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PRIMO COMITATO DELLA 68ª SESSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELL'ONU

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO FRANCIS ASSISI CHULLIKATT, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'ORGANIZZAZIONE DELLE NAZIONI UNITE

New York
 ottobre 2013

Punto 99: «Disarmo generale e completo».

 

Signor Presidente,

Il Primo Comitato si riunisce quest’anno in un momento di straordinarie opportunità. Nelle scorse settimane abbiamo visto compiere intense azioni nella lunga lotta per liberare il mondo dalle armi chimiche e nucleari.

La recente risoluzione unanime del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite sulle armi chimiche in Siria è di rilevanza storica. Tuttavia, a tale riguardo, il Segretario Generale ha osservato: “la luce rossa per una forma di armi non significa luce verde per le altre”. Ha quindi auspicato l’arresto completo di ogni violenza e che si facciano tacere tutte le armi.

Un’altra opportunità ricca di speranza che si è presentata è l’incontro di Alto livello sul disarmo nucleare dell’Assemblea Generale il 26 settembre, durato un’intera giornata e senza precedenti. Da quasi ogni angolo del mondo — Europa, Africa, Asia, America Latina — Capi di Stato e di Governo e altri alti funzionari hanno chiesto azioni per avviare negoziati comprensivi al fine di mettere al bando tutte le armi nucleari. È stato impressionante assistere a un tale grido di preoccupazione per quelle che vengono giustamente definite le “conseguenze umanitarie catastrofiche” dell’uso delle armi nucleari.

La disponibilità del mondo, nel suo insieme, a procedere in modo costruttivo per eliminare le armi nucleari non è mai stata tanto evidente. Tuttavia, un numero molto ridotto di Stati intralcia il cammino, cercando di fermare il progresso e di trovare una soluzione globale al problema, che continua anno dopo anno nella paralisi e nell’offuscamento.

Durante l’incontro di Alto livello sul disarmo nucleare è apparso evidente che molti Stati nel mondo desiderano vedere attuata la decisione del 2010 della Conferenza di revisione del Trattato di non-proliferazione di indire un incontro per sviluppare una zona libera da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente.

I progressi compiuti nel conflitto siriano, con all’orizzonte la prospettiva di una soluzione politica, hanno preparato la scena per lo svolgimento di una Conferenza sul Medio Oriente. Questo processo risale al 1995, quando la Conferenza per la revisione e l’estensione del Trattato di non-proliferazione adottò una risoluzione su tutte le armi di distruzione di massa in Medio Oriente. L’incapacità della comunità internazionale di mantenere tale promessa ha messo a repentaglio la credibilità del Trattato di non proliferazione e il futuro di tale regione. Visto il rapido approssimarsi della Conferenza di revisione del Trattato di non-proliferazione del 2015, è fondamentale prendere misure per stabilire una data sicura per la Conferenza sulla zona libera da armi nucleari e da altre armi di distruzione di massa in Medio Oriente.

È tristemente ironico che Stati che alzano la voce per condannare le armi chimiche tacciano invece sul possesso continuo di armi nucleari. La comunità internazionale deve fare appello e agire con una voce sola per mettere al bando tutte le armi di distruzione di massa.

Le prospettive riguardo alla cooperazione di tutti gli Stati a una nuova agenda per la pace hanno subito un’improvvisa svolta. È un lavoro che esige il sostegno e la cooperazione costante di tutti. Un mondo migliore ci attende se riduciamo le spese militari eccessivamente alte e destiniamo parte di esse a un fondo mondiale per rispondere ai bisogni delle nazioni in via di sviluppo e meno sviluppate (cfr. Papa Paolo VI, Popolorum progressio, n. 51). Questo Comitato, impegnato a ridurre gli armamenti in tutto il mondo, deve essere sempre consapevole delle esigenze reali per ottenere una pace e una sicurezza internazionali sostenibili. Dobbiamo porre fine al militarismo miope e concentrarci sui bisogni a lungo termine della famiglia umana.

Signor Presidente,

Come ha affermato la Santa Sede al recente Incontro di Alto livello sul disarmo nucleare, “[è] ora di contrastare la logica della paura con l’etica della responsabilità, alimentando un clima di fiducia e di dialogo sincero, capace di promuovere una cultura di pace, fondata sul primato della legge e del bene comune, attraverso la cooperazione coerente e responsabile di tutti i membri della comunità internazionale”.

Il nostro mondo non è mai stato tanto interdipendente e interconnesso; ora più che mai, non possiamo rischiare di cadere in una “globalizzazione dell’indifferenza”.

È illusorio pensare che la sicurezza e la pace di alcuni possano essere garantite senza la sicurezza e la pace di altri. In un tempo come il nostro, che sta subendo profondi cambiamenti sociali e geopolitici, è aumentata la consapevolezza che gli interessi della sicurezza nazionale sono profondamente collegati con quelli della sicurezza internazionale, proprio come la famiglia umana si sta gradatamente avvicinando e sta ovunque diventando più conscia della sua unità e interdipendenza (cfr. Concilio Vaticano II, Gaudium et spes, n. 77).

Pace, sicurezza e stabilità non possono essere ottenute con mezzi puramente militari, né aumentando le spese militari, poiché si tratta di obiettivi multidimensionali che includono aspetti collegati non solo alla sfera politica e militare, ma anche a quelle dei diritti umani, dello stato di diritto, delle condizioni economiche e sociali e della tutela ambientale. Sono fattori che hanno come fine principale la promozione di uno sviluppo umano integrale autentico, nel quale la saggezza, la ragione e la forza della legge devono prevalere sulla violenza, l’aggressione e la legge della forza.

La pace è un edificio in continua costruzione, le cui fondamenta non poggiano tanto sulla forza quanto sulla fiducia, la costruzione di questa, il rispetto degli obblighi assunti e il dialogo. Senza questi elementi fondamentali, si mette a rischio non solo la pace, ma anche l’esistenza stessa della famiglia umana. Il settore del disarmo e del controllo delle armi esige continuamente l’uso della nostra saggezza e della nostra buona volontà.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 246, Sab. 26/10/2013.

 

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