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VI CONFERENZA DI RIESAME DEGLI STATI PARTE DEL
PROTOCOLLO V DELLA CONVENZIONE SULLA PROIBIZIONE E LA LIMITAZIONE
DELL'USO DI ALCUNE ARMI CONVENZIONALI CHE POSSONO PRODURRE
EFFETTI TRAUMATICI ECCESSIVI O INDISCRIMINATI (CCW)
[GINEVRA, 12-13 NOVEMBRE 2012]

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE E
DELLE ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

 

Signor Presidente,

Per cominciare, mi permetta di congratularmi con lei per essere stato eletto a presiedere questa sesta Conferenza di riesame.

I recenti conflitti in diverse regioni del mondo confermano il bisogno urgente di una risposta rinnovata e forte al problema dei residuati bellici esplosivi. Il Protocollo V dovrebbe essere un elemento importante dello sforzo internazionale per prevenire autentiche tragedie umane e per dare una risposta riparatrice nelle situazioni in cui la prevenzione non è stata possibile. La delegazione della Santa Sede è molto preoccupata per le tante situazioni in cui i residuati bellici costituiscono non solo un problema di sicurezza per la popolazione locale, ma anche un problema di sicurezza nazionale e regionale. Una grande quantità di armi esplosive non è monitorata, né registrata né messa in sicurezza. Alcune sono cadute nelle mani sbagliate di gruppi terroristici e bande criminali. Altre sono finite in quelle della popolazione in generale e costituiscono, ora e per il futuro, un grande rischio per la stabilità di alcuni Paesi e una causa permanente di potenziale violenza criminale o politica. La credibilità del Protocollo V è a rischio: l’attuazione diligente e completa dei provvedimenti di questo Protocollo dovrebbe costituire il nostro obiettivo comune. È questo l’unico modo per proteggere la popolazione civile e, in alcuni casi, la comunità nazionale nel suo insieme, dalle conseguenze dei residuati bellici esplosivi e in particolare delle immense scorte abbandonate.

Signor Presidente,

In questi casi, il tempo è di vitale importanza. In una situazione di conflitto, gli Stati devono registrare l’uso e l’abbandono di armi esplosive. È inoltre necessario che queste informazioni vengano condivise al termine del conflitto. Ogni esitazione a tale proposito ha conseguenze umanitarie estremamente negative. Significa più vittime e un costo sociale ed economico più elevato, nonché un ostacolo allo sviluppo a lungo termine. La terza fase deve iniziare il più presto possibile, al fine di mettere in sicurezza le scorte abbandonate e di bonificare le aree contaminate. La cooperazione internazionale, laddove necessaria, è una responsabilità morale. Durante i negoziati per questo Protocollo non è stato possibile ottenere una norma riguardo alla responsabilità dell’utilizzatore. Le disposizioni circa la cooperazione internazionale devono rimanere forti, sia perché è la cosa giusta da fare, sia perché è molto importante per l’universalizzazione del Protocollo. In quasi tutti i conflitti recenti sono stati coinvolti Stati Parte del Protocollo e Stati che non vi hanno aderito. Questo fatto rende più difficile l’attuazione. Ma ciò non deve essere una scusa per non applicare appieno l’articolo 4 del Protocollo. In tale contesto, la Santa Sede condivide la preoccupazione del Comitato Internazionale della Croce Rossa e di altri interlocutori della comunità delle Ong riguardo alla mancanza di un’applicazione totale o parziale dell’articolo 4, che è la pietra d’angolo di questo strumento. Se non si rispettano le disposizioni di tale articolo, il resto del Protocollo diventa quasi impossibile da realizzare.

Signor Presidente,

La Santa Sede intende e sostiene il Protocollo V, e la CCW in generale, quale espressione concreta della dignità della persona umana e come necessaria applicazione del diritto internazionale umanitario. La nostra lettura delle disposizioni degli strumenti di disarmo in generale, compreso il Protocollo V, si basa su un approccio umanitario in cui la persona umana è al centro dell’attenzione e il soggetto della protezione. La popolazione civile deve essere protetta in ogni circostanza. Dobbiamo ammettere che nei conflitti recenti, e in quelli attuali, la popolazione civile non è stata protetta e il diritto umanitario internazionale non è stato altro che una serie di leggi non rispettate. È questa la sfida per tutti noi, ovvero rendere il Protocollo V efficace nel proteggere le popolazioni civili dalle conseguenze delle armi esplosive durante i conflitti e dopo la loro cessazione. I civili non devono essere costretti a pagare due volte per l’assenza di un ambiente sicuro, libero e pacifico.



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