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XXIII SESSIONE ORDINARIA DEL
CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO
SUL DIRITTO ALLA PACE

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA
*

Ginevra
7 giugno 2013

 

Signor Presidente!

Essendo uno dei desideri più profondi del cuore umano, la pace è un diritto di cui ogni persona dovrebbe beneficiare e una situazione che rende possibile lo sviluppo umano integrale. La pace è la condizione che fa sì che tutti gli altri diritti siano possibili e la realizzazione dei diritti fondamentali porta a una vera pace basata sulla libertà, sulla giustizia e sulla fraternità. La Carta delle Nazioni Unite, la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e molti altri strumenti internazionali esprimono in una dialettica virtuosa questo legame profondo e necessario tra pace e diritti dell’uomo. Di conseguenza, la minaccia di guerra deve essere eliminata e giustamente la Carta africana dei diritti dell’uomo e dei popoli dichiara: «I popoli hanno diritto alla pace e alla sicurezza sia a livello nazionale sia sul piano internazionale» (n. 23, 1).

Definire la pace come l’assenza di guerra sarebbe ridurla a un valore negativo. La pace si costruisce giorno dopo giorno nella famiglia, a scuola e nella società. Senza fondamenta economiche, politiche, culturali e spirituali solide, la pace sarebbe un miraggio per menti ingenue. Quanti vogliono fondarla esclusivamente sulla forza e sull’equilibrio delle forze si sbagliano. Non devono fare altro che leggere la storia del XX secolo e osservare la realtà dei recenti conflitti che questo stesso Consiglio esamina così spesso. La pace non s’impone con la quantità di armi ammassate e neppure con la loro sofisticazione o la loro crudeltà. Se la pace fosse condizionata dalla forza militare, i diversi popoli non avrebbero subito tante guerre, morti, rovine e odio distruttore. L’altro nome della pace è lo sviluppo. Essa viene servita meglio dalle scuole costruite, dalle strutture sanitarie create, dalle prospettive di futuro aperte alle giovani generazioni.

Signor Presidente!

È banale dire che il nostro mondo è più che mai interdipendente. Ma ciò rafforza la nostra convinzione che la famiglia umana è una e che tutti gli uomini e tutte le donne condividono la stessa dignità. La violenza, l’ingiustizia e la volontà di potenza all’interno delle società e tra le nazioni non fanno che moltiplicare i rischi di guerre e di conflitti. La pace e la sicurezza degli uni non possono essere assicurati senza la pace e la sicurezza degli altri. Il nostro mondo non è privo di risorse, ma soffre d’ingiustizia. I divari appaiono sempre più profondi e la ricerca della pace sempre più sfuggente. Il contrario della pace, più che la guerra, è la paura. In tal senso, la paura diviene il denominatore comune tra ricchi e poveri, tra paesi sviluppati e paesi in via di sviluppo, tra potenze militari e quanti sono meno avvantaggiati.

Signor Presidente!

La guerra è il fallimento degli umani e dell’umano. La guerra è l’illusione che si possa difendere o costruire una società sana o migliore infliggendo sofferenze indescrivibili a persone innocenti. Distruggendo l’altro si distrugge l’umano in sé. Nessuno esce indenne da un conflitto o da un’esperienza di violenza. La pace è meno spettacolare, più paziente, più rispettosa dell’alterità, più modesta. Ma questi valori sono i soli in grado di costruire delle società veramente umane.

L’istituzione di un gruppo di lavoro intergovernativo aperto, con il compito di dare avvio alla codificazione ufficiale del diritto umano alla pace, è stata una decisione saggia che si spera rechi i suoi frutti in una dichiarazione efficace e condivisa da tutti.

Nella costruzione o nel ripristino della pace, esempi storici e contemporanei c’insegnano che la non-violenza, come dottrina e come metodo, era e continua a essere il cammino più appropriato della mediazione e della riconciliazione, al fine di riallacciare i legami umani, sociali e politici a beneficio del bene comune e di una pace duratura.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIII, n. 137, Dom.16/06/2013.

 

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