The Holy See
back up
Search
riga

VISITA DEL CARDINALE SEGRETARIO DI STATO
 TARCISIO BERTONE IN ARMENIA E AZERBAIGIAN

VISITA ALL’OSPEDALE "REDEMPTORIS MATER" ASHOTSK

DISCORSO DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Ashotsk (Armenia)
Martedì, 4 marzo 2008

 

Eccellenze,
cari Religiosi e Religiose,
Signor Direttore Sanitario, stimati medici e operatori sanitari,
carissimi malati!

Sono particolarmente lieto di visitare questo Ospedale, voluto dalla solidarietà del Servo di Dio Papa Giovanni Paolo II, per il tramite soprattutto della generosità della Caritas Italiana. Fu costruito all’indomani del terribile terremoto che, quasi vent’anni fa, colpì questa terra provocando un gran numero di vittime. In quella che era ancora la Repubblica Socialista Sovietica di Armenia, e in assenza di qualsiasi forma organizzata della Chiesa Cattolica, fu questo il primo segno di amore e di vicinanza che il Papa poté mostrare al popolo armeno. Lo volle qui, in quest’area più periferica e per molti aspetti più sofferente del Paese. La generosa quanto pronta disponibilità dei Camilliani e delle Piccole Sorelle di Gesù consentì a quest’opera di servire i poveri, che sono le membra sofferenti del Corpo di Cristo, in piena gratuità, per tutti questi anni. Quanti malati sono passati di qui in questo periodo, dall’Armenia e dalla vicina Georgia! E quanta carità si è da qui irradiata nei numerosi ambulatori collocati nei paesi limitrofi e nelle attività di aiuto alle famiglie. Queste attività costituiscono l’instancabile ed encomiabile impegno dei Religiosi. Il Papa Giovanni Paolo II desiderava ardentemente visitare questo luogo, ma le sue condizioni di salute e le asperità del percorso non glielo permisero. Ora io sono venuto, inviato dal suo Successore, Sua Santità Benedetto XVI, quasi per portare a compimento quel desiderio.

So bene quanti segni della Provvidenza, quanti veri miracoli accompagnarono la scelta di questo luogo, la costruzione e la conduzione di quest’opera. So come essa portò ad incontrare, apparentemente per caso, tanti cattolici che nei villaggi vicini avevano mantenuto la loro fedeltà. Eppure neppure un solo sacerdote era stato lasciato dal potere ateo ad assisterli. So come conservarono le piccole chiese con le loro stesse mani, collocandovi quanto di più bello avevano. Questa è la gloria della Chiesa! E il Papa seguì giorno dopo giorno l’edificazione di questo Ospedale. Ne benedisse il plastico in Vaticano alla presenza dei primi collaboratori. Ne chiese instancabilmente notizia. Destinò ad esso direttamente in non pochi casi quanto poteva esservi utile. Egli inoltre da subito volle mostrare che la testimonianza del Vangelo va manifestata sempre in comunione tra cristiani. Appoggiò per questo l’idea che nel Consiglio di Amministrazione dell’Ospedale, che allora non poteva essere privato, vi fosse quella di un rappresentante ufficiale del Catholicos, oltre alle presenze cattoliche e a quelle delle Autorità civili. Ora che la proprietà è passata ai Padri Camilliani, questo impegno comune non può e non deve venire meno.

Voglio dire ai Religiosi e alle Religiose che hanno qui lavorato, in questo isolamento, a questa altitudine e in questo clima, tutta la riconoscenza della Chiesa Cattolica. A loro va uno speciale ricordo del Papa. Ai medici, che hanno messo la loro competenza al servizio della vita e della dignità umana, voglio ricordare che il malato è Cristo stesso. Vi chiediamo qui di difendere la vita con ogni mezzo e ad ogni stadio del suo sviluppo. Vi chiediamo di mostrare che curare non è un mestiere ma una vocazione, alla quale forse non tutti sanno essere fedeli. Noi vogliamo operare con coloro che si sentono di assumere questa responsabilità, che è anche apportatrice di grande gioia. A tutto il personale voglio esprimere le mie felicitazioni per la dignità, la pulizia e l’ordine che regnano in questo Ospedale. Grazie per i servizi, spesso unici, che qui vengono svolti, come ad esempio la mensa per i malati.

Proprio a voi, cari fratelli ricoverati, desidero esprimere la vicinanza del Papa e di tutto la Chiesa. Chi soffre nel corpo e nello spirito spesso non comprende i disegni di Dio. Ma il suo amore di Padre, anche se attraverso vie misteriose, non cessa di manifestarsi ed è fedele. La Chiesa di Cristo vuole essere un segno, con questa opera della Chiesa Cattolica, come con altre promosse in Armenia dalla Chiesa Apostolica, di questo amore fedele. La Chiesa vuole alleviare le sofferenze del malato prestando mente, cuore e mani a Dio stesso. Una struttura come questa, che lavora senza alcuna prospettiva di guadagno, ne è prova eloquente. Aggiungo in egual misura la riconoscenza per le attività delle Suore Armene dell’Immacolata Concezione e delle Missionarie della Carità, le Suore di Madre Teresa. Tutte lavorano per i bimbi e per i giovani più colpiti dalle asprezze di una vita precocemente drammatica. A volte proprio per questo, a rischio di rifiuto, ma a maggior ragione tanto più preziosa agli occhi di Dio.

Tra non molto si ricorderà il ventennale del tremendo terremoto, alle cui tragiche conseguenze quest’opera volle in parte rispondere. Voglio fin da ora assicurare che ancora più forte e costante si farà in quella occasione la preghiera della Chiesa Cattolica per le anime dei fedeli defunti e per il conforto dei sopravvissuti. Da parte mia, vi domando una preghiera per il Papa, per il Catholicos, ed anche per il mio servizio nella Chiesa. Dio ascolta in modo speciale le preghiere di chi soffre. A tutti voi porto l’affetto e la Benedizione di Papa Benedetto XVI e la vicinanza di tutta la Chiesa Cattolica.

        

top