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XXVII SESSIONE ORDINARIA DEL CONSIGLIO DEI DIRITTI DELL'UOMO

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE
E ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA*

Ginevra
Lunedì, 15 settembre 2014

Per la difesa dei diritti umani degli anziani

 

Signor Presidente,

Il numero delle persone anziane tra la popolazione generale sta crescendo rapidamente, e si prevede che raddoppi nel prossimo decennio e triplichi entro il 2050, fino a raggiungere i due miliardi. Nel suo Rapporto, l’Esperto indipendente mette giustamente in evidenza queste informazioni e indica le azioni intraprese dal suo predecessore e, più di recente, da lei, al fine di promuovere e aumentare il rispetto del godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane.

Troppo spesso l’importanza di questa tendenza demografica viene calcolata solo sulla base dell’impatto economico previsto. Pertanto, di recente un gruppo di esperti economici provenienti da tutto il mondo ha avvertito che «il ritmo senza precedenti dell’invecchiamento avrà un rilevante effetto negativo sulla crescita economica nei prossimi due decenni in tutte le regioni», concludendo che «il dividendo demografico che ha guidato la crescita economica in passato si trasformerà in una tassa demografica» («Population Aging Will Dampen Population Growth Over the Next Two Decades», Moody’s Investor Service, 6 agosto 2014, p. 1). La mia Delegazione, Signor Presidente, si preoccupa che una visione così limitata possa costituire una grave minaccia al pieno godimento dei diritti da parte delle persone anziane. Purtroppo, l’efficiente società attuale tende a emarginare i nostri fratelli e le nostre sorelle vulnerabili, comprese le persone anziane, come se fossero solo un “peso” e un “problema” per la società (cfr. Papa Benedetto XVI, Discorso ai partecipanti alla XXII Conferenza Internazionale promossa dal Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari sul tema: «La pastorale nella cura dei malati anziani», Città del Vaticano, 17 novembre 2007). Tuttavia, il numero crescente di persone anziane, specialmente quelle che rimangono in buona salute, significa anche che esse possono dare più a lungo il loro contributo alla società. Al fine di assicurare che tali sviluppi positivi avvengano, abbiamo però bisogno di elaborare e attuare nuovi approcci per strutturare la società in generale, il mondo del lavoro, le infrastrutture e i servizi sanitari, lo sviluppo della tecnologia, le leggi sulla proprietà intellettuale, i sistemi di protezione sociale e le relazioni sociali intergenerazionali (cfr. «Recommendations on Good Practices for the Promotion of the Rights of the Elderly», Pontificio Consiglio per gli Operatori Sanitari, Città del Vaticano).

Abbiamo notato con grande interesse, Signor Presidente, il riferimento dell’Esperto indipendente al Piano di azione internazionale di Madrid sull’invecchiamento, che ha imposto agli Stati la responsabilità di adottare misure per affrontare l’invecchiamento al fine di realizzare una «società per tutte le età» e per «assicurare l’integrazione dell’invecchiamento nei loro programmi» di sviluppo nazionali e globali. Ricordare questa strategia è senz’altro opportuno in un tempo in cui la comunità internazionale concentra le proprie energie e la propria attenzione sullo sviluppo di un’Agenda post-2015. Ci sentiamo però costretti a domandare quanto bene sia stato realizzato finora tale piano, specialmente quando leggiamo di un numero sempre maggiore di persone anziane costrette ad abbandonare le loro case tradizionali e familiari in Paesi ad alto reddito per rifugiarsi nelle regioni del mondo in via di sviluppo, dove il costo delle cure a lungo termine è molto meno oneroso. Di certo, quando parliamo di tutelare il godimento di tutti i diritti umani è essenziale rispettare e preservare, per quanto possibile, i vincoli che le persone anziane hanno con i loro cari e con l’ambiente familiare. Ciò vale in particolare quando diventa necessaria l’assistenza a lungo termine in una struttura per chi è gravemente inabilitato o non è più in grado di prendere da solo decisioni sicure e responsabili.

Nel suo Rapporto, l’Esperto indipendente ha fatto esplicito riferimento all’obbligo degli Stati «derivante dal diritto alla vita e a una morte dignitosa», affermando che per le persone anziane la detenzione e/o l’applicazione della pena di morte dovrebbe essere proibita (cfr. Rapporto dell’Esperto indipendente sul godimento di tutti i diritti umani da parte delle persone anziane, Rosa Kornfeld-Matte, Assemblea Generale delle Nazioni Unite, a/hrc/27/46, 24 luglio 2014, par. 35). In diverse occasioni la Santa Sede ha esortato gli Stati in ogni parte del mondo ad abolire la pena di morte nelle loro rispettive giurisdizioni. Allo stesso tempo, la Santa Sede difende e sostiene il diritto alla vita di tutte le persone, dal concepimento fino alla morte naturale, e quindi considera molto preoccupante il crescente ricorso al cosiddetto “suicidio assistito”, come anche i commenti di alcuni funzionari governativi secondo i quali tali atti estremi e dannosi potrebbero giustificare un’ulteriore considerazione, poiché potrebbero consentire un risparmio in un periodo di crisi economica.

Signor Presidente, un approccio puramente economico e funzionale alle persone anziane rischia di creare una cultura in cui i membri più deboli e più fragili della società — i nascituri, i più poveri, i malati e gli anziani, le persone con gravi disabilità, e così via — rischiano di essere “scartati” da un sistema che deve essere efficiente a ogni costo (cfr. Papa Francesco, Messaggio ai cattolici partecipanti all’annuale Giornata per la Vita in Gran Bretagna e in Irlanda, 28 luglio 2013) e così impoverisce la società privandola della loro saggezza, della loro esperienza e della loro arricchente presenza.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 213, Giov. 19/09/2014