The Holy See
back up
Search
riga
SANTA MESSA IN OCCASIONE DELLA XXIX EDIZIONE
DEL PELLEGRINAGGIO NOTTURNO A PIEDI
DA MACERATA ALLA SANTA CASA DI LORETO

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Stadio "Helvia Recina", Macerata
Sabato, 2 giugno 2007

 

Cari fratelli e sorelle,

grazie per avermi invitato a presiedere questa Celebrazione eucaristica, prima che vi mettiate in cammino per la 29 edizione del pellegrinaggio notturno da Macerata a Loreto. Il primo grato pensiero lo rivolgo a Mons. Claudio Giuliodori, da poco tempo alla guida di questa diocesi, come pure agli altri Vescovi presenti, in modo speciale a Mons. Giancarlo Vecerrica, Vescovo di Fabriano-Matelica ed animatore di questo vostro annuale appuntamento fin dalle prime edizioni. Con vero piacere mi unisco a voi, cari giovani, che siete arrivati da ogni parte d'Italia ed anche dall'estero. Questa bella e significativa iniziativa di fede e di devozione mariana è nata alla scuola del compianto don Luigi Giussani, che ha sempre formato i giovani alla bellezza di essere cristiani. Di anno in anno, questo pellegrinaggio, proposto da persone educate alla fede nel Movimento Comunione e Liberazione, vede aumentare il numero dei partecipanti, delle associazioni e dei movimenti che vi aderiscono, pur trattandosi di una proposta spirituale esigente, che comporta non poca fatica e sacrificio.

Vi accompagnerà nel vostro pellegrinaggio la "fiaccola della pace", che mercoledì scorso il Santo Padre ha acceso e benedetto in Pazza San Pietro, al termine dell'Udienza generale. Questa fiamma sia per voi stimolo ad essere apostoli di pace e a restare sempre uniti con il Successore di Pietro, Che mi ha incaricato di recare a tutti voi il suo beneaugurante saluto e una sua speciale Benedizione. Il Papa vi incoraggia a seguire Cristo, Luce vera che non tramonta, e ad essere voi stessi fiaccole di amore di Dio, che oggi contempliamo nel mistero della Santissima Trinità. Ad una settimana dalla solennità della Pentecoste, la liturgia ci fa infatti celebrare, in questa domenica, la festa della Santissima Trinità, festa che proietta la luce divina su tutti i giorni dell'anno e, potremmo dire, su tutta la nostra esistenza. In effetti fin da bambini, nelle nostre famiglie, abbiamo appreso la buona abitudine di iniziare ogni azione - e ogni giornata - nel "nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo". Quest'oggi ci soffermiamo a meditare sul "sommo mistero trinitario", il mistero di Dio che Gesù ci ha rivelato e che la Chiesa ripropone alla nostra fede.

Il mistero di Dio! "Dio, chi è questo Dio?", esclamava con furore di miscredente, ma pure con un intimo e profondo travaglio di coscienza, l'Innominato nei "Promessi Sposi" del Manzoni. Questa stessa domanda si pongono, in maniera più o meno riflessa, tutti gli uomini: i credenti e gli atei, gli antichi e i moderni. La domanda su Dio qualcuno l'ha definito "la grande domanda" (the big question). Gli Stati atei e le culture materialiste hanno cercato e cercano di cancellare il nome di Dio, ma è difficile spegnere nel cuore dell'essere umano la sete del divino. La risposta al grande interrogativo - "Dio, chi sei?" - è chiusa nel mistero perché il Tutto non può essere costretto nell'atomo dell'intelligenza umana. Eppure questo mistero si è andato sempre più chiarendo non tanto per lo sforzo umano, dimostratosi sempre inadeguato, ma perché Iddio stesso ha pensato di rivelarsi agli uomini gradualmente. E in Cristo il mistero di Dio ha trovato il punto massimo della sua manifestazione. Tuttavia, come scrive l'apostolo Paolo nella prima Lettera ai Corinzi, solo alla fine dei tempi Egli sarà "tutto in tutti" (cfr 15, 28).

Ma veniamo brevemente ai testi della Liturgia. Nella prima Lettura, tratta dal libro dei Proverbi, l'autore sacro presenta Dio che, durante la creazione, dialoga con la Sapienza personificata. La tradizione cristiana ha visto nella Sapienza quel "Verbo" che "era nel principio" e per mezzo del quale tutto è stato fatto. Ciò sta a dire che già il momento della creazione è radicalmente segnato dal dialogo tra Dio e la Sapienza, tra il Padre e il Figlio. Le "fondamenta della terra", ossia il cuore stesso di ogni realtà umana, porta l'impronta di questo singolarissimo rapporto tra il Padre e il Figlio. Potremmo dire che ogni cosa reca l'impronta della comunione tra il Padre e il Figlio, ossia l'impronta dello Spirito. Nulla è estraneo alla Trinità, perché tutto è stato fatto ad immagine di Dio, tutto è segnato dallo Spirito Santo, che ci rende tempio di Dio, sua casa, sua dimora, ci rende tutti suoi familiari.

La Lettera ai Romani, che abbiamo ascoltato poco fa, parla dell'amore che Dio ha effuso nei nostri cuori per mezzo proprio dello Spirito Santo (cfr Rm 5, 1-5), ed il Vangelo di Giovanni (cfr 16, 12-15) riferisce alcune delle parole che Gesù pronunciò durante l'Ultima Cena. Quante cose il divino Maestro aveva ancora da comunicare agli Apostoli, prima di lasciarli! Non solo ormai non aveva più tempo a disposizione; soprattutto erano i discepoli a non essere ancora capaci di comprendere tutto quello che Egli diceva loro. Ma Gesù promette: "Quando verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma vi dirà tutto ciò che ha udito e vi annunzierà le cose future" (Gv 16, 13). Lo Spirito condurrà i discepoli nel cuore del mistero di Dio, li introdurrà nella vita di Dio, che è comunione di amore tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Sì, Dio, il nostro Dio non è un'entità solitaria; il Dio di Gesù è una "famiglia" di tre Persone che si vogliono così bene da essere "Uno". Ebbene, questa ineffabile "famiglia" è entrata nella storia degli uomini e invita tutti a farne parte. Il senso della creazione prima, e della redenzione poi, sta proprio nel fatto che l'umanità è chiamata a vivere dell'amore divino. All'origine e al termine di ogni cosa, di ogni uomo e di ogni donna, all'inizio e al termine della storia c'è la comunione del Padre, del Figlio e dello Spirito. L'orizzonte trinitario ci avvolge tutti. La Comunione è il nome stesso di Dio.

Noi entriamo veramente nel cuore stesso della Trinità, con Cristo nell'Eucaristia, come Jim.
Jim è un ragazzo la cui storia è stata raccontata da un sacerdote di una piccola parrocchia del centro Italia. Un ragazzo di circa diciotto-vent'anni entrava ogni giorno in chiesa, si fermava qualche minuto e poi di corsa scappava via. Gli abitanti, preoccupati, hanno avvisato il parroco: il giovane forse andava a cercare soldi, a scassinare le cassette dell'elemosina? Bisognava stare attenti. Il parroco si nascose nel confessionale e vide che a mezzogiorno in punto il ragazzo entrava in chiesa, si avvicinava al tabernacolo e iniziava un brevissimo colloquio con Gesù: "Ciao Gesù, sono Jim, sono venuto a trovarti, sto bene, ti ricordo questi miei amici, ciao, ritornerò di nuovo domani...". Il parroco rimase sbalordito. Dopo un po' di tempo Jim non si vide più; aveva avuto un incidente stradale e si trovava in un ospedale. Il parroco decise di andare da lui e vedutolo tutto fasciato gli chiese: "Come stai?". "Sto bene", rispose. E il parroco: "Come fai a stare bene, ad essere così sereno in questa situazione, dopo questo terribile incidente?". Jim rispose: "È molto semplice, ho un amico che viene sempre a mezzogiorno a trovarmi. Viene Gesù e mi dice: "Ciao Jim, sono Gesù, sono venuto a vedere come stai. Abbi fiducia, guarirai, non temere". Così io sono contento e spero che Gesù sia contento di me". Si tratta di un racconto storico o soltanto di una parabola? Vale comunque la pena di conoscerlo.

Ma riprendiamo il filo del nostro discorso.

"Ed io che sono?": la domanda del vostro conterraneo Giacomo Leopardi, che avete proposto come tema-guida di questa edizione del pellegrinaggio Macerata-Loreto, si pone a questo punto dinanzi a noi e ci interpella profondamente. "Che sono io?". Come può comprendere la persona il senso della sua esistenza indipendentemente da Dio? L'uomo arriva a capire pienamente se stesso solo a partire da Colui che per amore l'ha creato e con l'amore lo fa vivere. In questa prospettiva suonano eloquenti le parole del Salmo responsoriale: "Signore, che cosa è l'uomo perché te ne ricordi?" (Sal 8). Come ha scritto il Papa nella recente Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis, Iddio viene incontro all'uomo che "porta in sé l'insopprimibile desiderio della verità, ultima e definitiva. Per questo, il Signore Gesù, "via, verità e vita" (Gv 14, 6), si rivolge al cuore anelante dell'uomo, che si sente pellegrino e assetato, al cuore che sospira verso la fonte della vita, al cuore mendicante della verità. Gesù Cristo, infatti, è la Verità fatta Persona, che attira a sé il mondo". In Dio, che in Cristo ha rivelato la potenza del suo amore, ogni essere umano trova se stesso. Il mistero trinitario, che oggi contempliamo, ci introduce così nell'amore, ci spinge a vivere nell'amore, a vivere per l'amore, a vivere di amore, certi che là dove c'è amore, lì c'è Dio. Quanti uomini e quante donne non hanno ancora incontrato l'amore vero, l'Amore che è Dio! Ecco perché nel mondo c'è odio, indifferenza, guerre e violenza, solitudine e tristezza, fame e miseria. Ma il Signore non si è rassegnato ad una umanità senza amore, e ci ha donato in Gesù Cristo il suo Spirito, sceso come fuoco ad infiammare e consolare i nostri cuori. Lo Spirito ci ha resi uomini e donne spirituali, cioè uomini e donne votati all'Amore. Questa è la nostra missione; questa è la vocazione a cui Dio chiama anche voi, cari giovani. Vi aiuti a portarla a compimento Maria Santissima, Madre della speranza, che vi accoglierà domani nella santa Casa di Loreto, al termine di questa notte di cammino e di preghiera.

top