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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
IN OCCASIONE DEL DIBATTITO APERTO DEL CONSIGLIO DI SICUREZZA DELL'ONU
SU «DONNE PACE SICUREZZA»

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA,
NUNZIO APOSTOLICO, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE*

New York
Mercoledì, 15 aprile 2015

 

Signora Presidente,

La mia Delegazione desidera esprimere la propria gratitudine per la Presidenza giordana del Consiglio di Sicurezza di questo mese, nonché per il Dibattito aperto sulla violenza sessuale nei conflitti armati. Desideriamo anche ringraziare la Segreteria Generale per la sua relazione sulla violenza sessuale collegata ai conflitti ed elogiare il lavoro dei rappresentanti della società civile su tale questione.

Alle donne non viene risparmiata nessuna delle brutali conseguenze della guerra, e per giunta sono soggette ad aggressioni estremamente degradanti e traumatizzanti e a conseguenze di lungo termine. È dunque giusto e ragionevole che la loro voce sia presente e influente nel lavoro di prevenzione e di risoluzione della violenza e della guerra.

Signora Presidente,

È ben documentato che la guerra moderna è accompagnata da violenza sessuale di vario genere. Tutti conosciamo la terribile litania: donne che vengono violentate e sono oggetto di commercio, costrette alla prostituzione per guadagnarsi da vivere, terrorizzate individualmente e nel loro ruolo di protettrici dei figli e di altri familiari indifesi. Ogni violenza contro la vita umana è terribile, ma la violenza sessuale è concepita per degradare, disumanizzare, demoralizzare, e ciò in modo unico. Le conseguenze sono profonde e durature, sia fisiche, sia psicologiche. L’odio e l’umiliazione che tali crimini possono provocare sono profondi e certamente intralciano con forza gli obiettivi della pace e della sicurezza, per i quali è stata creata questa istituzione.

L’ultimo anno è stato segnato da nuove e costanti atrocità che hanno implicato la violenza sessuale in diversi conflitti e da parte di gruppi come Boko Haram e il cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e di al-Sham (Isis). Alcune aggressioni nei confronti di donne e ragazze sono dovute puramente alla fede da loro professata. Sebbene oggi questa sia una grande preoccupazione per i cristiani, si tratta certamente di una questione in cui la nostra natura umana condivisa, trascendendo tutte le religioni e le culture, esige l’impegno comune degli appartenenti a tutte le confessioni e dei governi, per condannare con forza e per combattere simili atti atroci, nonché per farsi avanti e proteggere quanti sono minacciati.

Sembra che, negli ultimi anni, siano emerse una più grande consapevolezza internazionale circa la piaga del traffico umano, e anche una risposta crescente. È auspicabile che ci sia una percezione sempre maggiore di quello che Papa Francesco ha definito il “trauma”, che colpisce “corpo [e] anima”, dello stupro come strumento di guerra. Riadattando un’osservazione di Sua Santità, un calo della borsa di due punti è notizia da prima pagina, mentre la violazione di centinaia o persino migliaia di donne passerebbe inosservata.

Signora Presidente,

La mia Delegazione appoggia quei processi indicati nelle successive relazioni presentate dalla Segreteria Generale, in quanto essenziali per assicurare la giustizia alle donne aggredite nei conflitti: indagini efficaci e documentazione; procedimenti coerenti e rigorosi; e ricerche costanti e responsabilità relative alle cause fondamentali della violenza sessuale e di altro genere nei conflitti armati. Sosteniamo gli sforzi per fornire servizi legali, medici e sociali adeguati alle singole donne colpite, alle testimoni e alle sopravvissute, nonché ai loro familiari. Grazie alla presenza locale permanente della Chiesa cattolica nelle aree del mondo più colpite dalle tragedie, una rete di istituzioni e di agenzie cattoliche rispondono in modo rapido ed efficace per far fronte alle conseguenze della violenza nei conflitti armati.

È però sempre doloroso vedere che alcuni continuano a promuovere l’aborto di nascituri come parte del “trattamento” o della risposta all’aggressione subita dalle madri. Ciò contraddice la missione di pace e di sicurezza delle Nazioni Unite e propone di rispondere alla violenza con altra violenza.

Signora Presidente,

È stato spesso osservato in questo organismo, ed è vero, che le donne non sono soltanto vittime, ma anche agenti e collaboratrici necessarie nel lavoro di prevenzione e di risoluzione dei conflitti. Senza il loro contributo, governi, negoziatori e gruppi della società civile non possono comprendere il problema, né proporre soluzioni efficaci. Inoltre, è importante proseguire in ogni Stato membro il lavoro costante e paziente di realizzare una giustizia strutturale per le donne in ogni settore della società. Una visione corretta del ruolo delle donne nella società e la loro integrazione in ogni settore sociale sono aspetti fondamentali per la prevenzione della violenza.

Grazie, Signora Presidente.


* L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n. 092 23/04/2015.