The Holy See
back up
Search
riga

XXXI CONFERENZA INTERNAZIONALE
DELLA CROCE ROSSA E DELLA MEZZALUNA ROSSA
[GINEVRA, 28 NOVEMBRE-1° DICEMBRE 2011]

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE
E ALTRE ORGANIZZAZIONI SPECIALIZZATE

Ginevra
28 novembre-1° dicembre 2011

 

Signora Presidente,

Le crisi oggi possono sopraggiungere in modo del tutto inatteso. Gli sconvolgimenti economici, politici e umanitari preoccupano sia il mondo «in via di sviluppo», sia quello «sviluppato». I centri di tensione si moltiplicano. Nei conglomerati urbani si combattono conflitti violenti ed è difficile distinguere tra combattenti e civili; questi ultimi continuano ad essere di gran lunga le prime vittime dei conflitti armati, i primi a morire, a rimanere feriti, o essere mutilati. L’azione per l’umanità diviene urgente ed esige risposte concrete. Occorre risvegliare la «coscienza pubblica», così come definita nella «Clausola Martens». (Secondo la Clausola Martens: “le popolazioni e i belligeranti rimangono sotto l’egida e la signoria dei principi del diritto delle genti, quali risultano dagli usi vigenti fra gli Stati civili, dalle leggi dell’umanità e dalle esigenze della coscienza pubblica”, Convenzone dell’Aja del 1899 n.2, Preambolo 9).

I motivi di preoccupazione al centro del dibattito sono l’impatto a livello mondiale dei disastri naturali e lo sfollamento ad essi collegato; la mutante natura della vulnerabilità umana; l’aumento del costo umano e materiale dei conflitti armati contemporanei e delle altre situazioni di violenza, che rendono più difficile l’accesso alla salute; la crescente migrazione globale. Tali preoccupazioni sono indice di nuovi sviluppi che provocano sofferenza umana. La vita va più veloce rispetto alla legislazione e quindi la «coscienza pubblica» è molto utile mentre la comunità internazionale attende che le misure legali si mettano al passo con la vita. Nel frattempo, occorre proseguire lo stesso sforzo per sviluppare regole volte a prevenire la sofferenza e a salvare vite, che sin dall’inizio ha caratterizzato la nascita del diritto umanitario internazionale. Il patrimonio acquisito di valori e norme deve essere preservato, applicato e reso più rilevante e sensibile alle nuove situazioni. Tuttavia, l’inumanità dei conflitti, in particolare quando si sceglie l’uso delle armi per risolvere tensioni e controversie che potrebbero essere risolte con i mezzi offerti dal dialogo e dal negoziato, e la risposta inadeguata ad alcune delle emergenze più recenti, sono davanti ai nostri occhi. Il diritto umanitario internazionale, in nome di un bene comune, è sempre un monito a rinunciare alla violenza contro qualunque persona, sia essa civile o combattente, vietando l’uso indiscriminato e incontrollato della violenza e delle armi. Esso dovrebbe diventare sempre più la base di un’azione ispirata dalla solidarietà verso le vittime dirette o indirette dei disastri naturali o causati dall’uomo.

Vi sono momenti in cui popoli e nazioni sono costretti ad affermare il loro diritto a tutelare la propria esistenza, la propria dignità e la propria libertà. La «coscienza pubblica», comune alla famiglia umana, ci rende consapevoli del fatto che purtroppo questo obiettivo di tutelarsi diventa spesso un’occasione per utilizzare strumenti umilianti, che sono sia distanti dalle conquiste giuridiche del diritto internazionale, sia inefficaci nel risolvere conflitti e dispute. L’adozione del dialogo e del negoziato, anche con l’intervento di una terza parte imparziale o di un’autorità internazionale con poteri sufficienti, è ormai una scelta che non può più essere rimandata (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 67). Il dialogo responsabile garantirà alle parti contrapposte il rispetto delle loro legittime aspirazioni e una pace duratura.

La fine dei conflitti porta sempre con sé il problema del rimpatrio dei prigionieri di guerra, un problema umanitario per eccellenza, che dalla prospettiva della Santa Sede comprende la riunificazione delle famiglie e la ripresa dei normali rapporti affettivi, modi efficaci per assicurare riconciliazione e giustizia.

Secondo le indicazioni di questa Conferenza, sarà necessario consolidare proposte per piani d’azione efficaci. La comunità internazionale non può ignorare le persone tenute lontane dai propri cari e dal proprio Paese senza un motivo giustificabile, le vittime degli effetti devastanti di conflitti violenti e i civili che soffrono per conflitti ormai diventati endemici. Il nostro pensiero va ai bambini vittime della guerra o sradicati dalle loro famiglie e reclutati come bambini-soldato. Vi sono anche milioni di rifugiati e sfollati ansiosi di ritornare alla propria terra, specialmente perché, dislocati forzatamente in altre regioni, vedono minacciata la loro identità etnica, religiosa o linguistica e perfino la loro stessa esistenza.

Il diritto umanitario internazionale deve essere in grado di rispondere all’emergere di situazioni determinate da disastri naturali o causati dall’uomo. Un’azione efficace deve essere guidata da principi etici e morali solidi. Questo compito non può essere ignorato dalle diverse correnti di pensiero, né dalle comunità di fede, e il modo per procedere consiste nel ripercorrere lo stesso cammino che ha portato alla grande conquista della tutela della persona umana. In tali conflitti, l’azione umanitaria, se ispirata dalla solidarietà, da uno spirito di fratellanza e dal servizio leale (Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 19), verrà integrata in un piano comprensivo ed efficace che include, tra l’altro, la ricostruzione, le cure mediche e un senso di giustizia.

La Santa Sede non propone soluzioni tecniche ai problemi posti dalle emergenze attuali. Considera però suo dovere ribadire a questa Conferenza che nessun principio, nessuna tradizione, nessuna pretesa — per quanto legittima — autorizza a infliggere a un popolo azioni repressive o trattamenti inumani, tanto meno quando si tratta di civili innocenti e indifesi. Lo fa nel nome della supremazia di quei «principi del diritto internazionale ... e le esigenze della coscienza pubblica» che continuano a essere il solido fondamento del diritto umanitario internazionale. In questo contesto ci viene ricordato che la semplice applicazione del diritto non basta. Papa Giovanni Paolo II, riflettendo sulla sua esperienza sotto i totalitarismi nazista e comunista, scrisse: «La vera pace [...] è frutto della giustizia, quella virtù morale e garanzia legale che vigila sul pieno rispetto di diritti e doveri e sull’equa distribuzione di benefici e oneri. Ma poiché la giustizia umana è sempre fragile e imperfetta, esposta com’è ai limiti e agli egoismi personali e di gruppo, essa va esercitata e in certo senso completata con il perdono che risana le ferite e ristabilisce in profondità i rapporti umani turbati» (Giovanni Paolo II, Messaggio per la Celebrazione della XXXV Giornata Mondiale della Pace, 1° gennaio 2002).

Nella ricerca di soluzioni, la Chiesa cattolica offre un contributo concreto attraverso l’educazione e l’azione. Insegna che la fonte della dignità umana e dei diritti inalienabili risiede nell’unità spirituale e fisica della persona. Attraverso la formazione della coscienza, i cittadini possono essere preparati a promuovere quei valori di umanità che il diritto umanitario internazionale, più che le norme giuridiche, ha reso operativi proprio in quelle situazioni in cui la dignità della persona umana viene violata e negata. Quando l’azione umanitaria viene ridotta a una mera applicazione di norme e procedure, si corre il rischio di indebolire il divieto di un trattamento inumano o degradante contenuto nelle Convenzioni di Ginevra e nei loro Protocolli aggiuntivi, e forse anche di ritornare agli eccessi che tali strumenti hanno condannato in modo solenne e opportuno. Le organizzazioni cattoliche in tutto il mondo prestano l’assistenza umanitaria e promuovono il diritto umanitario in questo spirito, come dimostra il Rapporto della Santa Sede al CICR del 2011.

Queste, Signora Presidente, sono alcune riflessioni che la Delegazione della Santa Sede desidera presentare a questa Conferenza per incoraggiare i governi e le istituzioni internazionali ad aiutare a sbloccare le attuali situazioni di stallo; a prendere misure specifiche e tempestive per superare i conflitti; a guardare sotto una nuova luce le vittime delle munizioni a grappolo, delle mine e di altre armi; a rinnovare la sollecitudine per i rifugiati e gli sfollati; a mettere in atto forme generose di solidarietà con tutte le vittime di disastri, catastrofi e conflitti, e realizzare così l’aspirazione all’unità della famiglia umana.

 

   

top