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VISITA ALLA DOMUS PAULUS VI

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

 Giovedì, 18 dicembre 2008

 

Cari fratelli nell’episcopato e nel sacerdozio,
Cari fratelli e sorelle!

Nell’approssimarsi del Natale è buona tradizione, un po’ ovunque, incontrarsi per scambiarsi gli auguri, ed anche noi lo facciamo questa sera riuniti attorno all’altare del Signore per  la celebrazione eucaristica. Ringrazio il Direttore, Mons. Battista Ricca, per il suo invito; saluto con affetto tutti voi, e vi reco con gioia il saluto e la benedizione di Sua Santità Benedetto XVI.

La Novena del Natale ci sprona in questi giorni a vivere in modo intenso e profondo la preparazione alla grande festa della nascita del Salvatore ormai vicina. E’ un vero itinerario di fede e di conversione quello che la liturgia ci propone, perché andiamo incontro al Signore che viene, rinnovati  nel cuore e pronti ad accoglierlo nella nostra vita. Tengono desta in noi questa attesa orante i testi biblici, che in Avvento giorno dopo giorno meditiamo: essi rievocano il clima della fiduciosa attesa del Messia che le parole dei profeti alimentavano nel popolo d’Israele; la liturgia ci invita specialmente in questi giorni ad unirci alla Vergine Maria e a san Giuseppe per prepararci, con i loro stessi sentimenti, alla nascita del Redentore.

In questa luce si pongono le letture che abbiamo ascoltato poco fa: esse evidenziano l’azione salvifica di Dio in favore del suo popolo. Nella prima lettura, tratta dal profeta Geremia, troviamo l’annuncio di un pastore-re ideale, discendente di Davide. Mantenendosi  fedele alla promessa fatta a Davide (cfr 2 Sam 7,12-16), il Signore raccoglierà di nuovo il gregge disperso e costituirà un germoglio nuovo, farà sorgere un re giusto, sotto il cui regno il popolo riceverà il bene, vivrà in pace, nella giustizia e conoscerà l’auspicato benessere. La profezia di Geremia trova pieno compimento in Gesù Cristo, ma, al tempo stesso, continua a realizzarsi nella quotidiana esistenza di ogni credente. E’ quello che potremmo chiamare “il futuro presente”, dimensione dell’attesa e della speranza in quanto viviamo nell’attesa che si realizzi ciò che in verità già ci appartiene, anche se non ancora del tutto. E’ questa la vita del credente - vivere desiderando l’incontro con il Signore – che così viene descritta da san Gregorio Nisseno: “Il guadagno della ricerca è la ricerca stessa. Il desiderio dell’anima è ricolmo per il fatto medesimo che esso rimane insaziabile. Poiché vedere propriamente Dio – cioè possederlo - è come non essere mai sazi di desiderarlo”.

“Il Signore è la salvezza del povero”. Questa verità, che abbiamo ripetuto come ritornello al salmo responsoriale, ci viene annunciata con forza nel mistero del Natale. Il Dio, che a Betlemme si è fatto uomo, non è un Dio lontano; è, al contrario, un Dio che ci è venuto incontro per primo e ci resta vicino prevenendoci con la sua misericordia senza limite. Esprime con chiarezza questa consolante certezza l’apostolo Giovanni nella sua prima lettera, dove afferma che  «Non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi». «Egli ci ha amati per primo» (1Gv 4,10.19). Ecco dunque il messaggio e il mistero del Natale di Cristo: a Betlemme il Creatore si è fatto creatura perché il suo amore sia da noi percepito ed accolto e, grazie proprio al suo amore, recuperiamo quella salda speranza che ci sostiene nel faticoso pellegrinaggio sulla terra.

Soren Kierkegaard, nei suoi Frammenti filosofici, illustra il mistero dell’incarnazione con un esempio certamente a voi noto e che trovo interessante. Egli spiega che Dio incarnandosi rassomiglia a un re innamorato e desideroso di conquistare l’amore di una donna comune. Se le si fosse fatto incontro in tutta la sua maestà, bellezza, potenza e ricchezza, lei sarebbe rimasta abbagliata da tanta magnificenza e non sarebbe stata veramente libera di amarlo come ci si innamora e ci si ama con spontaneità e in grande libertà: sarebbe stata attratta forse dalla ricchezza e della magnificenza. Per questo Dio decise di farsi conoscere da noi in incognito nelle vesti di un povero uomo, volendo suscitare in noi il nostro sincero amore. Egli si è fatto uomo per farsi incontrare nella normalità della vita quotidiana, la vita della gente comune. Ed usando un’analoga immagine, Kierkegaard afferma che Dio incarnandosi ha agito come un re, il quale torna in incognito nella sua terra dominata da un despota usurpatore e sanguinario che tiene prigionieri i cuori della gente. Essendo Egli l’unico vero e legittimo re, ha già stabilito il giorno della sua vittoria trionfale con la gloria di un esercito invincibile, ma ora, venendo in incognito, cerca amici e fratelli che si leghino a lui per sempre e che portino subito a tutti la notizia della liberazione, della sua vittoria e del suo arrivo imminente a cui occorre prepararsi. Quanti accettano di essere suoi cavalieri o soldati, pronti a diffondere dappertutto questa buona notizia, saranno fatti grandi nel suo regno la cui unica legge è l’amore. E aggiunge Kierkegaard: “Cristo non ritenne mai un tetto tanto misero da impedirgli di entrarvi con gioia, mai un uomo tanto insignificante da non voler collocare la sua dimora nel suo cuore”.

Il modo sorprendente e provvidenziale con cui Iddio ha realizzato questo suo progetto salvifico ce lo narra anche la pagina dell’evangelista Matteo, che è stata poco fa proclamata. Una vergine di nome Maria, promessa sposa a un uomo della casa di Davide chiamato Giuseppe, è incinta per intervento divino e si appresta a dare alla luce un figlio: il Figlio unigenito di Dio. Un evento che non può non lasciare perplessi e attoniti entrambi i principali protagonisti: Maria e Giuseppe. Maria, all’annuncio dell’angelo, non esita a rimettersi alla volontà del Signore ed accetta la missione che le viene affidata. Le sue parole sono risuonate più volte in questi giorni di Avvento: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola” (Lc1,37).

Quanto a Giuseppe, siamo davanti ad una figura biblica di profonda e drammatica umanità, scolpita di fede e di umiltà. Mentre si va interrogando su come affrontare una situazione a dir poco imbarazzante senza ferire la sua sposa incinta, viene avvertito in sogno da un angelo circa il misterioso disegno dell’Altissimo. «Giuseppe, suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto» (Mt 1,19). Questa breve osservazione dell’evangelista riassume il dramma interiore di Giuseppe: all’amore e alla stima sincera per Maria si unisce l’interrogativo su come uscire da quella situazione rispettando la legge mosaica senza offendere la sua sposa e per questo, nota l’evangelista, pensò di ripudiarla in segreto. Ma ecco che «gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei  viene dallo Spirito Santo”» (Mt 1,20).

Non è semplice accettare di essere il padre di Dio! Mi impressiona sempre la risposta di Giuseppe: non si mostra né curioso né intimidito, non cerca di indagare e capire quel che è difficile intendere, non vuole penetrare a forza il mistero nel quale si trova coinvolto, ma si ritira in una umile e rispettosa obbedienza nei confronti di Dio lasciando che sia Lui a fare tutto. Quando infatti capisce che cosa gli sta chiedendo non esita e senza obiezioni si pone a fare ciò che l’angelo gli ha comunicato in sogno. “Destatosi dal sonno - conclude il brano del Vangelo -  Giuseppe prese con se la sua sposa”. (Mt 1, 24). Anche Giuseppe dunque obbedisce e accetta con amore i disegni misteriosi del Signore. Quel che contraddistingue la sua vita è il silenzio: di lui non troviamo una sola parola in tutto il Vangelo. Visse nell’ombra occupandosi responsabilmente e con amore di Maria e di Gesù nella povera casa di Nazaret. La sua è un’esistenza ordinaria vissuta veramente in modo straordinario, modello di ogni padre di famiglia e dei pastori di ogni comunità cristiana.

Cari fratelli e sorelle, guardando all’esempio di Giuseppe prepariamoci al Natale rinnovando la nostra fede: apriamo l’animo  perché possiamo accogliere i disegni misteriosi del Signore. Maria, che ha donato il suo grembo verginale al Verbo di Dio, che lo ha contemplato bambino tra le sue braccia materne, e che continua ad offrirlo a tutti quale Redentore del mondo, ci aiuti a fare del prossimo Natale un’occasione di crescita nella conoscenza e nell’amore di Cristo. E' questo l'augurio che formulo con affetto a tutti voi, qui presenti, alle vostre famiglie e a quanti vi sono cari.

Buon Natale a voi tutti!

 

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