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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
AL SECONDO COMITATO DELLA 69ª SESSIONE
DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE
SUL TEMA: «GLOBALIZZAZIONE E INTERDIPENDENZA»

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE

New York
Lunedì, 27 ottobre 2014

 

Signor Presidente,

La mia Delegazione condivide la visione espressa su questo argomento nelle recenti relazioni del Segretario generale, secondo cui la sfida centrale nell’agenda di sviluppo post-2015 è di assicurare che la globalizzazione rechi benefici a tutti. La mia Delegazione condivide altresì l’idea che occorre rafforzare il multilateralismo per aiutare a raggiungere tale obiettivo e gestire i diversi rischi e le sfide interrelate, collegate alla globalizzazione.

Le relazioni del Segretario generale mettono in evidenza gli immensi benefici che la globalizzazione può dare, ma anche le disuguaglianze sempre più grandi che può produrre. Quando la globalizzazione unisce le persone come partner paritari produce risultati di mutuo beneficio, una collaborazione vincente per tutti. Diversamente, essa genera disuguaglianze più grandi, emarginazione, sfruttamento e ingiustizia. Di fatto, come la maggior parte delle attività umane, la globalizzazione funziona nel bene e nel male, a seconda dell’etica sottostante e delle politiche che guidano il processo.

Signor Presidente,

La mia Delegazione desidera sottolineare due questioni nel contesto della globalizzazione e dell’interdipendenza, e più precisamente il ruolo della cultura e il fenomeno della migrazione.

La relazione del Segretario generale su «Cultura e sviluppo sostenibile» ci dice che la cultura è un motore primario nella globalizzazione e nell’interdipendenza. Il turismo culturale costituisce il 40 per cento del fatturato in rapida crescita del turismo nel mondo. Inoltre, il suo potere di mobilitare non si misura solo in termini economici, ma anche nei suoi benefici intangibili e non monetizzati: esso allarga i nostri orizzonti e rende più profonda la nostra conoscenza di popoli e luoghi; favorisce la comprensione reciproca tra nazioni; promuove una maggiore inclusività e un maggior radicamento sociale; incoraggia la conservazione dell’eredità culturale delle tradizioni; incoraggia la creatività e l’innovazione; favorisce la riqualificazione dei centri cittadini; promuove la consapevolezza della necessità di proteggere le meraviglie della natura. In sintesi, la cultura è un veicolo fondamentale per esprimere e condividere la nostra comune umanità. Essa è di vitale importanza se l’obiettivo ultimo dell’attività economica e dello sviluppo è la prosperità umana autentica.

La mia Delegazione, pertanto, ritiene che, considerati tutti questi benefici e valori della cultura, non dovremmo ridurla alla logica dello scambio di mercato. Da un lato, l’attività economica segue la logica della scarsità, poiché una maggiore scarsità richiede una fornitura più grande. Dall’altro, la cultura deriva dalla logica dell’abbondanza. Quando diciamo cultura vediamo bellezza, e la bellezza, nella sua definizione metafisica, non è altro che una sovrabbondanza di ciò che è vero e buono. La cultura non è intesa per essere privatizzata o per essere esclusiva, ma piuttosto per essere condivisa e per entrare in dialogo con le culture degli altri. La cultura di una comunità è il suo dono al bene comune globale, giacché è un’espressione della sua umanità; e attraverso di essa possiamo entrare in un dialogo autentico, poiché parla alla nostra umanità comune.

Una delle sfide più grandi della globalizzazione è la migrazione. Anche se le persone e i popoli sono in movimento da tempi immemori, la migrazione in realtà è diventata un fenomeno del nostro tempo, al punto che solo una cooperazione sistematica e attiva tra gli Stati e le organizzazioni internazionali può essere in grado di regolamentare e di gestire in modo efficace i movimenti migratori. Il rapporto del Segretario generale su «Migrazione internazionale e sviluppo» descrive molte delle sfide che i movimenti migratori pongono agli Stati e all’intera comunità internazionale. Di fatto, la Santa Sede ritiene che questo fenomeno riguardi tutti, non solo a causa delle sue dimensioni, ma anche per i problemi sociali, economici, politici, culturali e religiosi che solleva.

La Santa Sede vorrebbe evidenziare i casi particolarmente preoccupanti del traffico di esseri umani e le forme di schiavitù contemporanea generate dalla migrazione. Le statistiche suggeriscono che sono circa 27 milioni le persone che vivono in condizioni di schiavitù in tutto il pianeta, subendo sfruttamento sessuale, lavoro forzato e negazione dei loro diritti fondamentali. Si stima che due milioni di donne diventino vittima del traffico sessuale ogni anno, e che molti, bambini compresi, siano vittime del traffico di organi. Ancora più numerosi sono coloro che lavorano per molte ore in fabbriche che li sfruttano, con un salario molto basso e privi di protezioni sociali e legali.

Queste forme moderne di schiavitù sono l’opposto di una globalizzazione mossa dalla cultura dell’incontro e dai valori di solidarietà e di giustizia. Papa Francesco afferma che queste forme di schiavitù moderna sono un crimine contro l’umanità e una ferita aperta sul corpo della nostra società contemporanea.

La mia Delegazione è pienamente consapevole della complessità della migrazione, in particolare per quanto riguarda i suoi aspetti legali, o nei casi di migrazione forzata e di dislocamenti di massa dovuti a conflitti o a catastrofi. Tuttavia, al di sopra e al di là di ogni altra considerazione, occorre sempre vedere il volto umano della migrazione, vedere il migrante come altro essere umano, dotato della nostra stessa dignità umana e dei nostri stessi diritti. Solo allora potremo rispondere alla globalizzazione della migrazione con la globalizzazione della solidarietà e della cooperazione. Inoltre, la solidarietà con i migranti non è sufficiente se non è accompagnata da sforzi per portare la pace nelle regioni tormentate da conflitti e realizzare un ordine economico mondiale più equo.

Dal momento che la globalizzazione ha reso più piccolo il mondo trasformandolo in un villaggio, possiamo anche diventare buoni vicini.

Grazie, Signor Presidente.