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FESTA LITURGICA DI SANT’ANDREA CORSINI

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Basilica Papale di S. Giovanni in Laterano
Giovedì, 4 febbraio 2010

Cari fratelli e sorelle,

sono lieto di celebrare la festa liturgica di Sant’Andrea Corsini nell’insigne Cappella a lui dedicata. Ringrazio Mons. Franco Camaldo per l’invito a presiedere questa solenne Santa Messa e per le cordiali parole che ha voluto rivolgermi, interpretando i comuni sentimenti. Saluto cordialmente gli Ecc.mi Vescovi, i Canonici del venerando Capitolo Lateranense, i Prelati della Curia Romana, i sacerdoti e le persone consacrate e voi tutti fedeli, qui convenuti per questo significativo momento di preghiera e di festa. Un deferente pensiero rivolgo alle Autorità, in particolare al Sindaco di Roma, On. Gianni Alemanno, e al Principe Don Filippo Corsini. Con affetto speciale saluto poi quanti sono a noi spiritualmente uniti tramite la diretta televisiva di Telepace.

Nella prima lettura abbiamo ascoltato con gioia l’annuncio profetico di Isaia: “Lo spirito del Signore Dio è su di me perché il Signore mi ha consacrato con l'unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri ” (61,1).

Questo annuncio si è compiuto in modo perfetto, e in un certo senso nuovo, in Gesù Cristo, come Egli stesso ha dichiarato nella sinagoga di Nazaret: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21). Quelle parole si riferiscono anche a quanti in ogni tempo e luogo sono chiamati a continuare la missione di Cristo come sant’Andrea Corsini, un santo pieno di ardore per il bene, ricco di amore per Dio e per il prossimo.

Quando, il 13 ottobre 1349, - mentre era Provinciale dei Carmelitani - fu nominato Vescovo di Fiesole da Papa Clemente VI, la fama della sua carità già travalicava Firenze, dove era nato nel palazzo di famiglia, il 30 novembre 1301. Pur nel frastuono di quella spensierata e rissosa città, udì il soffio dello Spirito, che si tradusse in un irresistibile richiamo alla mistica pace del Carmelo. A 15 anni vestì l'abito religioso nel Convento del Carmine, mostrando da subito una pietà soccorrevole verso i più bisognosi e, dopo l’ordinazione sacerdotale, venne mandato a completare gli studi nell'università di Parigi. Tornò a Firenze quando già imperversava la terribile peste del 1348, nella quale egli si distinse per carità e coraggio, ponendosi con eroica dedizione al servizio degli ammalati. Come Vescovo volle risiedere a Fiesole, rinunciando al comodo palazzo fiorentino che era stato sede dei suoi predecessori.

Manifestò singolare zelo nella predicazione, nella preghiera, nell'austerità della vita, nella visita alle parrocchie, nella difesa della libertà della Chiesa contro soprusi e ingerenze, come pure nella carità verso gli umili e i diseredati, procurando loro assistenza materiale e spirituale. Speciale cura dedicò ai suoi preti, precorrendo i dettami del Concilio di Trento e stabilendo precise norme circa la preparazione culturale e spirituale dei candidai al presbiterato. La Santa Sede, poi, gli affidò incarichi delicati e difficili come la missione del 1368 a Bologna per dirimere gravi contese. Morì la sera dell'Epifania del 1374, dopo una vita spesa interamente nel “portare il lieto annunzio” agli uomini e alle donne del suo tempo con la parola, ma soprattutto con la testimonianza di una vita, che si nutriva di preghiera e di intensa obbedienza al divino Maestro. In questo Anno Sacerdotale, Sant’Andrea costituisce un modello per ogni presbitero: egli ricorda che per annunciare efficacemente il Vangelo c’è bisogno di persone infiammate dal fuoco dello Spirito, piene di passione per Dio e per l’umanità, attente alle necessità e alle domande degli uomini del proprio tempo. La sua vicenda spirituale, anche nel mondo contemporaneo, profondamente segnato dalla dittatura del relativismo e dall’oblio dei valori autentici, può diventare per i consacrati e per ogni credente un forte stimolo a vivere la misura alta della vita cristiana, nella piena fedeltà al proprio tempo e alla verità del Vangelo.

Sant’Andrea Corsini, attento e docile alla voce dello Spirito Santo, ha meditato certamente più di una volta le parole poc’anzi proclamate nel brano evangelico: “Non fatevi chiamare ‘rabbi’, perché uno solo è il vostro maestro, e voi siete tutti fratelli… perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare ‘guide’, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo” (Mt 23,8-10). Tale programma evangelico egli si è impegnato a tradurlo soprattutto nell’esercizio del suo ministero episcopale. Egli si sforzò di imitare senza riserve l'unico Maestro, facendo dell’amore a Dio e ai fratelli l’obiettivo supremo, perché, attraverso la sua umile persona, Cristo stesso fosse guida e pastore della chiesa a lui affidata. Come pure, egli esercitò nei confronti dei sacerdoti, dei poveri, dei sofferenti e dell’intera Chiesa fiesolana una paternità forte e premurosa, nella consapevolezza che ogni paternità in cielo e in terra trae nome e contenuto soltanto dal Padre celeste, al quale rivolse costantemente il proprio sguardo con la fiducia e la semplicità di un bambino.

Nell’odierna pagina evangelica Gesù raccomanda ai discepoli di essere servi gli uni per gli altri “Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo” (Mt 23,11). Sant’Andrea Corsini cercò la vera grandezza nell’essere servo del popolo e delle anime, ad imitazione di colui che, “pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo” (Fil 2,6-7). Ricordando le parole del Salvatore: “Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40), era felice di poter servire in ogni fratello lo stesso Cristo e di esercitare davanti agli uomini, ai quali era stato mandato, in un periodo difficile e poco incline al perdono, quella carità “che è il vincolo della perfezione”, con “sentimenti di misericordia, di bontà, di umiltà, di mansuetudine, di pazienza” (Col 3,12.14).

Il suo esempio invita gli uomini e le donne del terzo millennio, ad accogliere l’esortazione dell’apostolo Paolo: “Al di sopra di tutto poi vi sia la carità, che è il vincolo della perfezione” (Col 3,16), ponendo ogni cura perché l’amore di Cristo sia il cuore e il motore di ogni azione personale e pastorale.

Cari fratelli e sorelle, preghiamo perché l’esempio di questo grande Santo possa infondere nei nostri cuori l’ansia del bene, allontanare l’egoismo, scuotere l’indifferenza, per renderci messaggeri autentici della salvezza recata agli uomini dal Figlio di Dio.

 

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