale missione e il loro servizio sia riconosciuto come tale. Al fine di raggiungere questo desiderato obiettivo dell’accesso universale all’educazione, ogni elemento della società deve partecipare. La società civile, in particolare le organizzazioni religiose e le associazioni dei genitori, è pronta a offrire il proprio contributo, ma le risorse finanziarie pubbliche devono essere rese disponibili per corroborare il suo forte impegno nei processi educativi in linea con le scelte fatte dai genitori. Riguardo ai bambini e ai giovani che sono stati già esclusi dal sistema educativo, la società può e deve assicurare una «seconda possibilità»; ancora una volta, le organizzazioni religiose hanno un ruolo strategico nell’offrire un’assistenza sensibile attraverso programmi a sostegno di coloro che hanno abbandonato gli studi, dei bambini con bisogni particolari, e di altri in condizione di vulnerabilità. Questo sforzo extra dà benefici futuri alla società in termini di produttività da parte di coloro che beneficiano di programmi speciali i quali ripagano sul piano della prevenzione del crimine, dei disturbi comportamentali e degli alti tassi di disoccupazione. Le tecnologie dell’informazione e delle comunicazioni, tenute a basso costo, possono aprire un nuovo capitolo nelle opportunità formative, nell’educazione dinamica come pure nella gestione dell’educazione.

La politica tende a vedere l’educazione principalmente come una chiave per la sopravvivenza economica. Le capacità di apprendimento quali un buon alfabetismo e lo sviluppo delle conoscenze matematiche unite alle risorse della mente come la creatività rendono l’educazione funzionale all’economia. Ma l’orizzonte va ampliato. Come Papa Benedetto XVI osserva: «...la persona cresce nella misura in cui fa esperienza di ciò che è buono e impara a distinguerlo da ciò che è male, oltre il calcolo che tiene conto solo delle conseguenze di una singola azione o che usa come criterio di giudizio la possibilità di compierla». La responsabilità educativa di tutti coloro che hanno a cuore la città dell’uomo e il benessere delle generazioni future richiede un impegno continuo per una libera e accessibile educazione primaria come pure per la sua qualità. Anche l’educazione secondaria e più avanzata dovrebbe essere resa disponibile e accessibile. L’educazione, infatti, non è soltanto «indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al senso della sua dignità», ma è anche un mezzo per la partecipazione dell’individuo in una società libera e uno strumento che promuove reciproca comprensione e «amicizia fra tutte le nazioni e tutti i gruppi razziali, etnici o religiosi». Obiettivo dell’educazione altrettanto fondamentale è la trasmissione e lo sviluppo di comuni valori culturali e morali nel riferirsi ai quali l’individuo e la società trovano la loro identità e dignità.

Signor Presidente,

è dunque un requisito imprescindibile soddisfare l’obiettivo internazionale di un’educazione che dovunque metta in grado ragazzi e ragazze di completare un intero ciclo di scuola primaria. L’imposizione di condizionamenti economici che rendono difficile questo obiettivo sarebbe un’errata solidarietà. L’apertura alla collaborazione da parte della società civile e del settore privato può dare un concreto contributo al comune obiettivo quando la giustizia nella condivisione delle risorse è presa in considerazione. In conclusione, è lo stesso interesse che muove tutti i soggetti all’azione nel nostro mondo in rapida evoluzione e interconnesso, rendere i bambini e i giovani la migliore speranza per il futuro.

   

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