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INTERVENTO DELLA SANTA SEDE
ALLA NONA CONFERENZA DI REVISIONE DEL TRATTATO DI NON PROLIFERAZIONE DELLA ARMI NUCLEARI

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO BERNARDITO AUZA,
NUNZIO APOSTOLICO, OSSERVATORE PERMANENTE DELLA SANTA SEDE
PRESSO LE NAZIONI UNITE*

New York
Mercoledì, 29 aprile 2015

 

Signora Presidente,

Per cominciare, la mia Delegazione desidera esprimere la sua solidarietà e la sua vicinanza alle popolazioni colpite dal forte sisma in Nepal e nei Paesi limitrofi.

Signora Presidente,

La mia Delegazione è lieta di congratularsi con lei e con il bureau per la vostra elezione, e di assicurarvi la sua partecipazione e la sua collaborazione attiva.

Signora Presidente,

Quest’anno ricorre il settantesimo anniversario delle bombe nucleari sganciate su Hiroshima e Nagasaki. Le vittime sono ancora tra noi. Gli hibakusha sono una testimonianza vivente che ci chiama tutti a prendere oggi le giuste decisioni se non vogliamo affrontare situazioni simili domani. Hiroshima e Nagasaki dovrebbero essere un richiamo dell’importanza delle Conferenze di revisione del Trattato di non proliferazione quale strumento per liberare l’umanità dai rischi della guerra nucleare. La ragione stessa del Trattato è ancorata nella dignità della persona umana e nel riconoscimento collettivo delle conseguenze umanitarie catastrofiche di qualsiasi esplosione nucleare.

Gli arsenali nucleari del mondo contengono ancora fin troppe di queste armi. La teoria della deterrenza nucleare è troppo ambigua per rappresentare una base stabile e globale della sicurezza mondiale e dell’ordine internazionale. Al contrario, tali armi sono di per sé inumane e non etiche. Per questo è stato negoziato il Trattato di non proliferazione. Le speranze riposte da alcuni nel sistema di deterrenza quale strategia per prevenire l’uso di armi nucleari e per creare una sicurezza stabile non hanno prodotto il genere di pace e di stabilità che ci si aspettava.

I rischi delle armi nucleari sono ben noti. Sia gli Stati possessori di armi nucleari sia quelli che non ne possiedono sono consapevoli della straordinaria instabilità causata da tali armi. L’instabilità è maggiore in alcune regioni rispetto ad altre, e più acuta in alcuni periodi rispetto ad altri. Le conseguenze di questa instabilità sono troppo importanti per essere adottate come base di un ordine internazionale autentico, pacifico e stabile. Il trattato di non proliferazione è molto lontano dall’idea che l’equilibrio del terrore sia la miglior base per la stabilità politica, economica e culturale nel mondo.

I rischi e l’instabilità collegati all’esistenza di armi nucleari sono un invito urgente a prendere misure concrete ed efficaci per affrontare la situazione, rinnovando in modo collettivo l’impegno alla non proliferazione nucleare e al disarmo nucleare, che sono al centro del Trattato di non proliferazione nucleare. Non c’è alcun dubbio che il cammino più sicuro e certo verso il non utilizzo sia la rinuncia reciproca e totale a queste armi e l’effettivo smantellamento dell’infrastruttura dalla quale dipendono. Sono questa visione e questo impegno per un futuro senza armi nucleari a riunirci. Il Trattato di non proliferazione è uno strumento importante per la sicurezza di tutti. L’incapacità di tradurre in buona fede gli obblighi che esso contiene costituisce una minaccia concreta alla sopravvivenza dell’umanità nel suo insieme.

Signora Presidente,

La natura discriminatoria del Trattato di non proliferazione è ben nota. La discriminazione tra paesi dotati di armi nucleari e quelli che ne sono privi non può essere una soluzione permanente. Tale situazione doveva essere provvisoria. Lo status quo è insostenibile e indesiderabile. Se è impensabile immaginare un mondo in cui le armi nucleari sono disponibili a tutti, è ragionevole desiderare e lavorare collettivamente per un mondo in cui nessuno le possieda. Inoltre, è questa la nostra lettura delle parole e dello spirito del Trattato di non proliferazione.

Il possesso stesso delle armi nucleari continuerà a produrre un costo finanziario enorme. Le spese, attuali e previste, rappresentano risorse che potrebbero, e di fatto dovrebbero, essere destinate allo sviluppo delle società e delle persone. Papa Francesco lo ha ribadito con forza nel suo messaggio al Presidente della Conferenza di Vienna sulle conseguenze umanitarie delle armi nucleari: «Spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni. Dare priorità a simili spese è un errore e uno sperpero di risorse che sarebbero molto meglio investite nelle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta all’estrema povertà. Quando tali risorse sono dilapidate, i poveri e i deboli che vivono ai margini della società ne pagano il prezzo».

Di fatto, il mondo deve affrontare sfide enormi: povertà estrema, problemi ambientali, flussi migratori, conflitti militari, crisi economiche, e così via. Solo la cooperazione e la solidarietà tra le Nazioni permettono di farvi fronte. Continuare a investire in sistemi di armi costose è paradossale. In particolare, continuare a investire nella produzione e nella modernizzazione di armi nucleari è illogico. Ogni anno vengono dilapidati miliardi per lo sviluppo e il mantenimento di scorte che presumibilmente non verranno mai usate. Non è forse legittimo domandare se questi investimenti non sono in contraddizione con lo spirito del Trattato di non proliferazione?

Il possesso di armi nucleari e l’affidamento alla deterrenza nucleare hanno un impatto molto negativo sulle interrelazioni tra gli Stati. Nei dibattiti sulle armi nucleari viene spesso chiamata in causa la sicurezza nazionale. Questo concetto non dovrebbe essere usato in modo parziale e fazioso, e mai in contraddizione con il bene comune. Tutti gli Stati hanno diritto alla sicurezza nazionale. Perché allora la sicurezza di alcuni può essere garantita solo con un particolare tipo di armi mentre altri Stati devono assicurare la propria sicurezza senza di esse? D’altro canto, è artificiale e semplicistico ridurre la pace e la sicurezza degli Stati, in pratica, alla loro dimensione militare. Lo sviluppo socioeconomico, la partecipazione politica, il rispetto dei diritti umani fondamentali, il rafforzamento dello Stato di diritto, la cooperazione e la solidarietà a livello regionale e internazionale, e così via, sono essenziali per la sicurezza nazionale degli Stati. Non è dunque urgente rivisitare in modo trasparente e onesto la definizione che gli Stati, specialmente quelli che possiedono armi nucleari, danno della loro sicurezza nazionale?

Siamo tutti consapevoli che l’obiettivo di un mondo senza armi nucleari non è facile da raggiungere. Come dicono in molti, è una questione complessa e difficile. Tutte le realtà umane sono difficili e complesse. Ma non è né una ragione né una scusa per non ottemperare agli obblighi assunti in conformità al Trattato di non proliferazione. Per questo occorrono tutte le energie e l’impegno. Essi sono ancor più necessari in un tempo di tensioni internazionali. Il ruolo delle organizzazioni internazionali, delle comunità religiose, della società civile e delle istituzioni accademiche è essenziale per non far morire la speranza e per non far prendere il sopravvento al cinismo e alla Realpolitik. L’etica basata sulla minaccia della distruzione reciproca assicurata non è degna delle generazioni future.

La mancanza di un disarmo nucleare concreto ed effettivo prima o poi porterà a rischi reali di proliferazione nucleare. Questa Conferenza di revisione è una sfida per tutti gli Stati parte. Il fallimento non è un’opzione. L’erosione della credibilità del Trattato di non proliferazione potrebbe avere conseguenze catastrofiche per tutti i paesi e per il futuro dell’umanità nel suo insieme.

Per concludere, vorrei di nuovo citare Papa Francesco: «La deterrenza nucleare e la minaccia della distruzione reciproca assicurata non possono essere la base di un’etica di fraternità e di pacifica coesistenza tra i popoli e gli Stati. I giovani d’oggi e di domani hanno diritto a molto di più. Hanno il diritto ad un pacifico ordine mondiale, basato sull’unità della famiglia umana, fondato sul rispetto, sulla cooperazione, sulla solidarietà e sulla compassione». È questa la ragion d’essere del Trattato di non proliferazione delle armi nucleari.

La ringrazio, Signora Presidente.


* L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n. 104 09/05/2015.