Index

  Back Top Print

INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
AL TERZO COMITATO DELLA 69a SESSIONE DELL'ASSEMBLEA GENERALE DELLE NAZIONI UNITE
SUL TEMA: «DIRITTI UMANI»

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA,
OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE PRESSO LE NAZIONI UNITE

New York
Mercoledì, 29 ottobre 2014

 

Signora Presidente,

Desidero ringraziare i diversi Relatori e Mandatari speciali per i loro rapporti e per il lavoro svolto lo scorso anno. Il dibattito odierno porta alla luce un numero elevato di sfide serie ai diritti umani in tutto il mondo e ci ricorda la necessità di ricostruire la fiducia nel sistema dei diritti umani sostenendo i diritti umani fondamentali.

Il diritto alla vita, così come è racchiuso nella legge naturale e protetto dalle norme del diritto umanitario internazionale, è alla base di tutti i diritti umani. La Santa Sede ribadisce che tutta la vita deve essere protetta integralmente in ogni sua fase, dal concepimento fino alla morte naturale.

A tale riguardo, la mia Delegazione apprezza la diminuzione, negli ultimi due anni, del ricorso alla pena di morte nel mondo. Come ha affermato Papa Francesco dinanzi ai rappresentanti dell’Associazione internazionale di diritto penale ricevuti in Vaticano lo scorso 23 ottobre: «È impossibile immaginare che oggi gli Stati non possano disporre di un altro mezzo che non sia la pena capitale per difendere dall’aggressore ingiusto la vita di altre persone». Il Papa raccomanda anche l’abolizione dell’ergastolo, che definisce «una pena di morte nascosta» perché, come la pena di morte, esclude qualsiasi possibilità di redenzione e di recupero. Ha messo in guardia dal «populismo penale» che per risolvere i mali della società privilegia la punizione rispetto a una ricerca più rigorosa della giustizia sociale e a misure preventive. Ciò è particolarmente importante quando si tratta di delinquenza giovanile e di crimini commessi da anziani. Papa Francesco ha invitato tutte le persone di buona volontà a lottare anche per migliorare le condizioni nelle carceri, per rispetto della dignità umana dei detenuti, molti dei quali, in tante parti del mondo, vengono rinchiusi per lunghi periodi senza processo.

Insieme al diritto alla vita, anche il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione continua a dovere affrontare sfide serie in tutto il mondo. In alcune regioni le violazioni contro la libertà di religione si sono moltiplicate e sono diventate più intense nella loro brutalità, specialmente contro le minoranze religiose. La mia Delegazione insiste sul fatto che queste spietate violazioni non devono essere viste solo come violenza contro minoranze etniche e religiose, ma devono anzitutto e soprattutto essere condannate come palesi violazioni di diritti umani fondamentali e trattate di conseguenza.

In altre parti del mondo la libertà di religione deve confrontarsi con gli ostacoli legali eretti dalle autorità pubbliche e subire il comportamento condiscendente, se non addirittura discriminatorio, da parte di certe persone nella società. Alcune autorità cercano di limitare l’osservanza religiosa alla sfera del privato e impongono obblighi legali che sono in conflitto con la coscienza personale e con le credenze religiose. Data questa comprensione travisata della libertà di religione e altri fraintendimenti simili ancor oggi esistenti, la mia Delegazione desidera osservare che la lotta per la libertà di religione è stata alle origini di certe nazioni. Il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione è un diritto umano fondamentale inalienabile; pertanto, è sempre stato e sempre sarà al centro della lotta per il riconoscimento dei diritti umani fondamentali e il loro libero esercizio.

In questo contesto la mia Delegazione apprezza il Rapporto provvisorio del Relatore speciale sulla libertà di religione o di credo (A/69/261) che, tra le altre cose, identifica misure di «ragionevole intesa» per superare la discriminazione e la violazione di questo diritto umano fondamentale nel posto di lavoro. Di fatto, un mondo che davvero rispetta la libertà di religione deve andare oltre la mera tolleranza. La Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo e gli strumenti internazionali relativi ai diritti umani affermano in modo esplicito che la libertà di religione o di credo comprende il diritto di tutti di praticare la propria fede singolarmente o in comunità, in pubblico o in privato, e il diritto di cambiare la propria religione o il proprio credo.

Al fine di rispondere a queste sfide, dobbiamo rafforzare il sistema internazionale dei diritti umani. La mia Delegazione spera che la risoluzione su Rafforzare e migliorare il funzionamento effettivo del sistema degli organi dei trattati sui diritti umani (A/RES/68/268) si traduca in una riforma significativa per un maggior rispetto dei trattati (pacta sunt servanda) e in un controllo fedele e oggettivo, non politico o ideologico.

Signora Presidente,

Con le lezioni apprese dal nostro fallimento nell’arrestare violazioni massicce di diritti umani fondamentali — compresa soprattutto la libertà di religione — e del diritto umanitario internazionale, è giunto il momento di prendere decisioni coraggiose. La mia Delegazione attende con piacere di lavorare insieme a tutte le delegazioni durante questa sessione per rafforzare il rispetto e l’apprezzamento dei diritti umani fondamentali nel mondo.

Grazie, Signora Presidente.