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XXIII SESSIONE ORDINARIA DEL
CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA
S
ULLE SOCIETÀ TRANSNAZIONALI E I DIRITTI DELL'UOMO*

Ginevra
31 maggio 2013

Responsabilità sociale e ambientale delle imprese

 

Signor Presidente,

L’urgenza dell’invito a una maggiore responsabilità sociale e ambientale delle imprese ha assunto toni più elevati per tutte le parti interessate quando la notizia del crollo di una fabbrica tessile nella periferia di Dacca, il 24 aprile, ha fatto rapidamente il giro del mondo. La perdita di oltre 1.100 giovani vite, insieme all’indicibile dolore dei parenti e la sofferenza e i sogni infranti di centinaia di altre persone, ci ricordano le misure correttive che devono prendere tutte le società che partecipano a una catena di approvvigionamento globale, che conta costantemente sul contributo dei lavoratori. Le immagini di quel disastro ci ricordano anche l’interdipendenza che la globalizzazione ha creato nelle attività economiche transnazionali.

Profondamente mosso dal caso tragico di Dacca, Papa Francesco ha espresso la sua preoccupazione per quelle situazioni in cui «le persone sono meno importanti delle cose che danno profitto a quelli che hanno il potere politico, sociale, economico». Indicando i problemi centrali che oggi spesso si riscontrano nella vita di fabbrica, ha detto che «non pagare il giusto [salario], non dare lavoro, concentrarsi sulle dichiarazioni, cercare solo di ottenere il massimo profitto, questo va contro Dio!», e ha definito le condizioni in cui gli operai hanno perso la vita come “lavoro schiavo” (Cfr. Omelia di Papa Francesco in occasione della festa di san Giuseppe lavoratore, nella cappella della Domus Sanctae Marthae, 1° maggio 2013, «L’Osservatore Romano», giovedì-venerdì 2-3 maggio 2013, p. 6).

Sono molte le sfide emerse negli ultimi trecento anni, con l’evolversi dell’industrializzazione e dei processi di produzione di massa correlati. I governi, la società civile, i sindacati, gli azionisti e le società hanno lavorato, a volte cooperando, altre in conflitto tra loro, per ridurre gli impatti negativi di tali realtà. Ancora oggi, però, continua a essere troppo elevato il numero di vite umane perse o gravemente lese a causa di condizioni di lavoro non sicure.

Negli ultimi anni, diverse parti interessate hanno preso molte iniziative per affrontare alcune delle sfide che ancora permangono nel modello industriale prevalente della catena di approvvigionamento, trasversale a quasi tutti i settori commerciali. Hanno portato con successo un certo livello di controllo alle politiche, e soprattutto alle pratiche, che occorreva cambiare. Queste parti interessate, del settore sia pubblico sia privato della società civile e della comunità d’investimento confessionale, meritano di essere applaudite per quanto hanno realizzato per proteggere la dignità umana, promuovere i diritti umani e salvaguardare l’ambiente.

Di recente, nel 2009, nell’enciclica Caritas in veritate, Papa Benedetto XVI ha ricordato a tutti noi che «a non rispettare i diritti umani dei lavoratori sono a volte grandi imprese transnazionali e anche gruppi di produzione locale» (n. 22). Continua dunque a essere importante che tutti riconoscano gli standard del lavoro come parte integrante e importante della responsabilità sociale delle imprese. La libertà di associazione, l’eliminazione di ogni forma di lavoro coatto e obbligatorio, l’abolizione del lavoro infantile e la soppressione concreta della discriminazione nell’impiego e nel pagamento devono essere rispettate e attuate in tutte le giurisdizioni.

Un altro aspetto importante del lavoro che occorre ancora compiere in questo ambito è un consenso più completo e ponderato sul ruolo e la responsabilità delle aziende nella società. Mentre un gran numero di persone e di leader aziendali hanno superato con successo il concetto secondo il quale la massimizzazione del profitto sia l’unica ragione e l’unico obiettivo delle imprese, il sostegno e l’adozione di quadri giuridici che possano servire come fondamento di questa nuova visione sono ancora nella loro prima infanzia. Prosegue la ricerca di un consenso che dia l’auspicabile equilibrio tra il ruolo e la responsabilità dei governi e del settore pubblico, e allo stesso tempo lo spazio perché le aziende private diano il loro prezioso contributo al bene comune. Dobbiamo proseguire nel nostro impegno a favore di tale ricerca, e permetterle di fornire soluzioni adeguate e diverse, quantunque chiare, per le variabili situazioni, culture e regioni, che esistono in tutto il mondo.

L’approvazione, da parte del Consiglio dei diritti dell’uomo delle Nazioni Unite, dei Principi Guida su imprese e diritti umani: attuare il Quadro di riferimento delle Nazioni Unite “Proteggere, Rispettare e Rimediare, nel giugno 2011, ha costituito un’importante pietra miliare. A questa è seguita poi, nel novembre 2011, la pubblicazione di The Corporate Responsibility to Respect Human Rights: An interpretive Guide (La responsabilità aziendale di rispettare i diritti umani: guida interpretativa) da parte dell’Ufficio dell’Alto Commissario per i diritti dell’uomo. Pertanto, l’impegno a favore della sua attuazione è apparso evidente. La piattaforma fondazionale che esorta gli Stati a proteggere, le società a rispettare e tutte le parti interessate a rimediare ai passati abusi dei diritti umani, è tanto chiara quanto gradita.

Il processo collaborativo e inclusivo, che ha portato all’adozione di queste importanti politiche da parte delle Nazioni Unite, è stato una chiara indicazione del fatto che tutte le parti interessate, alcune delle quali si erano trovate in precedenza su fronti opposti nei numerosi dibattiti collegati alle questioni affrontate da questi impegni, sono state pronte sia ad abbracciare la responsabilità sociale delle imprese, sia a creare gli strumenti e i meccanismi necessari per agevolare l’adempimento di tali responsabilità. I continui impegni, da parte di diverse parti interessate, alla dovuta diligenza, che è indispensabile per la promozione dei diritti umani, stanno dando un importante contributo al lavoro strategico che si sta compiendo ora.

La responsabilità sociale delle imprese è necessaria non solo perché sia le organizzazioni internazionali, sia l’opinione pubblica, esigono sempre più che le aziende private assumano un ruolo di maggior rilievo nel promuovere il benessere ovunque operano, ma anche perché è una questione di giustizia sociale.

La Santa Sede coglie questa opportunità per ricordare la responsabilità delle società transnazionali e delle altre imprese commerciali di rispettare i diritti umani. Una regolamentazione adeguata può contribuire a promuovere e a rispettare i diritti umani e il bene comune di tutti. Ogni azienda, a prescindere dalle dimensioni o dal numero dei dipendenti, laddove è stata fondata, nel Paese in cui è stata impiantata o in cui opera, deve sostenere, rispettare e tutelare nella propria sfera d’influenza i diritti umani, proclamati a livello internazionale.

Occorre anche una maggiore trasparenza da parte di tutte le società, affinché ogni parte interessata disponga delle informazioni necessarie per esprimere giudizi ben fondati sul modo in cui i diritti umani vengono rispettati e tutelati. Anche i consumatori trarranno beneficio da una maggiore trasparenza e saranno in una posizione migliore per esprimere pareri informati sulla loro scelta negli acquisti. Possono così premiare le aziende proattive nel rispetto dei diritti umani ed evitare quelle che si occupano di questa priorità solo a parole. Certificazioni e standard internazionali migliori possono altresì aiutare ad affrontare questa sfida globale, stabilendo un punto di riferimento e una struttura chiara per monitorare coloro che rispettano i diritti umani e la responsabilità sociale delle aziende.

Per concludere, Signor Presidente, con le immagini della fabbrica crollata in Bangladesh ancora dinanzi agli occhi del mondo, desideriamo lanciare un appello speciale per l’istituzione, la promozione e lo scambio di pratiche buone e innovative, raccolte da una grande varietà di attori, del settore sia pubblico sia privato, affinché un maggiore rispetto dei diritti umani diventi una priorità per tutte le imprese. Il raggiungimento di questi obiettivi recherà beneficio alle persone ovunque e sosterrà il bene comune universale. Le pratiche commerciali responsabili che rispettano i diritti umani e proteggono l’ambiente favoriranno un’economia più sostenibile e inclusiva.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 129, Giov.06/06/2013.

 

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