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TERZO COMITATO PREPARATORIO DELLA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE
SUL TRATTATO SUL COMMERCIO DELLE ARMI

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE

New York
11-15 luglio 2011

 

Nel 2006, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha chiesto ai Paesi di esprimere la loro opinione circa la stesura di un Trattato sul commercio delle Armi. Più di cento Paesi hanno presentato le proprie opinioni, raccolte nel 2007 in una relazione del Segretario Generale sulla questione. In seguito, nel 2008, un gruppo di esperti governativi ha prodotto una seconda relazione sull’argomento.

Alla fine del 2009, l’Assemblea Generale ha deciso di convocare per il 2012 una Conferenza sul Trattato sul Commercio delle Armi, al fine di «elaborare uno strumento legalmente vincolante, sugli standard comuni internazionali più alti, per il trasferimento delle armi convenzionali». L’Assemblea Generale ha anche indicato che si sarebbero tenute quattro sessioni del Gruppo di Lavoro Aperto quali sessioni del Comitato preparatorio (PrepCom) in preparazione della Conferenza. Il primo incontro del PrepCom si è svolto nel luglio 2010. Nel 2011 si sono tenute altre due riunioni del PrepCom, dal 28 febbraio al 4 marzo e dall’11 al 15 luglio. Il quarto incontro del PrepCom è previsto dal 13 al 17 febbraio del 2012, prima dell’attesa adozione del Trattato da parte della Conferenza.

In molte parti del mondo, il commercio illecito di armi e munizioni ha portato sofferenza umana, conflitti interni, disordini civili, violazioni dei diritti umani, crisi umanitarie, crimine, violenza e terrore. Di fatto, la comunità internazionale si confronta con vendite irresponsabili di armi in diverse parti del mondo. Sebbene esista una vasta serie di misure di controllo nazionali e regionali del trasferimento di armi, il commercio globale di armi convenzionali — dalle navi da guerra ai carri armati da combattimento, dai jet da combattimento alle mitragliatrici — continua a non essere regolamentato in assenza di una serie di standard concordati a livello internazionale. Perciò la Santa Sede ha partecipato ai negoziati per il Trattato sin dall’inizio.

La Santa Sede riconosce la grande importanza dell’attuale processo per il Trattato sul Commercio delle Armi, poiché affronta in particolare il grande costo umano che risulta dal commercio illecito di armi. Un commercio d’armi non regolamentato e non trasparente, insieme alla mancanza di sistemi di controllo efficaci per il loro commercio a livello internazionale, provocano gravi conseguenze umanitarie, rallentano lo sviluppo umano integrale, minano lo stato di diritto, aumentano i conflitti e l’instabilità in tutto il mondo, mettono in pericolo i processi di costruzione di pace in diversi Paesi e diffondono una cultura della violenza e dell’impunità. Dobbiamo sempre ricordare le gravi ripercussioni del commercio illecito delle armi sulla pace, lo sviluppo, i diritti umani e la situazione umanitaria, e specialmente il profondo impatto sulle donne e sui bambini. Tali questioni possono essere risolte in modo efficace solo attraverso la condivisione delle responsabilità da parte di tutti i membri della comunità internazionale.

Le armi e gli ordigni convenzionali, piccoli o leggeri, non devono essere considerati come una merce qualsiasi messa in vendita sul mercato globale, regionale o nazionale. La produzione, il commercio e il possesso di armi hanno implicazioni etiche e sociali. Devono essere regolamentati in conformità ai principi specifici dell’ordine morale e legale. Occorre compiere ogni sforzo possibile per prevenire la proliferazione di tutti i tipi di armi, che incoraggiano le guerre locali e la violenza urbana e che ogni giorno nel mondo uccidono troppe persone. Da qui l’urgenza di adottare uno strumento legale, che la Santa Sede sostiene pienamente, con misure legalmente vincolanti per il controllo del commercio delle armi e delle munizioni convenzionali a livello globale, regionale e nazionale.

La comunità internazionale ha bisogno di uno strumento legale forte, credibile, efficace e concreto per aumentare la trasparenza nel commercio delle armi, promuovere l’adozione di criteri comuni per il controllo di tale commercio e stabilire un quadro legale vincolante per regolamentare il commercio di armi e munizioni convenzionali, nonché per la vendita e la concessione di licenze relative alle tecnologie per la loro produzione.

L’esito dell’attuale processo per un Trattato sul Commercio delle Armi metterà alla prova la volontà politica e la credibilità della disponibilità degli Stati ad assumersi le proprie responsabilità morali e legali per rafforzare ulteriormente il controllo internazionale sull’esistente commercio di armi non regolamentato. Il fatto di concentrarsi sull’entità di quanti sono colpiti e soffrono per il flagello della diffusione illecita di armi e munizioni dovrebbe indurre la comunità a elaborare un Trattato sul Commercio delle Armi efficace e attuabile. Gli Stati esportatori e quelli importatori devono mettere in atto norme regolatrici e meccanismi obbligatori, trasparenti, verificabili e universali per frenare il commercio illegale d’armi, applicando sistemi di registrazione e di comunicazione, attraverso un’assistenza e una cooperazione internazionale efficiente e il miglioramento dei rapporti tra gli Stati, basati sulla fiducia. Gli Stati esportatori e quelli importatori hanno anche un importante ruolo da svolgere nell’impedire ogni potenziale di corruzione e nel controllare il rispetto delle regole del commercio internazionale da parte dei fabbricanti d’armi e degli intermediari.

Al fine di ottenere un Trattato sul Commercio delle Armi forte, efficace e completo, la comunità internazionale non deve trascurare l’importanza dell’assistenza e del risarcimento per le vittime. Il principale obiettivo di un Trattato sul Commercio delle Armi deve essere quello di salvaguardare la vita umana e di costruire un mondo più rispettoso della dignità umana, e non soltanto di regolamentare il traffico illecito d’armi. Un tale Trattato deve anche sfidare l’idea che si tratti di un «affare tra gli altri» che ha prodotto continue violazioni dell’immunità dei civili nelle situazioni di conflitto. Agire responsabilmente significa promuovere una vera cultura di pace e di vita. In questa linea, è anche importante promuovere l’educazione alla pace attraverso programmi di consapevolezza pubblica che coinvolgano tutti i settori della nostra società, comprese le organizzazioni religiose.

La Santa Sede è convinta che un Trattato sul Commercio delle Armi possa dare un importante contributo alla promozione di una cultura della pace globale e autentica attraverso la cooperazione responsabile degli Stati, in collaborazione e solidarietà con l’industria delle armi e in solidarietà con la società civile. In tale prospettiva, gli attuali sforzi per adottare un Trattato sul Commercio delle Armi potrebbero certamente diventare un segno promettente della tanto necessaria volontà politica di Nazioni e Governi di assicurare più pace, giustizia, stabilità e prosperità nel mondo.

Come ha affermato Papa Benedetto XVI: «È giunto allora il momento di cambiare il corso della storia, di recuperare la fiducia, di coltivare il dialogo, di alimentare la solidarietà. Questi sono i nobili obiettivi che hanno ispirato i fondatori dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, vera e propria esperienza di amicizia tra i popoli. Dall’impegno di tutti dipende il futuro dell’umanità. Solo perseguendo un umanesimo integrale e solidale, nel cui contesto anche la questione del disarmo assume una natura etica e spirituale, l’umanità potrà camminare verso l’auspicata pace autentica e duratura» (Lettera in occasione del Seminario internazionale sul tema «Disarmo, sviluppo e pace. Prospettive per un disarmo integrale», 10 aprile 2008).

   

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