The Holy See
back up
Search
riga

64ª SESSIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DELL'ALTO COMMISSARIATO
DELLE NAZIONI UNITE PER I RIFUGIATI (UNHCR)

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA*

Ginevra
Mercoledì, 2 ottobre 2013

 

Milioni di rifugiati hanno bisogno di speranza

 

Signora Presidente,

Negli ultimi anni si sono moltiplicate le crisi in diverse regioni del mondo, producendo un numero crescente di persone forzatamente dislocate. Secondo alcune stime, cento milioni di persone hanno lasciato le proprie case contro il loro volere per cercare libertà, sicurezza e sopravvivenza al di fuori della loro regione o del loro paese. Queste masse sradicate costituiscono una preoccupazione per la protezione, che sfida gli Stati e la comunità internazionale. Alcune tendenze, spesso ignorate nelle statistiche disponibili, sono particolarmente preoccupanti: nel 2012, tra le 893.700 richieste, 21.300 erano di bambini non accompagnati o separati; in tutto il mondo ci sono 15,4 milioni di rifugiati; gruppi misti di migranti hanno compiuto il tragitto via mare, il che ha prodotto sfide normative e pratiche sempre più complesse nel tentativo di assisterli; 26 milioni di persone sono state dislocate a causa di conflitti armati, violenza e violazioni di diritti umani, e la loro presenza impone grandi sforzi a istituzioni nazionali e locali molto deboli. La Siria è un caso emblematico, come ha dimostrato lo speciale Segmento ad Alto Livello. Sono stati sviluppati strumenti legali per la protezione di queste persone, ma persiste un notevole divario tra l’attuazione degli standard concordati e la realtà sul campo. Pertanto, appare evidente che le soluzioni umanitarie non possono essere efficaci se non vengono risolti i fattori politici sottostanti.

Le emergenze, come i conflitti in Siria e nei continenti africano e asiatico, hanno suscitato un’ammirevole e generosa risposta da parte dei paesi ospitanti, che mantengono aperte le proprie frontiere anche a numeri consistenti di persone bisognose di rifugio, e hanno fatto emergere l’importanza pratica di sviluppare ulteriormente collaborazioni efficaci, al fine di rispondere alle crescenti esigenze. Le comunità confessionali sono immediatamente aperte e sensibili al primo impatto dei nuovi arrivi e forniscono un primo soccorso. Con risorse limitate, e sfruttando al meglio la loro identità e la loro base nelle comunità locali, la conoscenza del territorio e la loro influenza, cercano di creare un clima di accettazione e di sostegno. Il loro impegno prosegue a lungo termine e, laddove è possibile, esse accompagnano le persone forzatamente dislocate nella loro vita nei campi profughi o nelle aree urbane povere, offrendo sostegno psicologico e formazione, collocamento nel lavoro, cibo e riparo. Stabilendo rapporti umani amichevoli con i rifugiati dopo il trattamento disumano che essi hanno subito, queste organizzazioni agevolano il processo di guarigione.

Una dimensione importante della protezione nell’incertezza, nell’isolamento e nell’abbandono sperimentati dalle persone sradicate con la forza è l’offrire loro una qualche speranza per il futuro, un significato che può servire come bussola per la loro vita, malgrado le circostanze sconvolgenti e dolorose che devono affrontare. In tal modo, i rifugiati possono tirar fuori la forza psicologica per far fronte alla loro situazione, pianificare il futuro e mantenere l’iniziativa, per quanto l’ambiente possa essere deprimente. Essi diventano così anche agenti di sviluppo e di creatività, arricchendo le comunità che li accolgono. In particolare i bambini rifugiati — oltre un milione di loro ha appena varcato i confini siriani — devono avere accesso all’educazione quale garanzia per il futuro, affinché la sopravvivenza nell’immediato si possa trasformare nell’inizio di un percorso costruttivo verso un’esistenza normale.

Signora Presidente,

La solidarietà e la condivisione degli oneri da parte dei paesi che accolgono i rifugiati non devono diminuire a causa della stanchezza della compassione. I molti anni in cui si è dato aiuto devono essere considerati in rapporto al protrarsi della situazione di circa 7,5 milioni di rifugiati intrappolati nell’esilio, e della sofferenza traumatica e multiforme delle persone da poco forzatamente dislocate. Oggi, milioni di persone sradicate lanciano un nuovo appello alla comunità internazionale: condividere i mezzi di sopravvivenza; impegnarsi ancora a prevenire nuovi flussi di rifugiati; assicurare un buon futuro a quanti sono fuggiti. I legami tra la povertà estrema, la disuguaglianza e le violazioni dei diritti umani da una parte, e dei conflitti e delle guerre dall’altra, sono assodati. L’unico cammino ragionevole e vantaggioso che abbiamo davanti è il dialogo per prevenire nuove catastrofi, altri gruppi vulnerabili, altre vittime, specialmente donne e bambini che, molto spesso, sono esposti ad abusi, nuove sofferenze, costosi programmi per rispondere ai rifugiati, e nuova instabilità per tutti. Come già osservava Giovanni XXIII nel 1962: “Promuovere, favorire, accettare trattative, ad ogni livello e in ogni tempo, è norma di saggezza e prudenza, che attira le benedizioni del Cielo e della terra”.

Signora Presidente,

In conclusione, la Delegazione della Santa Sede condivide e sostiene il contributo alla causa dei rifugiati, dei paesi ospitanti e donatori e delle comunità locali. Incoraggia costantemente risposte concrete, specialmente da parte delle comunità e dalle organizzazioni motivate dalle religioni, che lavorano in collaborazione con altri. Papa Francesco di recente ha detto: “Migranti e rifugiati non sono pedine sullo scacchiere dell’umanità” (Messaggio per la Giornata Mondiale del Migrante e del Rifugiato 2014). Di fatto, occorre uno sforzo nuovo: andare alla radice della produzione di rifugiati e affrontare apertamente la responsabilità politica di lavorare insieme per prevenire lo sradicamento forzato della gente e promuovere il rispetto della dignità, donata da Dio, di ogni persona.

Grazie, Signora Presidente.

 

*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 233, Ven. 11/06/2013.

 

top