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CELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER GLI AUGURI NATALIZI ALLA SEGRETERIA DI STATO

OMELIA DI S.Em. CARD. TARCISIO BERTONE

Aula della Benedizione
Giovedì, 21 dicembre 2006

 

Nell'imminenza del Natale la liturgia ci fa accostare con trepidazione e amore agli eventi dell'Incarnazione e agli atteggiamenti della Vergine Madre, modello della Chiesa.

Ieri, il racconto dell'annunciazione ci ha fatto meditare sulla fede di Maria, sulle sue domande e sulla sua gioiosa risposta. Cominciamo ad intravedere il mistero che nasce nella vita di una persona quando si lascia invadere dallo Spirito. Ma c'è un passo che va oltre.

Quando Dio entra nel cuore bisogna portarlo. Bisogna andare. È questo è il mistero della Visitazione.

Ed è per questo che ci soffermeremo ad analizzare il racconto evangelico come se fosse una sequenza filmica: ogni verbo usato dall'evangelista è come una inquadratura, che permette di mettere a fuoco la vita della Vergine.

1. L'appello

Tutto prende l'avvio da un appello. L'angelo, qual segno, le ha dato una notizia: "Vedi, anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei che tutti dicevano sterile".

Il segno è questo: "Nulla è impossibile a Dio". Ma è un segno che si trasforma in appello. Il segno di Dio è, al contempo, rivelazione del suo operare tra gli uomini e segnalazione d'un bisogno. Il bisogno di Elisabetta invade il campo di coscienza di Maria; è un bisogno che viene prima del suo stesso bisogno, prima della preoccupazione per la sua salute, per il bambino che lei stessa porta in seno, e un viaggio pericoloso viene prima della fatica stessa che comporterà questo andare. Tutto passa in second'ordine.

Il primo movimento d'ogni missione è accorgersi del bisogno altrui, assumerlo fino a farlo proprio e condividerne la pena.

2. L'andare

Ecco il secondo movimento: "Si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda".

Maria va verso la Giudea. Secondo la tradizione più accreditata, il villaggio verso cui si dirige è Ain-Karim a 6 Km a ovest di Gerusalemme. Maria ne percorre 150, partendo da Nazareth. E qui Maria diventa profezia. Comincia ad annunciare il grande cammino che farà Colui che porta nel seno, e si mette in viaggio per aiutarci a capire che cosa vuol dire Gesù quando afferma: "Sono venuto non per essere servito ma per servire" (Mc 10, 4).

Camminare è scomodarsi, uscire dall'ambiente consueto di vita, lasciarsi alle spalle le sicurezze, rischiare se stessi per un'avventura che è imprevedibile; è fare la strada sotto il sole per conoscere l'arsura e la spossatezza.

Se l'amore non diventa fatica, se non ti scomoda, non ti preoccupa, non ti fa gustare una qualche privazione, forse non è vero amore.

3. Il dialogo

Il terzo fotogramma della sequenza ci parla di un dialogo. Tutta la scena è dominata dallo scambio di battute tra due persone straordinarie. È il mistero della comunicazione. Due donne: ciascuna porta un segreto difficile da comunicare: l'attesa di un figlio. Elisabetta fatica a dirlo a causa dell'età, della novità, della stranezza; Maria fatica a parlarne perché non può spiegare a nessuno le parole dell'angelo. Se Elisabetta ha vissuto, secondo la narrazione evangelica, nascosta per alcuni mesi in una sorta di solitudine, infinitamente più grande è la solitudine di Maria.

Quando le due donne si incontrano, Maria è regina nel salutare per prima, è regina nel saper rendere onore agli altri, perché la sua regalità è di attenzione premurosa e preveniente.
E la sua attenzione ottiene un effetto straordinario: "Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo". Elisabetta si sente capita fino in fondo, e ciò che prima era per lei motivo di timore diventa gioia, ma il primo a capire e a sussultare è il bambino! Contemporaneamente però capisce anche il mistero che Maria non le ha detto: "Benedetta tu tra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo".

Immaginiamo facilmente l'esultanza e lo stupore di Maria che, senza averle detto una parola, si sente compresa, accolta, riconosciuta, amata ed esaltata. "A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?". Elisabetta sa tutto, tutto ha capito. Quale rivelazione ha dunque avuto?
Nessuna. Semplicemente si è lasciata coinvolgere dal saluto di Maria e, per grazia di questo saluto, l'ha compresa e l'ha accolta nella pienezza della gioia.

Maria si sente lodata per ciò che è specificatamente suo. Lei, si è fidata della Parola, si è raccolta nel fiat e in questo ha riassunto la sua vita. La sua fede inspiegabile agli altri, le viene ora riconosciuta.

Il mistero della Visitazione ci parla quindi di una compenetrazione di anime, di una accoglienza mutua e discretissima che non si logora con la moltitudine delle parole, ma che, con semplici accenni permette una comunicazione e un riconoscimento perfetti (cfr C.M. Martini).
La carità è incontro, comunicazione, dialogo interpersonale, compenetrazione d'anime. Maria è il paradigma della comunicazione. Chi non si rende capace di comunicazione, suscitata e diretta dalla carità, difficilmente diventa evangelizzatore. Chi non sa automaticamente dialogare, chi non sa far spazio all'altro, per ascoltarlo nel profondo, forse non riuscirà mai a stabilire quale contatto misterioso che consente la rivelazione del mistero di Dio.

4. L'ospitalità

Il quarto fotogramma ci presenta una scena di ospitalità. L'ospitalità è condivisione della vita.

Elisabetta e Maria si ospitano una con l'altra, condividono il tetto e il cibo, le trepidazioni e le gioie, la debolezza e il coraggio. E in questo condividere la vita giungono a condividere il cuore stesso d'ogni vita: Dio che abita ogni vita umana. Dio che visita ogni evento della storia.

Quel Dio che si rivela e dona là dove due o tre mettono in comune se stessi e operano la carità. Perché la carità è comunione, la carità è Dio stesso.

Maria entra nella casa di Zaccaria. Affronta quest'avventura. Passa del tempo con Elisabetta, partecipa alla vita semplice di questa famiglia, si fa compagnia. Ed è così che essa dona il Cristo, che fa esplodere il cantico della lieta notizia, che rende tutti partecipi del mistero del Dio fatto uomo.

Si parla tanto in questi tempi, di una compagnia della fede, o meglio, della fede che si fa compagnia per poter suscitare ed educare la fede del fratello. Si tratta di farsi ospitali nei confronti degli altri, di condividere ciò che essi vivono, di partecipare alla loro ricerca. Di assumere i valori positivi che portano dentro per aiutarli ad esplicarli, purificarli, potenziarli, fino a giungere a quella domanda radicale, a quella disponibilità interiore che apre all'incontro con Dio.

Senza imporre, senza forzare, senza pretendere oltre la capacità. È itinerario di una fede matura che vive accanto a una fede magari vacillante e che sa pazientare e oltre sperare, testimoniare e annunciare.

Cos'è la compagnia?

- La compagnia è condiscendenza: uno scendere dalle proprie altezze, così come il Padre si è fatto cumdiscendens nel Figlio; è povertà a imitazione della prassi di Dio che annienta se stesso e si fa povero (Fil 2, 7; 2 Cor 8, 9).

- La compagnia è incarnazione: come il Verbo che si è calato dentro a situazioni particolari e le ha assunte in totalità, per riempirle di valore salvifico.

- La compagnia è sacramento: parola e gesto, come il Figlio di Dio che dona salvezza tramite un'economia sacramentale di gesti e parole che rivelano e comunicano l'amore infinito.

- La compagnia è fedeltà: l'accompagnamento non calcola sui tempi, non sbircia con sguardo inquieto il calendario, non si stizzisce per la mancanza di una risposta immediata, cammina con, fianco a fianco, per tutto il tempo che sarà necessario facendosi così epifania della fedeltà di Dio.

Offro queste riflessioni ispirate dal Vangelo di oggi come criterio per un esame di coscienza condiviso sui primi 100 giorni del nostro "camminare insieme". Missione, comunicazione, compagnia, sono le coordinate che ci interpellano e ci guidano.

Guardando a Maria e al Natale siamo pervasi da forti emozioni e sospinti da santi propositi. Non spegniamo l'ispirazione. Nell'Incarnazione che si rinnova, il Figlio di Dio si unisce personalmente a ciascuno di noi per portare a compimento la volontà di Dio e la nostra piena riuscita come collaboratori di Dio, secondo la vocazione e la missione propria di ciascuno.

Buon Natale e Buon Anno!

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