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CONFERIMENTO DELLA LAUREA HONORIS CAUSA
DA PARTE DELLA PONTIFICIA FACOLTÀ TEOLOGICA
PRESSO L’UNIVERSITÀ DI WROCŁAW – POLONIA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Cattedrale di San Giovanni Battista a Wrocław
Giovedì, 11 febbraio 2010

 

Venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,
illustri Autorità,
cari fratelli e sorelle!

Sono lieto di presiedere la Celebrazione eucaristica in questa magnifica Cattedrale, che sorge nella zona più antica della vostra Città, ricca di storia e di gloriose tradizioni. Vi saluto tutti con affetto. Rivolgo un particolare saluto al vostro Pastore, l’Arcivescovo Metropolita Mons. Marian Gołębiewski, cui esprimo gratitudine sia per l’invito rivoltomi sia per le cortesi parole che ha voluto indirizzarmi. Saluto cordialmente Sua Eminenza il Cardinale Henryk Gulbinowicz, Arcivescovo emerito, che ha guidato la Chiesa di Wrocław in maniera meritevole e che quest’anno celebra il 60° anniversario dell’ordinazione sacerdotale e il 40° della consacrazione episcopale. Il mio saluto si estende ai Vescovi della Provincia, ai sacerdoti e alle persone consacrate presenti, come pure ai Seminaristi e tutta la comunità dei Professori e degli Studenti della Pontificia Facoltà Teologica. Rivolgo il mio deferente pensiero al Rappresentante del Presidente della Repubblica e alle Autorità, come pure ai Rettori Magnifici delle Università, che ringrazio per il gesto di cortesia che la loro presenza esprime.

Abbiamo ascoltato, nella prima lettura, un oracolo stupendo del profeta Isaia: “I suoi bimbi saranno portati in braccio, sulle ginocchia saranno accarezzati. Come una madre consola un figlio così io vi consolerò”. Queste parole diffondono una luce intensa sull’odierna liturgia della memoria dell'apparizione della Vergine Maria a santa Bernadette, a Lourdes. Colui che consola è Dio stesso. È Lui ad abbracciare gli uomini nella sua tenerezza infinita, che qui si esprime anche con l'immagine dell'essere presi in braccio e sulle ginocchia, del venire accarezzati come bimbi amatissimi. Al tempo stesso, possiamo dire che Maria, esercitando verso di noi la maternità conferitale dal suo figlio innalzato sulla croce, è più che mai partecipe della tenerezza di Dio nei nostri confronti. Ella, infatti, nelle sue apparizioni, dimostra costantemente il suo amore materno agli uomini, particolarmente in alcuni momenti della storia. Al riguardo, Lourdes rappresenta una singolare realizzazione della promessa divina di donare agli uomini abbondanza di consolazione, perché in quel luogo benedetto Maria è veramente la Consolatrice: Consolatrice dei malati, che sempre ricevono doni e conforti spirituali e talora anche la guarigione completa; Consolatrice dei peccatori, che per mezzo della Madre del Redentore sono attirati alla conversione.

Nel corso della sua vita terrena, la Madonna è stata la “Serva del Signore”, docile alle parole e alla volontà di Dio; ma nell’episodio delle nozze di Cana, poc’anzi rievocato dal Vangelo, Ella si presenta come colei che sollecita anche gli altri a compiere la volontà di Dio, a “fare tutto quello che Egli – il suo Figlio – dirà”. Questo brano evangelico è tra quelli che forse conosciamo meglio. Vediamo la Madre di Gesù che, unica, si accorge che sta finendo il vino. Non è preoccupata per sé o per il suo apparire. I suoi occhi e il suo cuore sono rivolti soltanto agli sposi e agli invitati, perché tutti siano felici e la festa non sia turbata. Si avvicina quindi al Figlio e gli dice: “Non hanno più vino”. Maria sente come sua quella festa e la gioia dei due sposi. Come Lei, anche noi sacerdoti dovremmo rivolgere al Signore parole premurose e accorate in favore di tanti che hanno bisogno di aiuto, di misericordia, di perdono, di solidarietà, perché anche per loro il Signore possa compiere il “segno” che salvò la festa di Cana. Quanto c’è bisogno dei “segni” del Signore, della sua presenza nel nostro mondo! A Cana Maria indica la via ai servi: “Fate quello che egli vi dirà”. E’ la via maestra dell’ascolto del Vangelo, che noi sacerdoti dobbiamo percorrere in prima persona, con perseveranza, educando quanti sono a noi affidati a seguirla quotidianamente.

Cari sacerdoti, in questo Anno Sacerdotale siamo tutti invitati ad essere, mediante il nostro ministero, segni sempre più luminosi della presenza di Cristo salvatore. Dobbiamo riscoprire la grandezza del Sacramento che ci ha configurati per sempre a Lui e coglierne l’inesauribile fecondità. Essa si manifesta nella varietà dei ministeri che esercitiamo al servizio della Chiesa e del Regno di Dio. Nelle sante Messe che celebriamo, noi rendiamo ogni volta Cristo realmente presente sull'altare; e impartendo l’assoluzione in persona Christi offriamo al peccatore l’opportunità di lasciarsi redimere e di sperimentare la gioia della Riconciliazione con Dio e i fratelli.

Il brano evangelico continua, narrando che i servi vanno da Gesù e si sentono dare un singolare comando: “Riempite d'acqua le giare”. E' un comando semplice, che appare quasi inutile. Infatti, che cosa c’entra con la mancanza di vino? Ma i servi obbediscono. E, dopo aver riempito le sei giare, si sentono dire di attingere e portarne al maestro di tavola. Anche a questo nuovo e oscuro comando i servi obbediscono. La festa è salva! Anzi, finisce in crescendo, come riconosce lo stesso maestro di tavola: “Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un po’ brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono” (Gv 2,10). Al miracolo dell’acqua che diventa vino ha così contribuito anche la fede dei servi.

La fede è la risposta a Dio che in Cristo ci chiama alla salvezza. Essa è l’anima del ministero sacerdotale e il fondamento della vita del presbitero. Nella Lettera ai Romani, san Paolo dice: “Se confesserai con la tua bocca che Gesù è il Signore e crederai con il tuo cuore che Dio lo ha risuscitato dai morti, sarai salvo. Con il cuore infatti si crede per ottenere la giustizia, e con la bocca si fa la professione di fede per avere la salvezza... Ora, come potranno invocarlo senza aver prima creduto in Lui? E come potranno credere senza averne sentito parlare? E come potranno sentirne parlare senza uno che lo annunzi?... Come sta scritto: «Quanto sono belli i piedi di coloro che recano un lieto annunzio di bene!» ... La fede dipende, dunque, dalla predicazione e la predicazione a sua volta si attua per la parola di Cristo” (Rm 10,9-17). Il sacerdote è chiamato innanzitutto ad annunciare la parola di Dio e ad offrire il sacrificio dell’Eucaristia. Come insegna il Concilio Vaticano II: “In virtù della sacra Ordinazione e della missione che ricevono dai Vescovi, i presbiteri sono promossi al servizio di Cristo Maestro, Sacerdote e Re, partecipando al suo ministero, per il quale la Chiesa qui in terra è incessantemente edificata in Popolo di Dio, Corpo di Cristo e Tempio dello Spirito Santo” (Decr. Presbyterorum Ordinis, 1). Quale sublime missione!

Cari sacerdoti, sappiamo quanto il Santo Curato d’Ars si sentisse inadeguato rispetto ad una compito così grande. Eppure, egli era un gigante nella fede, nella preghiera, nello zelo per le anime! La sua testimonianza ci illumina e ci conforta. Anche noi, pensando alla dignità del sacerdozio nella Chiesa di Cristo, sentiamo tutto il contrasto con i nostri limiti e le nostre fragilità. In certi momenti di particolare difficoltà o stanchezza, possiamo anche sperimentare qualcosa di analogo a ciò che accadde alle nozze di Cana: il vino scarseggia, cioè il fervore e la gioia interiori dei primi anni di sacerdozio possono affievolirsi; le trascuratezze, specialmente nella preghiera, portano il cuore a una certa aridità; emerge un senso di insoddisfazione e di frustrazione… Cari fratelli! Proprio in quei momenti, lo sguardo premuroso di Maria è su di noi! Ella per prima, Ella sola, a volte, si accorge, e dice a Gesù: vedi, non ha più vino. Allora, non abbiamo paura! Solo, preoccupiamoci sempre che nella nostra vita sacerdotale siano sempre presenti il Signore Gesù e Maria, Madre sua e nostra. Grazie a loro, la “festa” del nostro sacerdozio non avrà mai fine; il nostro amore potrà sempre rinnovarsi e, anche attraverso i momenti di difficoltà, diventare ancora più “buono”, più simile alla carità del Cuore sacerdotale di Cristo. E’ questo l’augurio che vi rivolgo in questo Anno Sacerdotale, affidandolo alla celeste intercessione di Maria Santissima, Madre dei sacerdoti. Lasciamoci sempre guidare da quelle sue parole, semplici ed essenziali: “Fate quello che Lui vi dirà”.

 

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