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CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER I PARTECIPANTI AL PELLEGRINAGGIO
DELLE OPERE DI SAN PIO DA PIETRELCINA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE

Piazza San Pietro
Sabato, 14 ottobre 2006

 

Eccellenza Reverendissima,
cari Frati Minori Cappuccini,
cari fratelli e sorelle dei Gruppi di preghiera di Padre Pio,
e dell'Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo!

Con gioia mi unisco a voi in questa Eucaristia per ringraziare il Signore dei tanti frutti di bene che l'opera instancabile di Padre Pio ha suscitato nella Chiesa. Tra questi mi piace ricordare particolarmente la "Casa Sollievo della Sofferenza", che il 5 maggio scorso ha commemorato i suoi primi cinquant'anni di vita. Un cordiale saluto rivolgo alla grande famiglia di San Pio:  all'Arcivescovo, Mons. Domenico Umberto D'Ambrosio, e ai pellegrini dell'Arcidiocesi di Manfredonia-Vieste-San Giovanni Rotondo; ai Frati Minori Cappuccini del Santuario di San Giovanni Rotondo e della Provincia, ai dirigenti, ai medici, agli infermieri e al personale tutto della Casa Sollievo della Sofferenza, con un pensiero ai malati che vi sono curati. Un saluto agli aderenti ai Gruppi di Preghiera "Padre Pio", provenienti da ogni parte d'Italia e da altri Paesi. Quella odierna è davvero una grande "festa di famiglia", che vede raccolti attorno all'Altare del Signore quanti a vario titolo si sentono figli spirituali di Padre Pio e si ispirano, nella vita quotidiana, ai suoi esempi ed ai suoi insegnamenti.

Che dire di questo "umile Frate Cappuccino"? È indubbio che la sua figura è circondata da tanta stima e devozione. Si potrebbe quasi dire, utilizzando un linguaggio moderno, che il suo indice di gradimento è assai alto in tutto il mondo. Milioni di persone lo seguono e lo venerano; gente semplice e di cultura, giovani e adulti, operai e professionisti, uomini di Chiesa e persone in cerca di Dio. Non è improprio pensare che il richiamo e il fascino esercitati da questo Cappuccino costituiscano una risposta a quel bisogno di Dio, a quella fame di Trascendenza che abita il cuore degli uomini e delle donne del nostro tempo. Egli è stato un vero apostolo dell'amore misericordioso di Dio, che si rivela nel mistero della Croce.

Nella seconda lettura, che abbiamo ascoltato poco fa, San Paolo scrivendo ai Galati afferma: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo" (Gal 6, 14). Sono parole che Padre Pio ha fatto sue:  in lui vediamo realizzata una perfetta conformità a Cristo crocifisso. Aveva ben chiara la coscienza di essere stato chiamato a collaborare all'opera della salvezza attraverso la Croce. Crocifisso con Cristo, non era più lui a vivere, ma Cristo viveva in lui, come l'apostolo Paolo diceva di sé (cfr Gal 2, 19). Padre Pio scelse la Croce, convinto che tutta la sua vita, seguendo le orme del divino Maestro, sarebbe stata un martirio. Egli stesso ebbe a confidarlo al suo direttore spirituale: "Il Signore mi fa vedere - così scriveva -, come in uno specchio, tutta la mia vita futura non essere altro che un martirio" (Epist. I, p. 368). Una simile prospettiva, però, non lo scoraggiava; nell'intimo si rallegrava di essere chiamato a cooperare alla salvezza delle anime con la sofferenza permeata di preghiera, con una perseverante partecipazione alla Croce di Gesù. Cari fratelli e sorelle, se togliamo la Croce, come possiamo comprendere la vita e la santità di Padre Pio? Se non ci poniamo nella prospettiva della Croce, come possiamo dirci ed essere veramente cristiani? La via della Croce Gesù la propone a tutti coloro che vogliono mettersi alla sua sequela. In effetti, si diventa davvero suoi discepoli soltanto nella misura in cui docilmente si accetta questo mistero. Ma sappiamo bene che la "Via Crucis" prepara la "Via lucis"!

Opportunamente, pertanto, all'inizio della Santa Messa, abbiamo domandato nella Colletta che, uniti costantemente alla passione di Cristo, possiamo, per intercessione di San Pio, giungere felicemente alla gloria della risurrezione.

Padre Pio ci ricorda che la Croce è mistero di dolore e di gioia, di passione e di gloria. Mistero tenuto nascosto, come abbiamo ascoltato poco fa nella pagina del Vangelo, "ai sapienti e agli intelligenti", ma rivelato "ai piccoli". Alla scuola di questo grande Santo dei nostri tempi apprendiamo a percorrere il sentiero arduo della santità con l'umiltà e la fiducia dei semplici e dei piccoli. E non ci spaventino le parole del Signore, anzi producano nel cuore serenità e pace: "Se qualcuno vuole venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà" (Mt 16, 24). Se esigente è la proposta di Gesù, dolce e confortante è il suo invito a trovare rifugio in Lui: "Venite a me - Egli ci ripete quest'oggi - voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò". Ed aggiunge: "Imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime". Dolce è infatti il suo "giogo" e leggero il suo "carico" (cfr Mt 11, 25-30).

L'esistenza di Padre Pio testimonia che la Croce è sorgente di amore, di misericordia e di perdono. Ai piedi del Crocifisso egli imparò a servire i fratelli e a spendersi per la loro eterna salvezza. La cura delle anime e la conversione dei peccatori furono impegno primario del suo sacerdozio, che svolse fino alla morte praticando l'ascolto e la direzione dei suoi figli spirituali e, per questo, trascorrendo lunghe ore nel confessionale. E proprio il ministero di confessore costituisce il maggior titolo di gloria e il tratto distintivo di questo Frate Cappuccino. Chi lo incontrava avvertiva in lui la compassione di Cristo, ed anche quando veniva talora rimandato senza l'assoluzione, il penitente sapeva che se, sinceramente pentito, ritornava al suo confessionale, sarebbe stato accolto con paterna tenerezza. Come non ricuperare, guardando a Padre Pio, la consapevolezza dell'importanza della confessione? Oggi, forse più di ieri, questo Sacramento va riscoperto e valorizzato. La quotidiana esperienza del Santuario di San Giovanni Rotondo, come del resto quella di tanti altri Santuari, testimonia del grande anelito alla riconciliazione e al perdono che pulsa nel cuore dell'uomo moderno.

Dalla vita di Padre Pio traspare con singolare eloquenza un altro insegnamento: l'importanza della preghiera. A chi gli chiedeva un parere sulla sua persona, amava rispondere: "Non sono che un povero frate che prega". Davvero la forza dell'orazione ha animato tutta la vicenda umana dell'umile Frate del Gargano, diventato egli stesso, con il passare del tempo, preghiera vivente. Pregava sempre e ovunque con umiltà, fiducia e perseveranza. La preghiera è l'eredità che ha lasciato alla famiglia dei "gruppi di preghiera", sparsi ormai in tutto il mondo. È importante che essi la mantengano viva, ricordando queste sue significative parole: "La preghiera è la migliore arma che abbiamo, è una chiave che apre il Cuore di Dio". La preghiera è strada sicura che ci introduce in quella vera conoscenza di Dio di cui ci ha parlato il profeta Geremia nella prima lettura; una conoscenza che diventa comunione profonda con il Signore "che agisce con misericordia, con diritto e con giustizia sulla terra" (cfr Ger 9, 23).

Santa Teresa di Lisieux, con una immagine ardita e profonda, ha osservato: "Un saggio ha detto: "Datemi una leva, un punto di appoggio, e io solleverò il mondo". Quello che Archimede non ha potuto ottenere, perché la sua richiesta non si rivolgeva a Dio ed era espressa solo da un punto di vista materiale, i santi l'hanno ottenuto pienamente. L'Onnipotente ha dato loro, come punto d'appoggio, se stesso e sé solo; come leva, la preghiera che infiamma di fuoco d'amore, e così essi hanno sollevato il mondo; così lo sollevano i santi della Chiesa militante; e lo solleveranno ancora i santi futuri, fino alla fine del mondo" (Manoscritto C, 338).

Da ultimo, non posso non ricordare i tanti gesti compiuti da Padre Pio per venire in aiuto al prossimo e specialmente ai sofferenti. L'opera più nota ed importante è sicuramente la "Casa Sollievo della Sofferenza". Sapeva bene che per recare sollievo all'ammalato non basta la corretta applicazione delle terapie mediche; c'è bisogno anche e prima di tutto di amore, da comunicare con quello stile di attenta dedizione che raccomanda il Signore: "Ero malato e mi avete visitato" (Mt 25, 36), perché chi soffre sperimenti la misericordia divina attraverso l'amorevole cura dei fratelli. Quella "umanizzazione della medicina", di cui oggi tanto si parla, egli l'aveva raccomandata fin dall'inizio a tutti gli operatori sanitari del suo Ospedale.

In questo modo Padre Pio ci ha insegnato con la lezione dei fatti che l'amore di Dio e l'amore del prossimo non vanno mai disgiunti; anzi, l'uno richiama necessariamente l'altro. È, questa, una verità fondamentale del cristianesimo, che il Santo Padre Benedetto XVI ha voluto mettere in evidenza, all'inizio del suo Pontificato, con la Lettera enciclica Deus caritas est - Dio è amore (cfr nn. 16-18). Ci aiuti Padre Pio a convertirci sempre più all'amore di Dio e del prossimo; ci aiuti a trovare nella Croce la sorgente di quel fuoco che distrugge l'odio e l'indifferenza. Vivificati dal mistero eucaristico, che ci apprestiamo a celebrare, potremo amare il Signore con perseverante dedizione, e saremo pronti a prodigarci con instancabile carità verso tutti, seguendo le orme di questo grande testimone del Vangelo nel nostro tempo (Orazione dopo la Comunione). Interceda per noi Maria, che l'umile Cappuccino del Gargano invocava come Madonna delle Grazie. Amen!

 

 

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