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II^ CONFERENZA DELLA CONVENZIONE SULLE MUNIZIONI A GRAPPOLO
(BEIRUT, 12 – 16 SETTEMBRE 2011)

INTERVENTO DI MONS. PAOLO BORGIA,
CAPO DELLA DELEGAZIONE DELLA SANTA SEDE

Beirut
Martedì, 13 settembre 2011

 

Signor Presidente,

La Santa Sede esprime gratitudine ed apprezzamento al Governo del Libano per l’organizzazione della Seconda Assemblea degli Stati Parte alla Convenzione sulle munizioni a grappolo, importante strumento giuridico volto non solo a rispondere ai gravi problemi umanitari posti da tali ordigni e a rafforzare il diritto umanitario internazionale, ma anche a favorire il perseguimento di un autentico sviluppo umano integrale. La Convenzione sulle munizioni a grappolo è, infatti, a tutti gli effetti, uno strumento di prevenzione così come di cura per i danni derivanti da tali ordigni.

Nel corso di questa assise è giusto celebrare i numerosi successi che in poco tempo siamo riusciti a realizzare attraverso il processo che ha portato all’adozione e all’attuazione della Convenzione, ma dobbiamo anche riconoscere il lungo lavoro che abbiamo davanti per una sua corretta implementazione. Ancora oggi infatti assistiamo al grave ed inaccettabile impatto umanitario che le munizioni a grappolo producono sulla vita di molte persone e comunità. Di fronte a tale amara constatazione, la Santa Sede non può che continuare a richiamare tutti gli Stati ad aderire quanto prima alla Convenzione, promuovendone l’universalità.

Uno degli aspetti più innovativi della Convenzione è quello di porre al centro delle sue preoccupazioni la persona umana, ed in particolare le vittime delle munizioni a grappolo. Tra le principali sfide che vengono poste al processo di implementazione della Convenzione vi è quella di continuare a porre al centro della sua attuazione la vittima delle munizioni a grappolo, che deve essere vista non solo come “beneficiaria” delle attività poste in essere dalla Convenzione, ma anche come “partecipante” attiva e passiva alle decisioni che vengono prese in questo foro. Come più volte è stato ribadito nel processo di Oslo, una risposta al problema posto dalle munizioni a grappolo basata prevalentemente sulla dimensione e sulla tecnologia militare è insufficiente per affrontare seriamente tale problema, che, per sua natura, ha un forte impatto umanitario anche nel periodo post-bellico. In tale prospettiva, è necessario dare priorità all’assistenza alle vittime, alla loro riabilitazione psicofisica, alla loro inclusione socioeconomica, nonché alle attività di educazione sui rischi posti dalle munizioni a grappolo. La Santa Sede è impegnata e continuerà a lavorare nel promuovere il conseguimento di questi obiettivi.

Una altra sfida posta al processo di implementazione della Convenzione è di valorizzare quello spirito di partenariato e di cooperazione che ha ampiamente contribuito all’adozione di questo strumento giuridico. Ciò richiede un rafforzamento della collaborazione nelle attività volte a portare avanti i programmi di sminamento e di distruzione degli stock delle munizioni a grappolo. Gli Stati che possiedono aree contaminate si sono impegnati a identificare in breve tempo tali aree ed a formalizzare un piano per lo sminamento nazionale e per la promozione di attività di riduzione dei rischi. Queste ultime attività dovranno essere integrate nei programmi scolastici e nelle campagne di informazione. Sono attività che richiedono costi, esperienza e know-how di una certa rilevanza, di fronte ai quali l’intera comunità internazionale è chiamata a un importante lavoro di assistenza e di sostegno fatto di politiche concrete, di piani e di programmi di cooperazione pratici, efficaci e consistenti, capaci realmente di cambiare la vita di Paesi e di persone “vittime” delle munizioni a grappolo. Anche in questo caso la Santa Sede, nella sua particolare specificità, non mancherà di dare il proprio contributo in tale ambito.

Signor Presidente,

Rispondere congiuntamente a queste sfide di carattere umanitario, giuridico e socioeconomico rientra in quel processo di rafforzamento del diritto umanitario internazionale che negli ultimi anni, non senza fatica e difficoltà, la comunità internazionale sta cercando di portare avanti. La Convenzione sulle munizioni a grappolo è uno degli ultimi tasselli prodotti dalla comunità internazionale nel solco di tale processo, mostrando l’importanza del disarmo umanitario nell’ambito dei processi volti a promuovere un reale sviluppo umano integrale; essa pone dei nuovi standards sulla base dei quali ciascuno di noi sarà giudicato in futuro.

Alla base di tutto questo vi è infatti la difesa della dignità e della vita umana, in particolare dei più fragili, nonché la realizzazione del bene comune di tutte le persone e i popoli. La pace e la sicurezza sono preoccupazione centrali e legittime che attendono continuamente una risposta adeguata che va ben al di là della sola dimensione militare. Esse non possono essere stabili e sostenibili nel tempo se non vengono orientate alla giustizia, alla solidarietà e alla fraternità all’interno e tra gli Stati. Questo è lo spirito fondante della Convenzione sulle munizioni a grappolo, ponendo la persona umana al centro, e che deve essere alla base delle nostre deliberazioni nel suo processo di attuazione.

Grazie, Signor Presidente.

 

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