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OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE
IN OCCASIONE DELLA FESTA DI SAN CIRIACO
PATRONO DELL'ARCIDIOCESI DI ANCONA-OSIMO

Domenica, 4 maggio 2008

 

Eccellenza Reverendissima,
Cari sacerdoti e cari fedeli tutti,

Celebriamo quest’oggi la solennità dell’Ascensione di Gesù Cristo: mistero della nostra fede e dono di speranza per tutti i cristiani. Solennità nella quale facciamo memoria della salita al cielo di Gesù, il Figlio, che ritorna alla comunione gloriosa con il Padre e lo Spirito Santo dopo la sua missione sulla terra. Come nel giorno di Pasqua, anche oggi abbiamo ragione di rallegrarci e di gioire. Scrive in una sua omelia il papa san Leone Magno: “Oggi la sua Ascensione al cielo è per noi materia di letizia, perchè ricordiamo e veneriamo quel giorno in cui l’umile nostra natura fu in Cristo innalzata su tutta la milizia del cielo: su tutti gli ordini degli Angeli e le altezze di tutte le potestà, fino a sedere in trono con Dio Padre” (Disc. 74, 1-2).

E’ dunque con gioia che ci incontriamo e prendiamo parte alla Santa Messa; gioia resa ancor più profonda dal fatto che la vostra comunità cristiana di Ancona celebra la festa del suo Patrono, san Ciriaco. Ho accolto volentieri l’invito che mi ha rivolto il vostro Arcivescovo S. Ecc. Mons. Edoardo Menichelli a prendere parte a questa festa e vorrei ringraziarlo, come pure ringrazio tutti voi, per la cordiale accoglienza e per l’accurata preparazione di questa santa liturgia. Un pensiero deferente rivolgo alle autorità civili e militari, alle personalità e a quanti hanno voluto onorare con la loro presenza questo momento di intensa spiritualità. A tutti mi piace recare il saluto e la benedizione di Sua Santità Benedetto XVI e sarà mia cura trasmettergli, al mio ritorno in Vaticano, l’assicurazione della vostra fedele adesione e della vostra devota vicinanza.

Un duplice motivo di gioia è pertanto alla base della nostra celebrazione: l’Ascensione di Gesù che prelude alla solennità della Pentecoste e la festa del Patrono dell’arcidiocesi di Ancona-Osimo, san Ciriaco, la cui memoria ci arriva da lontano, dalle profonde radici della tradizione cristiana dei primi secoli. I testi biblici che abbiamo ascoltato ci aiutano a meglio capire il valore dell’odierna festa dell’Ascensione e il legame che la unisce a quella del vostro santo Patrono.

Il fatto storico dell’Ascensione, come leggiamo negli Atti degli Apostoli, avvenne sul Monte degli ulivi. Ai piedi di quel colle, che si trova ad est di Gerusalemme, Gesù aveva sofferto la terribile agonia; dalla sua vetta entra invece nella gloria, sale alla destra del Padre, con i segni gloriosi della sua passione redentrice. Gli Apostoli, che fino ad allora avevano sperato nella restaurazione del regno temporale di Israele, sono invitati dagli angeli a lasciare ogni nostalgico rimpianto per la presenza visibile del loro Maestro e a credere ormai nella sua presenza invisibile ma vera e viva e a prepararsi per il suo ritorno glorioso, alla conclusione della storia. Da quel momento la fede e la speranza dei cristiani sono riposte in Gesù Dio e uomo; non in un personaggio del quale conserviamo un lontano ricordo storico, ma nel Dio vivente che è anzi la nostra unica vita. L’Ascensione è così il compimento della risurrezione e l’inaugurazione del tempo della Chiesa che, come amava ripetere sant’Agostino, è Christus totus, il Cristo totale.

Cari fratelli e sorelle, la festa dell’Ascensione ci porta ancora una volta a fissare il nostro sguardo su Gesù: non è un puro nome, non è un personaggio sepolto nel passato, ma il nostro Redentore, lo stesso ieri, oggi e sempre, come ricorda la Lettera agli Ebrei. Egli è più vivo ora di quanto lo fosse sulla terra; più vivo di tutti i viventi che sono destinati a morire perché è proprio Lui la fonte della vita che sconfigge la morte; morendo ha distrutto la nostra morte e risorgendo ha ridato a noi la vita. Su questa verità ,sul mistero della morte e risurrezione di Cristo, si fonda la Chiesa, casa di salvezza aperta alle certezze della vita immortale.

Le ultime parole di Gesù risorto riportate dall’evangelista Matteo, ci rassicurano: “Ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”(28,30). Frastornati da mille vicende quotidiane, travolti da un montare di problemi d’ogni tipo e, vedendo talvolta prevalere la violenza e l’ingiustizia, rischiamo di scoraggiarci, non riusciamo più a gustare il sapore, la bellezza e la grandezza, non cogliamo più il significato profondo della risurrezione e dell’ascensione al cielo di Gesù. Se Cristo è risorto, il destino dell’umanità non può essere la rovina e la morte, il male non potrà trionfare sul bene, la caduta dei valori che oggi ci riempie di preoccupazione non continuerà inesorabilmente a far perdere all’umanità il senso della vita, della verità e della giustizia. L’Ascensione ci dischiude gli occhi del cuore alla visione non solo di cieli nuovi ma anche di una terra nuova: è la vittoria di Cristo sul male e sul peccato; è l’anticipazione, la profezia trionfante del futuro che è Cristo. Apriamo dunque il cuore a questa suprema speranza, anzi a questa divina certezza: non siamo destinati alla morte ma alla vita, una vita senza tramonto. San Paolo, nella seconda Lettura, si rivolge ai cristiani di Efeso e prega il Padre perché “possa egli davvero illuminare gli occhi della vostra mente per farvi comprendere quale tesoro di gloria racchiude la sua eredità fra i santi”. Ci conceda Iddio di comprendere anche noi, ciascuno di noi, quale sia il tesoro di gloria che racchiude la nostra futura eredità!

Il nostro pensiero va ora a san Ciriaco (prima di essere battezzato si chiamava Giuda), testimone di Cristo sino al sacrificio della vita. Come voi sapete, la tradizione attesta che proveniva da Gerusalemme e ancora oggi viene ricordato come “figlio di profeti”. Il suo nome rimane legato al ritrovamento della Croce di Cristo. Infatti, ormai adulto, egli venne convocato da Elena, madre dell’imperatore Costantino, che voleva conoscere proprio da lui le indicazioni per poter ritrovare il legno benedetto. A questa circostanza e a questo momento forte si fa risalire l’inizio della sua adesione alla fede avvenuta per la “grazia” del Signore, come accadde a san Paolo. Battezzato, diede il suo apporto fondamentale per il ritrovamento della Croce. Con la scelta del nome “Ciriaco” che significa “del Signore”, ebbe inizio la sua personale avventura di fede, non certo facile per lui che proveniva dall’ambiente giudaico, e che lo portò a predicare dappertutto. Venne così in Italia e ad Ancona. Desiderava però poter ritornare per un certo tempo anche alle prime origini, ai ricordi familiari e ai luoghi della conversione e della tradizione. Tornato laggiù, nella terra doveva aveva conosciuto ed incontrato Cristo, fu invece avviato verso il martirio. Sottoposto a numerose torture, una delle quali fu il versamento del piombo fuso in bocca, Ciriaco venne infine mortalmente colpito al petto con una grossa lancia e il suo corpo, dopo varie peregrinazioni, fece ritorno definitivamente nella vostra città, dove gelosamente voi lo custodite.

“Non licet esse Christianos”: è stata questa la motivazione formale e finale del suo martirio. Commuove la fermezza di Ciriaco dinanzi ai suoi persecutori. Testimone di una fede matura e adulta, che non indietreggia di fronte alla violenza e alla persecuzione, san Ciriaco ci insegna che replicare alla disumanità con l’offerta e il sacrificio di sé, è la risposta di chi non si rassegna e non cede alla potenza del male, ma vince il male con l’onnipotenza dell’amore, sorretto dalla speranza dell’immortalità.

Eccoci dunque nuovamente al valore della festa odierna dell’Ascensione: san Ciriaco sembra ripeterci che se si è certi dell’invisibile presenza di Cristo asceso al cielo, non si teme nulla, non si cede a compromessi, lusinghe e minacce. Con la sua morte in croce è Gesù stesso che per primo ci ha indicato la strada; innalzato sul patibolo ci ha mostrato il volto più significativo dell’amore che non teme la morte. Amore e perdono verso tutti è dunque il messaggio che, sulle orme di Cristo, san Ciriaco ci esorta a vivere in ogni ambiente e in ogni situazione.

La figura e il martirio di san Ciriaco illuminano infine il cammino della vostra comunità diocesana, che si prepara ad accogliere la solenne celebrazione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale, in programma proprio ad Ancona nel 2011. “Signore da chi andremo?”: ecco il tema di quest’importante manifestazione di fede eucaristica, ma anche la preghiera che insieme oggi noi rivolgiamo a Gesù. Signore, dove andremo senza di te? In chi se non in te possiamo porre la nostra fiducia? Aiutaci a non lasciarci scoraggiare dai “profeti di sventura” forieri di violenza e di morte; aiutaci a non lasciarci distrarre e lusingare dai falsi profeti di speranza che propongono una felicità a basso prezzo; aiutaci a non restare a guardare in alto come gli Apostoli, ma ad affrontare con coraggio le difficoltà e le prove d’ogni giorno per diffondere il vangelo del tuo amore con la testimonianza delle nostre opere buone. Suscita anche oggi santi, come il nostro patrono Ciriaco, che ci insegnino con il loro esempio e ci sostengano con la loro intercessione nel seguire Gesù, vero Maestro delle nostre anime. Attenta ad ogni ispirazione dello Spirito Santo, la vostra comunità diocesana continui a camminare unita e fedele sotto lo sguardo benedicente della Beata Vergine di Loreto, dei santi Ciriaco, Primiano primo vescovo, Liberio e Marcellino da molti secoli venerati nella vostra città. Con la loro stessa generosità e convinzione rinnoviamo ora la nostra professione di fede.

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