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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
DURANTE IL SEGMENTO DI ALTO LIVELLO DELLA 65ª SESSIONE DEL COMITATO ESECUTIVO DELL'UNHCR
SUL TEMA «ACCRESCERE LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE, LA SOLIDARIETÀ, LE CAPACITÀ LOCALI E L'AZIONE UMANITARIA PER I RIFUGIATI IN AFRICA»

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO SILVANO M. TOMASI,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO L'UFFICIO DELLE NAZIONI UNITE
ED ISTITUZIONI SPECIALIZZATE A GINEVRA

Ginevra
Martedì, 30 settembre 2014

   

Signor Presidente,

La Delegazione della Santa Sede appoggia la Dichiarazione del Comitato esecutivo dell’Unhcr sull’accrescimento della cooperazione internazionale, della solidarietà, delle capacità locali e dell’azione umanitaria a favore dei rifugiati in Africa. La Dichiarazione è un puntuale promemoria sul flusso persistente di popoli forzatamente sradicati e un invito a vincere la globalizzazione dell’indifferenza alla loro sofferenza.

All’interno del continente africano, come anche dall’Africa verso l’Europa e il mondo, la ricerca di un porto sicuro e di una vita dignitosa spinge molte persone ad abbandonare le proprie case e a varcare confini per sfuggire al pericolo e a condizioni oppressive. Esse rischiano consapevolmente persino la morte su barche inconsistenti e spesso la crudeltà dei trafficanti. Troppe vittime hanno trasformato le acque del Mediterraneo in un cimitero silenzioso. Politiche di regolamentazione delle frontiere eccessivamente restrittive, che si prestano alla pericolosa pratica di trafficare esseri umani come “merce”, hanno spinto migliaia di richiedenti asilo a compiere una traversata fatale, nella quale sono andati distrutti i loro sogni e le loro vite.

L’ospitalità dei Paesi africani si è dimostrata un importante salvavita nelle molte crisi che hanno tormentato il continente negli ultimi decenni. I rifugiati sono stati accolti e hanno avuto l’opportunità di sopravvivere fino a quando è diventato possibile il loro rimpatrio. In molti casi è stata loro generosamente offerta l’opportunità di stabilirsi sul posto. La solidarietà internazionale è stata spesso pari alla generosità africana, ma né l’una né l’altra sono risorse inesauribili. È ormai urgente un rinnovato impegno per una politica di prevenzione. Da parte della comunità internazionale sono necessari sforzi per prevenire i conflitti e il cattivo governo che soffocano lo sviluppo, al fine di ridurre il numero di persone forzatamente dislocate. In sostanza, ciò esige una cultura di pace, che è possibile solo quando la persona umana viene posta al centro delle preoccupazioni, dei programmi nazionali e degli obiettivi sociali, riconoscendo in tal modo la sua dignità inerente e il rispetto che meritano i suoi diritti umani fondamentali.

Occorre un cambiamento di mentalità, che respinga la violenza come mezzo per affrontare le differenze personali e comunitarie e che trascenda gli interessi tribali, etnici e nazionali nel servizio al bene comune.

Le nazioni africane hanno investito un capitale politico ed economico per coordinare la loro azione continentale al fine di dare una risposta più efficace al loro bisogno di sviluppo e di risoluzione pacifica delle differenze. Gli strumenti giuridici prodotti per proteggere le popolazioni forzatamente dislocate offrono mezzi utili per affrontare le cause del dislocamento forzato, di modo che oggi i richiedenti asilo e le persone sradicate possano ricevere una protezione adeguata.

Nella Dichiarazione del Comitato esecutivo sono indicate altre misure pratiche. Queste possono dare un sollievo efficace alla piaga dei richiedenti asilo e delle persone internamente dislocate. Papa Francesco ribadisce: «Invito soprattutto i governanti e i legislatori e l’intera Comunità Internazionale a considerare la realtà delle persone forzatamente sradicate con iniziative efficaci e nuovi approcci per tutelare la loro dignità, migliorare la loro qualità di vita e far fronte alle sfide che emergono da forme moderne di persecuzione, di oppressione e di schiavitù» (Discorso ai partecipanti alla Plenaria del Pontificio Consiglio della pastorale per i migranti e gli itineranti, 24 maggio 2013).

Signor Presidente,

Purtroppo il dislocamento forzato nel continente africano continua come conseguenza delle violenze commesse nella ricerca di potere egoistico e di imposizioni ideologiche. Sviluppare nuove strategie incorporando i metodi migliori, provati dall’esperienza, è l’unico modo per far fronte alle sfide attuali. La determinazione politica a prevenire conflitti attraverso il dialogo e l’inclusione, e una solidarietà efficace che colmi il divario tra le regioni in via di sviluppo e quelle sviluppate del mondo, apriranno un cammino verso un futuro pacifico.

Grazie, Signor Presidente.


*L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLIV, n. 228, Mart. 07/10/2014