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VESPRI LITURGICI DELLA FESTA DI S. ANTONIO ABATE,
 PATRONO DELLA PONTIFICIA ACCADEMIA ECCLESIASTICA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Venerdì, 15 gennaio 2010

 

Signori Cardinali,
Cari confratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
Cari Alunni!

Sono lieto di essere con voi per questa festa di famiglia, che vede presenti anche quanti sono legati all’Accademia da vincoli di affetto e di riconoscenza nati durante gli anni di preparazione al servizio della Santa Sede. Saluto cordialmente l’Ecc.mo Presidente, Mons. Beniamino Stella, ringraziandolo per le cortesi espressioni di benvenuto che ha voluto indirizzarmi. Mi piace, in questo momento, sentire uniti a noi nella preghiera e nella comunione fraterna anche quanti sono impegnati nelle Rappresentanze Pontificie sparse per il mondo, a contatto con una notevole varietà di situazioni sociali ed ecclesiali spesso vivaci ed entusiasmanti, ma talora difficili ed esigenti, con l’impegnativo compito di accompagnare con discrezione e con amore il cammino delle Chiese particolari e quello delle Nazioni presso le quali essi sono stati inviati. Insieme con tutti voi, rivolgo un pensiero colmo di filiale gratitudine al Santo Padre, il Papa Benedetto XVI, Vescovo di Roma e Pastore della Chiesa universale, che abbiamo il privilegio di servire.

Siamo qui per celebrare la festa di sant’Antonio Abate, Patrono di questa Istituzione, la cui vita ha molto da insegnare ad ogni credente, ma anche all’ecclesiastico che svolge il suo ministero in una Nunziatura o in Curia.

In uno dei detti che gli vengono attribuiti nella raccolta degli Apophtegmata Patrum si legge: “Un tale chiese al Padre Antonio: che debbo fare per piacere a Dio? E l’anziano rispose: «Fa’ quello che ti comando: dovunque tu vada, abbi sempre Dio davanti agli occhi; qualunque cosa fu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture; in qualsiasi luogo abiti, non andartene presto. Osserva questi tre precetti e sarai salvo»”.

Queste parole appaiono particolarmente preziose e illuminanti anche per il nostro servizio. Nella prima espressione - “Abbi sempre Dio davanti agli occhi” - vi è riassunto un intero ideale di vita. Essa, ricordando che Dio ci circonda col suo amore ed è presente in ogni persona, avvenimento, situazione, anche la più difficile, ci invita a cercare sempre il suo volto, oltre le apparenze, per conoscere la realtà profonda delle persone e delle cose e scorgere la verità misteriosa presente negli eventi.

Le virtù della prudenza, della saggezza e del discernimento, tanto necessarie nel nostro ministero di collaboratori del Papa, non sono mai frutto di improvvisazione, bensì derivano da una sintonia quotidianamente coltivata con il modo di pensare e di agire di Dio, che si è manifestato nel suo Figlio.

Avere Dio davanti ai nostri occhi ci aiuterà altresì ad assumere uno sguardo contemplativo sulle vicende della Chiesa, del mondo e del nostro tempo.

Questa disposizione, lungi dal farci ripiegare sul nostro mondo interiore, si traduce immediatamente in un programma di azione: “Qualunque cosa fu faccia o dica, basati sulla testimonianza delle Sante Scritture”. Con il suo secondo monito il grande Padre del deserto ricorda che l’unica bussola dell’agire del cristiano si trova nella Parola di Dio, che ci fa scoprire il progetto d’amore del Padre, rivelato nel suo Figlio, Gesù Cristo, e ci aiuta a parlare e agire secondo il suo Cuore.

Non abbiamo, davanti al mondo, altra sapienza, altro consiglio, altra diplomazia, che la volontà di Dio rivelatasi nel suo Figlio: è questo che rende particolarmente autorevole la parola e il ministero di un Rappresentante del Papa e di un suo collaboratore.

Indubbiamente, nel nostro lavoro quotidiano abbiamo bisogno di avvalerci di molte competenze, dobbiamo servirci dell’aiuto di esperti per meglio penetrare le dinamiche di questo mondo complesso, tuttavia la familiarità con il pensiero di Cristo rimane il criterio di orientamento imprescindibile, che rende la nostra parola autorevole e libera da condizionamenti mondani.

Anche nei contesti politici nazionali e internazionali, così spesso segnati da confusione, disorientamento e relativismo, dobbiamo far risuonare la parola limpida del Vangelo, che da Roma Pietro continua a proclamare, forte della promessa di indefettibilità nella fede ricevuta dallo stesso Salvatore.

Il terzo comando di sant’Antonio: “In qualsiasi luogo abiti, non andartene presto”, sembrerebbe in contraddizione con quanto viene richiesto ai membri del servizio diplomatico della Santa Sede: cambiare con frequenza il luogo in cui si abita e, con esso, la lingua, le abitudini, le persone con cui ci si relaziona. Tuttavia, il monito del Padre Antonio vuole dirci qualcosa che attiene alla qualità dell’atteggiamento interiore del Rappresentante del Sommo Pontefice. Esso suggerisce: dovunque il servizio alla Santa Sede ti ponga, sappi vivere fino in fondo la realtà in cui ti trovi; identificati totalmente con quanto oggi ti viene richiesto, con la missione che ti è affidata. È un invito che trova conferma in tutta la grande tradizione della spiritualità cattolica: il momento presente è il luogo primario della nostra santificazione.

In questa prospettiva, “non andartene presto” significa anche: non distrarti, non pensare ad altro, sii completamente dedicato al servizio che ti è stato affidato e che stai svolgendo.

Cari Confratelli, riceviamo nuovamente oggi, a secoli di distanza, queste perle di saggezza dal nostro Patrono e invochiamo da Dio, con umiltà e fiducia, per sua intercessione, i tre grandi doni che sono contenuti nei suoi ammonimenti: o Signore, donaci di non fuggire dal momento presente, di parlare ed agire sempre con la sapienza del Vangelo e, soprattutto, di tenere sempre Te davanti ai nostri occhi.

Preghiamo insieme perché questi ammaestramenti diventino per ciascuno di noi stile di vita e comportamenti quotidiani per configurarci sempre più pienamente al pensiero di Cristo e diventare coraggiosi messaggeri del suo Vangelo.

 

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