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CELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER I MEMBRI DELL'UCID
IN PREPARAZIONE ALLE FESTE PASQUALI

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Martedì 11 marzo 2008

 

Eccellenza Reverendissima,
cari membri dell’UCID romana!

Ringrazio di cuore il vostro Assistente spirituale, S. Ecc. Mons. Paolo Schiavon, per l’invito che mi ha rivolto a presiedere questa S. Messa in preparazione alle feste pasquali che si avvicinano. Al tempo stesso mi sia permesso salutare con affetto tutti voi, qui presenti, ad iniziare dal presidente della vostra sezione UCID. E’ ancor vivo nella mia memoria l’incontro che lo scorso anno ho avuto con i vostri amici della sezione di Torino che celebravano il loro 60° di fondazione. Colgo volentieri anche questa occasione per sottolineare l’importanza della presenza e delle attività della vostra Associazione soprattutto  qui a Roma che è culla e centro del mondo cattolico e città sede di organismi istituzionali e politici dell’Italia. Imprenditori, professionisti, dirigenti cristiani sono chiamati oggi ad una consapevolezza della loro responsabilità ancor più grande per essere fermento evangelico nella società seguendo sempre fedelmente gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa. Del resto voi ben ricordate  quanto lo stesso Santo Padre Benedetto XVI ebbe a dire nell’udienza del 4 marzo del 2006 ai membri dell’UCID e cioè che voi dovete “tendere ad un’etica che vada oltre la semplice deontologia professionale”, e vi ricordò che “il destino di una società dipende sempre da minoranze creative”. Grande pertanto è la missione che voi siete chiamati a compiere e la Chiesa conta molto su di voi. Mi è gradito, al riguardo, farmi interprete dell’incoraggiamento di Sua Santità che invia a voi tutti il suo saluto e la sua benedizione.

Cari amici dell’UCID, è il clima stesso di questi giorni, il clima penitenziale della Quaresima, a stimolarci a rinsaldare la nostra adesione a Cristo sancita con il Battesimo, e a riflettere su come rendere più coerente e generosa la nostra testimonianza cristiana. Presi dagli impegni assillanti della moderna società rischiamo infatti di dimenticare, di tralasciare pur senza volerlo, ciò che è essenziale e cioè la nostra fedeltà nel seguire Cristo e nel mettere in pratica il suo Vangelo. Le parole della Colletta, che ci ha introdotti nella liturgia della Parola di questa nostra assemblea eucaristica, ci aiutano a prendere coscienza che solo l’energia, la sapienza e l’aiuto che viene da Dio possono renderci perseveranti nel nostro “servizio”, che è cooperazione molteplice all’azione evangelizzatrice della Chiesa svolgendo con semplicità, amore e generosità il nostro lavoro quotidiano nei vari campi delle nostre attività professionali. La Parola di Dio ci ricorda poi che ogni sforzo, ogni occupazione devono essere sempre sostenuti dalla consapevolezza profonda, anzi dalla certezza che “se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori” e che Egli “ascolta il gemito del misero”. Dunque è a Dio che dobbiamo riservare il primo posto nella nostra vita perché sia sempre Lui a guidarci nelle nostre scelte e decisioni. Il lavoro per il cristiano è apostolato, come dice san Josemaria Escrivà, “occasione di servizio agli uomini per far loro conoscere Cristo e condurli al Padre, come conseguenza della carità che lo Spirito Santo infonde nelle anime” (cf.E’ Gesù che passa, n.49). A partire da questa consapevolezza,  sia naturale per voi concepire anche la vostra attività di imprenditori come un servizio che, pur seguendo la logica e le leggi di mercato, si connoti anzitutto come risposta alla chiamata di Gesù.

Veniamo ora ai testi biblici che la liturgia di questo martedì della quinta settima di Quaresima offre alla nostra meditazione. La prima lettura, tratta dal libro dei Numeri, ci descrive l’eterno dilemma con il quale si confronta il popolo d’Israele: desideroso di una patria, di un luogo comune, si mette in viaggio per ordine di Dio e parte dall’Egitto. Incontra nel suo pellegrinare varie prove e disagi, dalla fame alla sete, dalla paura dei nemici al pericolo di serpenti velenosi dal morso letale. Questo è il deserto: un luogo vasto e terribile, dove ci si imbatte in pericoli di ogni genere, dove si rischia la morte. Preso dallo sconforto, Israele  si ribella contro il suo Signore e protesta: “Perchè ci avete fatti uscire dall’Egitto per farci morire in questo deserto?”. Una domanda, che con tonalità diverse, ritorna anche nella nostra esistenza quando ci troviamo di fronte a situazioni incerte, inattese, malattie e dissesti di ogni tipo. L’uomo allora si ribella contro Dio, non capisce che cosa stia avvenendo, è preso dalla paura e cede alla tentazione della sfiducia. Dimentica di essere pellegrino; dimentica soprattutto che la sua vita è sempre guidata dalla mano invisibile di un Dio che è Padre. Ecco allora  che si chiude in sé stesso, abbandona il suo Dio, anzi lo rifiuta. Non è questa un’amara esperienza che segna il cammino dell’umanità?

 Se torniamo al racconto dell’autore del Libro dei Numeri sull’esperienza degli Israeliti che dal monte Cor si dirigevano verso il Mar Rosso aggirando il paese di Edom, notiamo che il popolo resosi conto del proprio peccato implora il perdono di Dio.  “Abbiamo peccato, -  dice il popolo a Mosè – perché abbiamo parlato contro il Signore e contro te; prega il Signore che allontani da noi questi serpenti”. E il Signore mostra la sua misericordia e il suo amore dicendo a Mosè: “Fatti un serpente, chiunque, dopo essere stato morso, lo guarderà resterà in vita”. Dio è pronto nel rispondere alle nostre richieste e non tarda nel venirci in aiuto nell’ora della prova e dello smarrimento. Quel serpente  di rame innalzato sopra un’asta, che proteggeva coloro che morsi dai serpenti lo guardavano, è figura di Cristo morto in croce per la nostra salvezza. Chi lo guarda e a Lui si affida è salvo. “Per sanctam crucem tuam redemisti mundum - ci hai rendenti con la tua croce, Gesù”, ripetiamo spesso in questo tempo di Quaresima e specialmente quando riviviamo la sua passione facendo la Via Crucis.

Dobbiamo aggiungere un’altra considerazione che ci suggerisce il testo evangelico poc’anzi proclamato. La liturgia di questi giorni ci propone pagine intense del Vangelo di Giovanni nelle quali si avverte un crescendo di ostilità dei farisei nei confronti di Cristo. Il suo linguaggio profetico, le sue risposte  risultano incomprensibili e persino inaccettabili ai suoi oppositori, chiusi nelle loro certezze. Restano ciechi dinanzi ai “segni” che Gesù compie e pur forse cercando di capire sono schiavi dei loro pregiudizi. “Tu chi sei?”. A questa loro richiesta Gesù risponde: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora saprete che Io Sono e non faccio nulla da me stesso, ma come mi ha insegnato il Padre”. “Tu chi sei?”. A questa domanda fondamentale ognuno di noi deve dare una risposta personale, che investa tutto il proprio essere. Il mistero pasquale che ci apprestiamo a rivivere la prossima settimana sarà per noi l’occasione per rinnovare questa nostra professione di fede. In effetti, l’eterna domanda su chi è Gesù trova la più compiuta risposta nel legno della croce. Scrive in proposito il Papa nel suo libro “Gesù di Nazaret”: “La croce è la vera «altezza». E’ l’altezza dell’amore «sino alla fine»; sulla croce Gesù è all’«altezza» di Dio che è Amore. Lì si può «conoscerlo»”. Lasciamoci pertanto interrogare da queste parole di Cristo perché abbracciando la Croce possiamo penetrare il mistero di Dio che è Amore. Il mistero della croce, il mistero della Pasqua è appunto “l’altezza dell’amore sino alla fine”.

Cari amici, è verso questa altezza dell’amore che deve tendere il vostro lavoro e la vostra intera esistenza. E’ da Cristo morto e risorto che dovete lasciarvi guidare nelle vostre scelte e decisioni. Animati dal suo Spirito impegnatevi a trasmettere il ricco patrimonio di valori che avete ricevuto; sappiate testimoniare una coscienza imprenditoriale sempre illuminata dall’etica della responsabilità e dal recupero di una condivisa moralità sociale che vi porti a coniugare competenze e valori così che possiate contribuire a costruire un vero umanesimo d’impresa. La Chiesa conta sulla vostra azione perché sappiate offrire una costante testimonianza di autentici credenti e professionisti competenti capaci di dialogare con la modernità salvaguardando i principi della dottrina sociale della Chiesa. Per questo, come voi stessi sottolineate, è importante una formazione permanente che sia in grado di alimentare in ciascuno di voi, costantemente, valori e professionalità e a questo scopo è quanto mai utile il supporto che possono offrirvi il Consulente Ecclesiastico e i consulenti ecclesiastici dei Gruppi e delle Sezioni.

Il Signore vi aiuti a concepire la vostra attività come un dono, come una vera “missione” nella quale mostriate sempre alta moralità professionale ispirata ai principi cristiani, una moralità che vi spinga a porre al centro dei rapporti di lavoro la salvaguardia e la promozione della crescita della persona umana, l’equilibrato utilizzo dei beni della terra, il rispetto dell’ambiente. In quest’epoca segnata dal vasto fenomeno della globalizzazione il vostro sforzo sia anche quello di un corretto esercizio dell’impresa e delle professioni per mettere a frutto i talenti che la Provvidenza divina vi ha affidato allo scopo di favorire un progresso economico e sociale attento al benessere integrale dell’uomo e della società. In definitiva, vale la pena ripeterlo, lasciatevi sempre condurre, ispirare e illuminare nella vostra vita personale, familiare e professionale dagli insegnamenti di Cristo. Come pregheremo a conclusione della nostra Celebrazione, sia Lui, ricevuto nell’Eucaristia, a rivelarci il senso cristiano della vita e a sostenerci nel nostro cammino e a guidarci ai beni eterni. Questo ci ottenga la Vergine Maria e san Giuseppe, modello di ogni lavoratore, la cui festa celebreremo sabato prossimo. Con questi sentimenti, proseguiamo la nostra Celebrazione affidando al Signore ogni intenzione e progetto vostro e dell’UCID mentre vi auguro di cuore di trascorrere serenamente e con viva fede le prossime Feste Pasquali.

 

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