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OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE
A CONCLUSIONE DELLE CELEBRAZIONI
PER IL V CENTENARIO DELLA FONDAZIONE
DELLA GUARDIA SVIZZERA PONTIFICIA

Cappella della Guardia Svizzera
Memoria di san Martino, Vescovo di Tours
Sabato, 11 novembre 2006

 

Cari amici della Guardia Svizzera Pontificia,

è per me un onore e una gioia il fatto di ritrovarmi in mezzo a voi per celebrare il vostro Santo Protettore, san Martino, definito dalla tradizione storica:  "Soldato per forza, Vescovo per dovere, monaco per scelta". Ringrazio specialmente il Signor Comandante che mi ha invitato, a nome vostro, a concludere così solennemente le festività per il V centenario della fondazione della Guardia Svizzera Pontificia.

La prima lettura della S. Messa di stasera ripropone il famoso passo del Profeta Isaia che Gesù ha applicato a se stesso, e che rappresenta la vocazione di ogni battezzato.

La missione del cristiano, in virtù del suo battesimo, consiste nell'annunziare il Vangelo, nel confortare gli afflitti, nell'essere messaggero di libertà, di quella vera libertà che scaturisce dal Vangelo. In poche parole, essere messaggeri del Vangelo, e cioè di Cristo, significa manifestare la carità amorosa e misericordiosa del Signore.

Con san Martino, ci troviamo di fronte ad una persona che compie un atto di vera carità teologale "vestire quello che è nudo", anche prima di ricevere la grazia del battesimo.

Ricordiamo bene quel gesto magnifico del giovane Martino che incontra lungo la strada di Amiens un povero che muore dal freddo e, spontaneamente, taglia il suo bel mantello militare per condividerlo col povero. Sappiamo, poi, che nella notte seguente gli apparve il Signore dicendo "Martino, ancora catecumeno, mi ha rivestito col suo mantello". Tale gesto manifesta sì, una predisposizione particolare del giovane Martino all'amore dei fratelli, però, anzitutto, nel gesto di Martino che copre con la metà del suo mantello il povero, si rivela la tenerezza del Signore. Lo stesso atto di rivestire il povero col suo mantello costituisce un atto di carità che suppone l'unione di Martino a Dio, identificato nel povero, anche se non era ancora segnato dalla grazia battesimale. Vi è già in Martino il fuoco della carità che sta vibrando e il Battesimo sigillerà questa predisposizione al bene: "Gratia non destruit, sed perficit naturam".

Il Vangelo che abbiamo ascoltato or ora ci permette di capire meglio il necessario impegno missionario che scaturisce dal nostro essere cristiani. La luce che riceviamo da Cristo, dagli insegnamenti della Chiesa, del Papa, è una luce che necessariamente dobbiamo comunicare, a parole e, soprattutto, negli atti, nel modo concreto di vivere ciò che professiamo. Nella sua Enciclica "Deus caritas est", il Santo Padre Benedetto XVI menziona in modo esplicito la figura di san Martino: "Guardiamo infine ai Santi, a coloro che esercitano in modo esemplare la carità. Il pensiero va, in particolare, a Martino di Tours (+ 397), prima soldato, poi monaco e vescovo:  quasi come un'icona, egli mostra il valore insostituibile della testimonianza individuale della carità".

Vi è, a Marmoutiers, il luogo del ritiro eremitico di san Martino, nei pressi di Tours; un luogo che le Guardie Svizzere, che sono andate in Francia quest'anno, avranno visto, che si chiama il "riposo di san Martino". È il posto in cui si pensa che il santo conservasse accesa una luce vicino alla quale pregava e si raccoglieva per ricevere da Dio la luce per la sua anima, e cioè il fuoco dell'amore verso il suo Signore. La carità di Martino è il frutto diretto della sua vita contemplativa e di unione a Dio. La caratteristica della vita cristiana è proprio anzitutto la disponibilità a Dio, alla Sua grazia. Anche la Guardia Svizzera trova nella vicinanza a Dio, nella preghiera, un'ispirazione particolare per la sua disponibilità al servizio, non sempre facile e a volte molto esigente.

Il fatto che la Guardia Svizzera Pontificia abbia san Martino come protettore non è fortuito. Non solo perché Martino era soldato, ma anche perché Martino è stato il modello del cristiano che si è impegnato, alla luce della sua fede, a manifestare lo spirito di servizio a Cristo e alla Chiesa. Il servizio che, da ormai 500 anni stanno svolgendo le Guardie Svizzere accanto alla Persona del Successore di Pietro è un servizio alla Chiesa, una custodia del mistero della fiducia messa da Cristo in Pietro e nei suoi successori.

Vi è un'altra carità di san Martino che è meno conosciuta e che mi piace ricordare:  è la sua carità che chiamerei "eucaristica", che ci viene riportata da Venanzio Fortunato. Già Vescovo, Martino si preparava per celebrare la S. Messa quando bussò alla porta della sagrestia un povero chiedendo l'elemosina. Mentre l'Arcidiacono lo volle rimandare senza dargli nulla a motivo del prossimo inizio della Messa, Martino insistette perché gli si offrisse qualcosa. Di malumore, l'Arcidiacono se ne andò e riportò degli stracci per l'indigente. Nel frattempo, Martino si era tolto i paramenti sacri e aveva fatto dono al povero dei propri vestiti, prima di rivestirsi di nuovo con i paramenti. Durante, l'elevazione, apparve sopra la sua testa un globo di fuoco, quello della carità ardente che aveva manifestato nei confronti del povero. Dopo la Messa, tutti si accorsero del fatto che il Vescovo, sotto i paramenti, portava solo quegli stracci che l'Arcidiacono aveva riservato per il povero.

L'episodio ci fa ricordare la necessità della coerenza della nostra vita eucaristica con la nostra vita cristiana quotidiana. La nostra carità non è nostra, è di Cristo e scaturisce dalla nostra fede eucaristica, mentre la nostra devozione eucaristica non può che sbocciare su un amore sempre maggiore, su uno spirito di servizio, di disponibilità sorridente, nei confronti di Cristo, della Sua Chiesa, dei fratelli e soprattutto dei fratelli più vicini. L'Eucaristia è fermento di unità vera e duratura.

Ciascuno è chiamato a fare quanto può per edificare la fraternità con degli interventi concreti, con degli sforzi precisi. Sotto questo profilo vorrei sottolineare quanto la disciplina che caratterizza il vostro ritmo di vita, pur potendo, a volte, sembrare austera per dei giovani, è anche scuola di formazione umana e cristiana. Non a caso, sia san Martino, che volle attorno a sé il suo clero e i futuri chierici, che Don Bosco, che volle radunare i giovani di strada, lasciati troppo a sé, sono stati dei maestri di educazione umana e cristiana, nel senso forte della parola. L'esperienza di vita che fate insieme deve sempre rimanere anche una scuola di vita sociale e di carità fraterna.

Cari amici della Guardia Svizzera Pontificia, avete celebrato quest'anno il 500 anniversario della vostra esistenza, ringraziando il Signore per avere avuto il privilegio di servire il Papa e la Chiesa in un modo così insigne. Allo stesso tempo, è stato per tutti noi un'occasione per apprezzare ancor più la qualità del vostro servizio e l'abnegazione generosa che dimostrate dedicando alcuni anni della vostra vita per un servizio così specifico, che non può non essere sostenuto da una fede profonda e da uno spirito, oserei dire, missionario.

Non per caso si incontrano delle vocazioni sacerdotali e religiose fra le ex-guardie svizzere, ma anche delle famiglie esemplari che sanno costruire, con la grazia di Dio, un focolare solido, e che sa manifestare un forte impegno nella vita della Chiesa.

Come san Martino, che, imitando san Paolo e sino al momento della morte disse "Non recuso laborem ... fiat voluntas tuas", vi invito a continuare a lavorare con il medesimo impegno di servizio come fece san Martino, gigante della santità e dell'apostolato, primo confessore della fede, non martire, ad essere venerato con rito liturgico.

Mi piace infine ricordare, in questa Cappella dedicata a san Martino, come la parola "cappella" è proprio legata a san Martino, poiché il termine venne usato per l'edificio in cui si custodiva la famosa "cappa", il mantello di san Martino. Possa la Guardia Svizzera essere la testimonianza di questa protezione sicura che si trova nell'amicizia col Signore e nella solida unione fraterna.

 

 

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