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CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE
DELL'INCONTRO CON I VESCOVI IRLANDESI

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Basilica di San Pietro - Grotte Vaticane
Lunedì, 15 febbraio 2010

 

Venerati Fratelli!

E’ un dono singolare del Signore celebrare questa Eucaristia presso la Tomba di San Pietro, prima dell’incontro a voi riservato dal Santo Padre Benedetto XVI. Desidero innanzitutto recarvi il Suo cordiale benvenuto: Egli è spiritualmente unito a noi questa mattina e, nella Santa Messa, ha pregato perché la vostra permanenza presso la Sede di Pietro sia ricca di frutti. Siete venuti tutti insieme, l’intero Episcopato d’Irlanda, per ascoltare il Successore di Pietro e presentarGli le vostre iniziative circa la difficilissima crisi in atto nella Chiesa del vostro Paese. Per questo, mentre offriamo il Sacrificio eucaristico, invochiamo in modo particolare lo Spirito Santo, affinché questo incontro sia colmo di carità nella verità e susciti rinnovato impegno di comunione e di unità tra i Pastori e con i fedeli loro affidati.

E’ impressionante come nel brano di san Giacomo e nel Salmo, che abbiamo appena ascoltato, la Parola di Dio ci venga incontro, ricordandoci che la prova da una parte umilia, e dall’altra produce la pazienza e un approfondimento della fede, giungendo ad affermare che è motivo di “perfetta letizia” (Gc 1,2). Per la Chiesa le prove possono venire dall’esterno o dall’interno. Entrambe sono dolorose, ma quelle che provengono dall’interno sono naturalmente più dure e umilianti. Tale è la grave prova che stanno attraversando in questo momento le vostre Comunità, che vedono alcuni uomini di Chiesa coinvolti in atti particolarmente esecrabili. San Giacomo, invece, si riferisce a persecuzioni nei confronti dei cristiani. Tuttavia, egli afferma che “ogni sorta di prove” può diventare motivo di purificazione e di santificazione per la Comunità dei credenti, purché illuminata dalla fede. Allora occorre pregare molto, domandare a Dio la sapienza – come esorta subito dopo l’Apostolo – e allora si può arrivare a fare proprie in verità le parole del Salmo: “Bene per me se sono stato umiliato, / perché impari ad obbedirti” (Sal 118/119,71). Questo genere di prova ci spoglia di ogni falsa sicurezza e ci spinge ad affidarci solo a Dio: “Tu sei buono, Signore, e fai il bene … Signore, so che giusti sono i tuoi giudizi / e con ragione mi hai umiliato” (ibid., 68.75). Ma non basta essere umiliati, bisogna diventare umili di cuore. Ecco allora che il ritornello che la liturgia ha posto stamattina sulle nostre labbra esprime perfettamente ciò di cui noi abbiamo veramente bisogno: “Donaci, Signore, l’umiltà del cuore”. Solo se si arriva all’umiltà autentica e sincera, la grazia di Dio può agire in profondità, e realizzare una vera rinascita.

Questa è l’opera dello Spirito Santo, che risuscitò Gesù, l’Agnello senza macchia, quando aveva toccato il fondo dell’umiliazione, perché giunto all’estremo della solidarietà con noi peccatori, fino a diventare lui stesso peccato. Come scrive san Paolo: “Colui che non aveva conosciuto peccato, Dio lo fece peccato in nostro favore, perché in lui potessimo diventare giustizia di Dio (2 Cor 5,21). Grazie all’umiliazione di Cristo, lo Spirito Santo, che lo risuscitò dai morti, può risuscitare anche noi dalla nostra umiliazione e donarci una vita nuova. Accogliamo dunque con piena fiducia la promessa che il Signore rinnova anche per noi quest’oggi, nello stesso contesto in cui la pronunciò per gli Apostoli, quello cioè della Cena pasquale: “Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Consolatore – Paraclito, perché rimanga con voi per sempre” (Gv 14,16). Chiama lo Spirito con il termine “Paraclito”, e dice che è “un altro”. Il primo Paraclito, infatti, è Lui stesso, il Signore Gesù, venuto a difenderci dall’“accusatore”, il maligno, che Egli ha sconfitto. Ma la lotta contro il male non è finita, continua fino alla fine dei tempi. Per questo il Padre ci ha mandato nel nome di Gesù lo Spirito Santo, per difenderci e consolarci. E’ l’opera della carità di Dio, della sua infinita misericordia, che può colmare l’abisso più profondo. Lo può fare, però, purché il peccatore riconosca la propria colpa in piena verità. Cristo, infatti, è pienezza di grazia e di verità (cfr Gv 1,14); e altrettanto si deve dire del suo Spirito. Caritas in veritate. Questo è il principio fondamentale della vita cristiana, basato sull’essere stesso di Dio, rivelato in Cristo e comunicato nello Spirito Santo. Purtroppo, anche il cristiano, che pure è unito a Cristo mediante il Battesimo e l’Eucaristia e possiede le primizie dello Spirito, è esposto all’azione del maligno e può cadere nel peccato. Ma il maligno insinua anche un’altra tentazione, ai suoi occhi ancora più importante: quella cioè che tende a far perdere la fiducia in Dio, spingendo nello scoraggiamento e nella disperazione.

A questa prova della fede occorre rispondere con l’invocazione. Ecco perché siamo qui, riuniti intorno all’altare del Signore, per dirgli: Aiutaci, Signore, noi confidiamo in te! Questo grido uscì una volta anche dalla bocca di Pietro e degli altri Apostoli, sul lago di Galilea, quando un’improvvisa tempesta minacciava di affondare la loro barca (cfr Mc 4,35-41). Gesù era con loro, ma dormiva, ed essi si sentirono perduti. Lo svegliarono, ed egli subito placò il vento e le acque; poi disse loro: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (Mc 4,40). Sì, le tempeste fanno paura. Anche quelle che scuotono la barca della Chiesa per colpa dei peccati dei suoi membri. Ma da queste tempeste, per la grazia di Cristo, può venire la grazia della conversione e una fede più grande: quando tutta la nostra sicurezza viene meno e ci sentiamo perduti, è più facile affidarci totalmente a Lui, il Signore. E’ interessante notare come l’immagine delle onde del mare mosse e agitate dal vento sia presente anche nella prima lettura di oggi. San Giacomo la usa come paragone per colui che esita nella sua fede, che ha un animo oscillante e instabile, e perciò non può ricevere il dono della sapienza (cfr Gc 1,6-8). Questa, in realtà, è la tempesta più pericolosa: quella che tocca il cuore dei credenti, scuotendo la loro fede e minacciando la loro capacità di affidarsi a Dio, di confidare nella sua sovrabbondante provvidenza.

Cari e venerati Fratelli, umiltà e fiducia: ecco quanto il Signore si aspetta da noi. E mentre ci domanda questi due atteggiamenti, anzi, prima ancora di chiederceli, Egli stesso ce li dona, proprio mediante la sua Parola e il suo Spirito. La Vergine Santa ci aiuti ad accogliere con cuore buono e fedele la volontà di Dio e a ricevere tutta la forza rinnovatrice e confortatrice del Santo Paraclito. La Madre della Chiesa lo ottenga particolarmente per voi, per tutti i vostri sacerdoti e per l’intero Popolo di Dio che è in Irlanda.

  

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