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XIII CONFERENZA MINISTERIALE DELLA CONFERENZA DELLE NAZIONI UNITE
SUL COMMERCIO E LO SVILUPPO (UNCTAD)
[DOHA, 21-26 APRILE 2012]

INTERVENTO DELL’ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA
E PRESSO L'ORGANIZZAZIONE MONDIALE DEL COMMERCIO

 

Signor Presidente,

Per cominciare, la mia Delegazione desidera ringraziare di cuore il Governo del Qatar e la città di Doha per aver ospitato questa Conferenza Ministeriale.

L’ultima Conferenza, ad Accra, si è svolta all’alba della grande crisi finanziaria, le cui profonde conseguenze si sentono ancora oggi.

La crisi del 2008 ha segnato un punto di svolta per l’economia mondiale. In particolare, la recessione economica globale che ne è conseguita ha eliminato almeno trenta milioni di posti di lavoro nel mondo (J. Somavia, Direttore generale dell’Organizzazione internazionale del lavoro, The global jobs crisis: the g20 must act now to avoid a lost decade,, Dichiarazione, 2 novembre 2011; http://www.ilo.org/global/about-the-ilo/press-and-media-centre/statements-and-speeches/Wcms_166696/lang--en/index.htm): ha influito negativamente sulla situazione sociale in molti Paesi, specialmente quelli in cui grandi segmenti della popolazione sono poveri o non protetti in modo efficace da reti di sicurezza sociale. È stato compromesso, per molte persone, il godimento dei diritti economici e sociali fondamentali, compresi quelli al cibo, all’acqua, a un lavoro dignitoso, all’educazione e alla salute. Come ha opportunamente sottolineato Papa Benedetto XVI nella sua Enciclica sociale Caritas in veritate, le radici di questa crisi non sono di natura solo economica e finanziaria, ma anche e anzitutto morale. Data la complessità dei fenomeni economici, l’importanza dei fattori etici e culturali non può essere ignorata né sottovalutata. Riconoscendo il primato dell’”essere” sul “dare” e dell’etica sull’economia, i popoli del mondo dovrebbero adottare un’”etica di solidarietà” che alimenti la loro azione.

Una delle lezioni più importanti che abbiamo tratto da questo periodo è che tutti i Paesi, quelli sviluppati come quelli in via di sviluppo, possono pagare un costo economico, politico e sociale elevato se si lascia che i mercati finanziari si autoregolamentino. L’impegnarsi nell’attività finanziaria non può essere ridotto a un trarre profitto; deve includere anche la promozione del bene comune tra quanti concedono un prestito, quanti lo chiedono, e quanti lavorano. (Facendo riferimento alla crisi del 1929, Pio XI osservò che: «ciò che ferisce gli occhi è che ai nostri tempi non vi è solo concentrazione della ricchezza, ma l’accumularsi altresì di una potenza enorme, di una dispotica padronanza dell’economia in mano di pochi, e questi sovente neppure proprietari, ma solo depositari e amministratori del capitale, di cui essi però dispongono a loro grado e piacimento» (Quadragesimo anno, n. 105).

Lo sviluppo sociale ed economico davvero incentrato sull’uomo si fonda non solo su principi economici come il libero mercato, il profitto e il comportamento umano, ma anche sul valore dell’essere umano e sui principi etici, sull’impegno autentico, su una gestione inclusiva e sull’equità sociale. La centralità della persona umana nel processo di sviluppo implica anche la promozione di enti intermedi — in particolare la famiglia — e delle diverse comunità sociali in cui vivono le persone. («La creatura umana, in quanto di natura spirituale, si realizza nelle relazioni interpersonali», Benedetto XVI, Caritas in veritate, n. 53).

Da questa premessa scaturiscono diverse conseguenze importanti, delle quali desidero sottolinearne alcune. Un processo di sviluppo incentrato sull’uomo deve essere orientato al lavoro. Nell’ultimo decennio l’economia mondiale non è riuscita a creare sufficienti opportunità di lavoro per la sua popolazione. Nelle economie avanzate abbiamo assistito a quella che è stata definita una crescita senza posti di lavoro, ma anche nelle economie emergenti, più dinamiche, malgrado tassi di crescita a due cifre nella produzione, l’elasticità dell’impiego è stata estremamente bassa.

La Santa Sede ha ripetutamente sottolineato che il lavoro non è soltanto un impegno che genera attività, produzione e salario, ma anche un’opportunità, per l’uomo, di trasformare la realtà e di realizzare la sua vocazione personale. Il lavoro «è non solo un bene “utile” o “da fruire”, ma un bene “degno”, cioè corrispondente alla dignità dell’uomo, un bene che esprime questa dignità e la accresce». L’uomo che lavora «diventa più uomo» (Giovanni Paolo II, Laborem exercens n. 9). Per questa ragione lo sviluppo dovrebbe in primo luogo essere volto a promuovere le opportunità d’impiego.

La seconda conseguenza riguarda le strategie di sviluppo; queste devono essere rivolte all’intera società, senza escluderne alcun segmento. A tale proposito meritano una particolare menzione il settore informale e quanti vi lavorano. Tale settore occupa milioni di persone in tutto il mondo e comprende gruppi produttivi economici eterogenei. Tuttavia, queste persone lavorano in condizioni non regolamentate, senza tutela sociale e spesso per salari troppo bassi. Affrontare i bisogni delle persone che operano in questo settore deve diventare una priorità dei governi nazionali e delle organizzazioni internazionali, e pertanto occorre stanziare risorse finanziarie adeguate alle dimensioni di questo settore.

La terza conseguenza porta l’attenzione sul ruolo centrale dell’educazione nello sviluppo. Se le giovani menti, futuro della nostra società, non vengono preparate in maniera sufficiente, milioni di loro non saranno in grado di entrare nel mercato del lavoro di domani. L’educazione consente l’accumulo di capitale umano, che è un fattore determinante della crescita economica. Inoltre, un capitale umano più grande facilita l’adozione di nuove tecnologie e favorisce attività innovative, che hanno tanto bisogno di tale capitale nei Paesi in via di sviluppo. E, ancora più importante, una persona istruita può essere pienamente consapevole del proprio ruolo centrale nel processo di sviluppo, e quindi dare un contributo più responsabile allo sviluppo economico. Occorre perciò compiere ogni sforzo possibile per aiutare i Paesi in via di sviluppo a investire in modo più efficace nei loro sistemi educativi e a valutarne costantemente la qualità.

La quarta conseguenza mostra la necessità di ridurre l’eccessiva volatilità dei prezzi dei beni alimentari e di sostenere i Paesi in via di sviluppo dipendenti dalle derrate alimentari nella formulazione di strategie di sviluppo nazionale sostenibili e autenticamente democratiche. Questo ambito del commercio ha conseguenze sull’alimentazione e sulla vita quotidiana delle persone più povere nel mondo, e pertanto ha una forte dimensione etica. Che tale commercio venga ulteriormente regolamentato o meno, deve comunque essere preso in considerazione dagli Stati e dagli attori economici nell’ambito commerciale, comprese le istituzioni finanziarie e le società multinazionali e nazionali. I beni alimentari sono particolari in quanto riguardano direttamente il diritto fondamentale al cibo e all’acqua della persona umana.

Un’ultima conseguenza mira a ricollegare, anche dal punto di vista regolamentare, la finanza all’economia reale, al fine di favorire uno sviluppo sostenibile e davvero incentrato sull’uomo. La Delegazione della Santa Sede propone che la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo, attraverso la sua competenza tecnica e le sue attività di ricerca nell’ambito della finanza macroeconomica, contribuisca, in collaborazione con altri organismi competenti delle Nazioni Unite e organizzazioni e regolatori finanziari internazionali, alla riflessione su questo punto.

La mescolanza dinamica di nuove realtà e la costante importanza della cooperazione internazionale mettono in evidenza il ruolo della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo quale istituzione che continua a porre l’interdipendenza al centro del proprio approccio integrato al commercio e allo sviluppo, e quindi a servire come forum prezioso per un dialogo pieno tra i Paesi sviluppati e quelli in via di sviluppo. Il ruolo di questa organizzazione, quale luogo di dibattito franco e aperto, deve essere incoraggiato e ulteriormente sviluppato, specialmente in vista dell’entità delle sfide alle quali la comunità globale deve far fronte, e delle opportunità, per tutti i Paesi, di affrontare preoccupazioni per lo sviluppo persistenti ed emergenti.

Inoltre questa organizzazione deve svolgere un ruolo fondamentale, proseguendo la sua ricerca e la sua analisi dei sistemi finanziari e monetari internazionali e della volatilità dei prezzi dei beni, nonché di altre aree fondamentali di sviluppo come l’impiego, l’educazione e il settore informale. In questi ambiti deve anche fornire un’assistenza tecnica innovativa ai Paesi in via di sviluppo. Infine, la Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo deve contemplare di contribuire, negli ambiti di sua competenza, a migliorare la coerenza e la gestione dei sistemi monetari, finanziari e commerciali internazionali, includendo una partecipazione più effettiva dei Paesi in via di sviluppo.

Signor Presidente,

La crisi economica ha mostrato che i modelli economici del passato non corrispondono più alla realtà. Possiamo interpretare questa crisi economica anche come un’opportunità per rivedere l’economia, tenendo conto delle esigenze di tutti i settori della società e trovando «nuovi modelli». Pertanto, se questa Conferenza indica la volontà politica di compiere progressi almeno nell’ambito di alcuni degli obiettivi indicati nel documento finale, ciò sarà un importante passo verso la creazione di un sistema finanziario, commerciale ed economico internazionale basato sul principio di giustizia sociale. A tale riguardo, valori etici quali la trasparenza, l’onestà, la solidarietà e la responsabilità, non possono essere ignorati: essi mantengono un fine incentrato sulla persona in ogni attività economica, prevengono crisi causate da avide speculazioni e forniscono un approccio integrale che non scinde le conseguenze sociali dalle decisioni economiche ed ambientali.

In conclusione, Signor Presidente,

I risultati di questa XIII Conferenza Ministeriale della Conferenza delle Nazioni Unite sul commercio e lo sviluppo devono concentrarsi sulle azioni per realizzare gli sviluppi sociale, economico e umano, che sono il fondamento dello sviluppo sostenibile. La Delegazione della Santa Sede spera che questa Conferenza abbia successo, che sia innovativa e guardi al futuro. È auspicabile che gli impegni che ne scaturiranno spingano in avanti il mondo e l’umanità e contribuiscano al benessere spirituale e materiale di tutte le persone, delle loro famiglie e delle loro comunità.

 

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