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XXII CONSIGLIO MINISTERIALE DELL'ORGANIZZAZIONE
PER LA SICUREZZA E LA COOPERAZIONE IN EUROPA (OSCE)
[BELGRADO, 3-4 DICEMBRE 2015]

INTERVENTO DELL'ARCIVESCOVO PAUL RICHARD GALLAGHER,
SEGRETARIO PER I RAPPORTI CON GLI STATI *

Giovedì, 3 novembre 2015

 

Signor presidente,

partecipando per la prima volta a un Consiglio ministeriale dell’OSCE come segretario per i Rapporti della Santa Sede con gli Stati, vorrei iniziare rivolgendo a questa assemblea i miei saluti e i miei migliori auspici. Desidero inoltre esprimere la gratitudine della Santa Sede al presidente in carica, sua eccellenza il signor Ivica Dačić, primo vice primo ministro e ministro degli Affari esteri della Repubblica di Serbia, come anche all’intera presidenza serba dell’OSCE in carica nel 2015, per gli sforzi profusi in quest’anno e per la generosa ospitalità di questi giorni.

Dall’ultimo Consiglio ministeriale abbiamo assistito a molti conflitti e attacchi terroristici, sia all’interno sia all’esterno della regione dell’OSCE, che hanno portato alla morte e al ferimento di troppi esseri umani. Inoltre, nell’ultimo anno l’Europa ha affrontato una migrazione straordinaria di persone in fuga da guerre e da persecuzioni, come anche dalla povertà e dall’esclusione, in aree confinanti con la regione dell’OSCE. La Santa Sede e la Chiesa cattolica continuano a essere vicine a quanti soffrono e sono esposti alla violenza, non solo attraverso l’assistenza pastorale e il sostegno materiale, ma anche con l’impegno a difendere la dignità umana.

Nelle attuali situazioni di grave conflitto e di terrorismo, vorrei concentrarmi in modo particolare sulla dimensione umana di questa Organizzazione, poiché un fine importante della partecipazione della Santa Sede al CSCE/OSCE è sempre stato quello di promuovere i diritti umani universali e le libertà fondamentali e di incoraggiare soluzioni pacifiche, nel dialogo tra tutte le parti interessate. Citando il cardinale Agostino Casaroli, che rappresentò la Santa Sede alla Conferenza di Helsinki: «Un’Europa dei diritti degli uomini e dei popoli: è questo che deve essere realizzato sempre più pienamente. È una convinzione che già abbraccia il continente: il rispetto della dignità umana è il bene più grande da perseguire» (discorso del cardinale Agostino Casaroli al vertice di Capi di Stato e di Governo, Parigi 1990).

Dobbiamo prendere atto, con profonda preoccupazione, che nell’intera area Osce molte persone e comunità sono soggette a minacce, atti di ostilità e di violenza a causa della loro identità razziale, etnica o religiosa. L’estensione di tali fenomeni e la possibilità che possano scatenare ulteriore violenza e conflitto su più ampia scala, minando in tal modo la pace e la stabilità della regione, esigono una risposta specifica. La Santa Sede continua a essere fiduciosa che l’OSCE e l’ODIHR concentreranno le loro energie, i loro sforzi e le loro risorse sul perseguimento degli impegni già presi, molti dei quali devono ancora essere attuati.

Per quanto riguarda l’intolleranza e la discriminazione, una delle lezioni apprese negli ultimi anni è che ormai è superato parlare di comunità minoritarie e maggioritarie, poiché le vittime possono appartenere a entrambe. In particolare, nel caso dei cristiani, è riconosciuto che subiscono persecuzioni in numerosi Paesi, ma anche laddove sono la maggioranza possono essere, in modi sottili, soggetti a certe limitazioni dei loro diritti. Pertanto, tutte le forme di intolleranza religiosa e di discriminazione devono essere identificate con attenzione e affrontate allo stesso modo.

È importante ricordare, conformemente all’indivisibilità, all’interdipendenza e all’interrelazione dei diritti umani, che gli impegni relativi alla tolleranza e alla non discriminazione non possono essere scissi da impegni di lunga data verso la libertà di religione e di credo. L’attuazione dei primi esige anche la piena attuazione dei secondi: la tolleranza, infatti, non può essere un alibi per negare o non garantire la libertà religiosa. D’altro canto, la tolleranza e la non discriminazione non possono essere usate o interpretate in un modo che sia restrittivo della libertà di religione o di credo o di altre libertà fondamentali.

La Santa Sede ha il particolare dovere di insistere sulla centralità della libertà di religione o di credo, non perché ignora le altre libertà, ma perché la libertà di religione o di credo è la cartina di tornasole per il rispetto di tutti gli altri diritti umani e delle libertà fondamentali. La Santa Sede è convinta che il “credo” contribuisca, sia per l’individuo sia per le comunità, al rispetto della libertà di pensiero, alla ricerca di verità, alla giustizia personale e sociale e allo stato di diritto, che sono tutti necessari se deve esistere un rapporto giusto tra cittadini, istituzioni e Stati.

Per quanto riguarda i pari diritti di uomini e donne, la mia delegazione sostiene fermamente che «il “maschile” e il “femminile” differenziano due individui di uguale dignità, che non riflettono però un’uguaglianza statica, perché lo specifico femminile è diverso dallo specifico maschile e questa diversità nell’uguaglianza è arricchente e indispensabile per un’armoniosa convivenza umana...». «La donna è il complemento dell’uomo, come l’uomo è il complemento della donna: donna e uomo si completano a vicenda, non solo dal punto di vista fisico e psichico, ma anche ontologico. È soltanto grazie alla dualità del “maschile” e del “femminile” che l’ “umano” si realizza appieno» (Compendio della dottrina sociale della Chiesa, nn. 146-147). Pertanto, la Santa Sede appoggia tutti gli impegni volti a una vera e autentica uguaglianza tra donna e uomo, molti dei quali devono essere ancora pienamente attuati.

Per quanto riguarda la seconda dimensione, quella economica e ambientale, dobbiamo tenere in considerazione il fatto che gli esseri umani fanno parte dell’ambiente. Viviamo in comunione con esso, poiché l’ambiente stesso impone limiti etici che l’attività umana deve riconoscere e rispettare. L’uomo, con tutte le sue notevoli capacità, che «mostrano una singolarità che trascende l’ambito fisico e biologico» (Laudato si’, n. 81), fa al tempo stesso parte di questi ambiti. Inoltre, ogni creatura ha un valore in se stessa, di esistenza, di vita, di bellezza e di interdipendenza con altre creature (cfr. Discorso del Santo Padre in occasione dell’incontro con i membri dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, Sede dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, New York, 25 settembre 2015).

L’abuso e la distruzione dell’ambiente sono accompagnati anche da un inarrestabile processo di esclusione. L’esclusione economica e sociale è una negazione della fraternità umana e un grave crimine contro i diritti umani e l’ambiente. A soffrire di più per questi crimini sono i più poveri: sono emarginati dalla società, costretti a vivere di ciò che viene scartato e soffrono ingiustamente a causa dell’abuso dell’ambiente. Sono parte dell’attuale “cultura dello scarto”, che è diffusa e che continua a crescere in silenzio.

Gli impegni solenni non bastano più, anche se certamente sono un necessario passo avanti. Il nostro mondo esige dai suoi leader una volontà politica efficace, pratica e costante, come anche passi concreti e azioni immediate per preservare e migliorare l’ambiente naturale, ponendo così al più presto fine all’esclusione sociale ed economica con le sue tragiche conseguenze: la tratta di persone, il commercio di organi e tessuti umani, lo sfruttamento sessuale di bambini e bambine, il lavoro schiavo, compresa la prostituzione, il traffico di droga e di armi, il terrorismo e il crimine organizzato internazionale.

Nell’attuale situazione di conflitto e di terrorismo ricordata sopra, gli strumenti dell’Organizzazione, designati a disinnescare conflitti e a ripristinare un clima di fiducia e di sicurezza tra gli Stati partecipanti, sono stati messi alla prova in un modo senza eguali. Purtroppo, i fatti ci dimostrano che anche gli strumenti migliori sono inefficaci se non c’è la volontà politica sufficiente ad attuarli in buona fede e se manca il dialogo sincero. Possiamo solo deplorare che, anche di recente, la mancata attuazione di preziosi strumenti di cui dispone l’OSCE, come il Documento di Vienna o il Codice di Condotta, abbia impedito l’emergere delle condizioni necessarie per la risoluzione delle crisi in corso.

Cercare di risolvere le dispute facendo ricorso alle armi piuttosto che ad uno sforzo sincero per trovare soluzioni negoziate è uno sviluppo negativo nella nostra regione. Nel suo primo messaggio per la Giornata mondiale della pace Papa Francesco ha detto: «desidero rivolgere un forte appello a quanti con le armi seminano violenza e morte: riscoprite in colui che oggi considerate solo un nemico da abbattere il vostro fratello e fermate la vostra mano! Rinunciate alla via delle armi e andate incontro all’altro con il dialogo, il perdono e la riconciliazione per ricostruire la giustizia, la fiducia e la speranza intorno a voi!» (Messaggio del Santo Padre Francesco per la celebrazione della XLVII Giornata Mondiale della Pace, 1 gennaio 2014, n. 7).

In considerazione della sua natura e della sua funzione particolari, la Santa Sede sostiene e incoraggia il dialogo costruttivo nella ricerca di soluzioni e strumenti migliori per mantenere la pace e la sicurezza. Seguendo con attenzione gli sforzi compiuti dall’OSCE per consolidare e preservare la pace, e condividendo la preoccupazione per il deteriorarsi, in molti settori, di quelle condizioni di fiducia e di sicurezza che hanno costituito la base di relazioni e negoziati tra gli Stati partecipanti negli ultimi anni, è incoraggiante osservare che il dialogo sugli aspetti della sicurezza nella nostra Organizzazione non si è mai interrotto, e sono fiducioso che possa aumentare e, con la buona volontà di tutte le parti coinvolte, diventare più efficace.

Nell’ambito del disarmo, la Santa Sede ha preso atto della relazione del presidente del Forum di cooperazione per la sicurezza (FSC) sulle attività svolte nel 2015. In particolare, la Santa Sede apprezza i risultati ottenuti nel rafforzamento della sicurezza delle scorte eccessive di piccole armi e di armi leggere, come anche delle munizioni convenzionali.

Per quanto riguarda gli aspetti non militari della sicurezza affrontati dal Comitato per la sicurezza, la Santa Sede apprezza gli sforzi dell’OSCE per rafforzare il coordinamento e la coesione nel far fronte alle minacce transnazionali, compresa la lotta al terrorismo; nel combattere la minaccia dei precursori illegali di droghe e sostanze chimiche; nel promuovere un quadro strategico per le attività di polizia; e nel promuovere misure nell’ambito della cyber-sicurezza. Essi hanno un’importanza inerente come contributo alla tutela dei diritti degli esseri umani.

Per concludere, desidero ribadire alla presidenza serba la mia gratitudine per la sua guida e per gli sforzi profusi quest’anno e augurare all’entrante presidenza tedesca ogni successo, assicurandola della cooperazione e del sostegno della Santa Sede.

Grazie, signor presidente.

  

* L'Osservatore Romano, ed. quotidiana, Anno CLV, n.278, 04/12/2015