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100a SESSIONE DEL CONSIGLIO DELL'ORGANIZZAZIONE
 INTERNAZIONALE DELLE MIGRAZIONI (O.I.M.)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE E
ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
5-7 dicembre 2011

 

Signor Presidente,

In questa 100ª sessione del Consiglio della Oim la migrazione continua a essere una preoccupazione globale tanto urgente quanto lo era — se non di più — sessant’anni fa, quando la Oim ha iniziato il suo servizio. Di fatto, l’attuale crisi economica ha reso più complicata la vita dei migranti invece di ridurne il numero in modo significativo. Alcune proiezioni affidabili prevedono una crescita nel movimento internazionale di persone rispetto agli attuali 214 e più milioni, facendo della migrazione un mega trend del XXI secolo. Questo fenomeno davvero internazionale e molto complesso non è però un gioco statistico, ma coinvolge e colpisce direttamente milioni di esseri umani, le loro famiglie e le persone dei Paesi d’origine, di transito e di destinazione. È soprattutto la dimensione umana che dovrebbe collocare la migrazione tra le principali responsabilità degli Stati, delle istituzioni pubbliche e della società civile. L’esperienza della migrazione cambia intere società, come anche la vita degli individui, e tuttavia le riflessioni sulle conseguenze che ha nel lungo periodo e la pianificazione coordinata sono limitate. Purtroppo prevalgono atteggiamenti di autoprotezione, aggravati dalla crisi economica e dall’aumento della pressione lungo i confini dei Paesi sviluppati. La migrazione diventa un test per il rispetto e l’applicazione dei diritti umani, specialmente quando le politiche sono incentrate sul controllo e sulla sicurezza nazionale, dimenticando l’altrettanto importante sicurezza delle persone in movimento in tutto il pianeta. La ricerca di una risposta efficace e completa diventa ancora più urgente, poiché vi sono nuovi motivi per emigrare dati dalle catastrofi sia naturali sia causate dall’uomo, dai cambiamenti climatici e dalla violenza, sia tra Stati, sia tra gruppi non statali.

Signor Presidente, la mia Delegazione desidera congratularsi con la Oim per i suoi sessant’anni di servizio, e allo stesso tempo auspica una maggiore riflessione e ricerca su alcuni argomenti che possono dare forma a una risposta positiva ai movimenti della popolazione futuri.

Ad oggi la risposta internazionale rimane frammentaria ed è priva di coordinamento. La Oim è stata in prima linea nel rispondere ai bisogni delle persone in movimento, mantenendo una visione specifica e un’organizzazione pragmatica. Per esempio, in diverse situazioni di emergenza ha avviato in modo efficace una collaborazione con l’Unhcr, indicando sia l’utilità sia la tendenza verso una collaborazione più ampia. Ma sono una dozzina le agenzie internazionali coinvolte nella migrazione, spesso con un interesse particolare per taluni aspetti, per i quali potrebbero assumersi le rispettive responsabilità. Per quanto riguarda la gestione della migrazione, sessant’anni sulla questione della gestione appaiono come l’inevitabile prossimo passo da prendere in considerazione. I tentativi di affrontare tale questione si scontrano con atteggiamenti di riluttanza e dubbi, poiché spesso l’opinione pubblica viene indicata come ostile e i partiti anti immigrazione stanno conquistando terreno nei Paesi ricchi. Ma un’accresciuta cooperazione nell’ambito del sistema multilaterale e un contributo specifico della Oim al dibattito sulla coerenza delle politiche migratorie possono dare un contributo strategico importante al fine di ottenere più assistenza e protezione per tutti i migranti. Di fatto, la globalizzazione accentua l’interdipendenza dei Paesi che hanno bisogno di forza lavoro e quelli con popolazioni più giovani; un approccio a queste dinamiche sensibile e orientato ai diritti può creare una sinergia benefica per entrambi. Il conseguimento di tale sinergia dovrebbe essere anche l’obiettivo delle istituzioni multilaterali, affinché l’azione dell’una non contraddica le attività dell’altra o crei confusione. Lo sviluppo di un’architettura globale adeguata per la gestione della migrazione è certamente una sfida immensa, ma, se è basata su valori comuni, riconoscimento reciproco e lavoro per la complementarietà delle politiche e delle decisioni, e sulla volontà di risolvere le difficoltà comuni, si può dare un avvio positivo a una collaborazione autentica e a una chiara linea di guida.

La seconda osservazione riguarda la necessità di promuovere e rafforzare una percezione positiva dei migranti. Esiste una chiara e crescente testimonianza del positivo contributo economico dato dai migranti ai loro nuovi Paesi attraverso le tasse pagate, le nuove attività avviate e la varietà dei servizi offerti, che spaziano dai lavori considerati socialmente meno attraenti, seppur necessari, alla cura di familiari disabili, anziani o molto giovani. I migranti rendono visibile il vincolo che unisce l’intera famiglia umana, la ricchezza delle culture e la risorsa dello scambio di sviluppo e reti commerciali costituite dalle comunità della diaspora. Da parte sua, il contributo positivo della presenza dei migranti diventa efficace quando anche loro si aprono per ricevere e apprezzare i valori fondamentali della nuova società, al fine di poter costruire insieme un futuro comune e più ricco. Il ruolo svolto dai mezzi di comunicazione e dall’educazione è fondamentale sotto questo aspetto. I migranti non devono essere usati per distogliere dalla mancanza di lavoro e dalle crisi economiche irrisolte, né devono essere visti come minaccia alla sicurezza. Lo sforzo per superare un approccio eccessivamente caratterizzato dal pregiudizio ed emotivo porterà a una presentazione più equilibrata e basata sui fatti e sarà più utile per la formazione dell’opinione pubblica. Norme eccessivamente tecniche sulla gestione delle frontiere, sui visti e sulle infrastrutture, su servizi strettamente economici, per quanto necessarie, non rispecchiano l’importanza della migrazione come fenomeno sociale e politico con la sua capacità di trasformare intere società. Le società multiculturali creano una nuova realtà che pone i funzionari eletti e i legislatori dinanzi a nuove domande.

Le comunicazioni moderne aumentano le aspettative e le aspirazioni dei potenziali migranti proiettando immagini — spesso esagerate — di tipi di società e stili di vita diversi. Tuttavia, i fattori che spingono all’emigrazione chiaramente non sono più solo di natura economica, ma includono anche la ricerca di sicurezza e di libertà, la possibilità di uno sviluppo personale e professionale e di una migliore qualità di vita. Di tutti questi elementi si tiene conto quando si decide di partire. In questo processo viene data grande importanza alle famiglie lasciate a casa, non solo in termini di invio di denaro, ma anche, aspetto ancor più importante, di ricerca di un modo per riunirsi. Nello sviluppo delle politiche d’immigrazione occorre pertanto tener conto di questo sentimento importante. L’aiuto finanziario e il trasferimento di tecnologie non sembrano offrire una promessa di sviluppo sufficientemente capace di convincere i potenziali migranti che possono scegliere di rimanere a casa. La cooperazione da parte della comunità internazionale dovrà sostenere un clima sociale in cui i diritti umani fondamentali e le libertà vengano garantiti.

Signor Presidente, la realizzazione di un’adeguata gestione globale dei flussi migratori, la comprensione positiva degli stessi e l’approccio allo sviluppo umano possono sembrare obiettivi molto distanti. Tuttavia, la velocità del viaggio è meno importante rispetto al fatto di procedere nella giusta direzione. Nel frattempo ci sono anche alcune situazioni urgenti che esigono una risposta. Tra queste, per esempio, ci sono la crescente migrazione di bambini non accompagnati; la violenza endemica e i traumi subiti dai migranti in transito, specialmente dalle donne e dai bambini; l’attenzione dovuta ai migranti rimpatriati e poi lasciati in condizioni di particolare povertà; e il mero affidamento a metodi di controllo e deportazione nei confronti dei migranti irregolari che, invece di arrestare la migrazione irregolare, riconfigurano i flussi di mobilità deviandoli verso tragitti migratori più pericolosi e incoraggiano il traffico di esseri umani. La soluzione a questi e ad altri problemi correlati incomincia dalla consapevolezza, come scrive Papa Benedetto XVI nel suo Messaggio per la 97ª Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato (2010), del «legame profondo tra tutti gli esseri umani», i quali costituiscono «una sola famiglia di fratelli e sorelle in società che si fanno sempre più multietniche e interculturali, dove anche le persone di varie religioni sono spinte al dialogo, perché si possa trovare una serena e fruttuosa convivenza nel rispetto delle legittime differenze». Mentre la Oim celebra il suo 60° anniversario, la complessità delle sfide poste dal movimento delle popolazioni si aggrava. Questa pietra miliare nella storia dell’Organizzazione offre l’occasione per una visione e un impegno rinnovati al servizio di tutte le persone sradicate e alla ricerca di una vita migliore e produttiva.

 

        

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