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 INCONTRO DEI VESCOVI SALESIANI

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Santuario di Don Bosco a Colle Don Bosco
Domenica, 23 maggio 2010
 

Eminenze ed Eccellenze Reverendissime,
Carissimo Rettor Maggiore,
Amati fratelli e sorelle nel Signore,

Celebriamo oggi la solennità della Pentecoste: un avvenimento “fondante” per la Chiesa, che in questo giorno si presenta al mondo, dopo la sua nascita attraverso il battesimo nello Spirito, come testimone del Signore Gesù. L’effusione dello Spirito su Maria, gli Apostoli e i discepoli di Gesù è la realizzazione della Pasqua, che manifesta la ricchezza della vita nuova del Signore Risorto. Pentecoste è l’inizio della Chiesa, il superamento della sua timidezza, il principio della sua fecondità.

Nella lettura degli Atti degli Apostoli si dice che, mentre il giorno di Pentecoste volge al termine, si compie la promessa di Gesù: “voi sarete battezzati in Spirito Santo” (At 1, 5). Il contesto richiama le teofanie dell'Antico Testamento, in particolare quella dell’Esodo, preludio al dono della Legge, che il giudaismo celebrava appunto a Pentecoste. Lo Spirito è presentato come compimento della promessa e pienezza. Come vento gagliardo riempie tutta la casa e come lingue di fuoco si posa su ciascuno, comunicando il potere di una parola infuocata, che annuncia il mistero di Gesù crocifisso e risorto, in molteplici lingue. E’ un messaggio di Dio Amore, comprensibile a tutti e destinato al mondo intero.

L'evento avviene in un luogo delimitato e coinvolge un numero ristretto di persone, ma da questo momento, a partire da quelle poche persone, ha inizio un'opera evangelizzatrice dalle sconfinate dimensioni, rivolta ad «ogni nazione che è sotto il cielo». Il dono della parola, primo carisma suscitato dallo Spirito, è finalizzato alla lode del Padre e all'annunzio, perché tutti, per la testimonianza dei discepoli, possano aprirsi alla fede e rendere gloria a Dio.

Due sono le caratteristiche che contraddistinguono questa nuova capacità di comunicazione elargita dallo Spirito: la parola è comprensibile a ciascuno, realizzando l'unità linguistica distrutta da Babele (Gen 11,1-9); essa sembra poi ricollegarsi all’esperienza estatica dei più antichi profeti (cfr. 1 Sam 10,5-7) e comunque è interpretata come profetica dallo stesso Pietro, quando spiega l'accaduto ai Giudei di ogni provenienza. Lo Spirito irrompe e trasforma il cuore dei discepoli rendendoli capaci di intuire, seguire, testimoniare le vie di Dio per guidare tutte le genti alla piena comunione con lui, nell'unità della fede in Gesù Cristo, crocifisso e risorto.

Scrivendo ai Romani, Paolo evidenzia la drammaticità della condizione umana soggetta alla schiavitù del peccato. Egli indica questa fragilità con il termine biblico «carne». Coloro che si lasciano dominare dalla carne non possono essere graditi a Dio, poiché essa tende all’inimicizia verso Dio». Nei battezzati però dimora e agisce anche lo Spirito Santo. Compito del cristiano è quindi quello di lasciar operare in sé ogni giorno sempre di più il dinamismo di morte al peccato e di apertura alla vita nello Spirito, insito nel battesimo, per essere sempre più permeati della vita stessa di Dio.

E’ lo Spirito che rende l'uomo figlio adottivo di Dio, inserendolo nella filiazione unica di Cristo. Questa realtà, però, non si compie immediatamente. E’ un germe che si sviluppa quotidianamente nella misura della docilità alla sua “guida”. Al centro della lettera compare per la prima volta questa splendida definizione dei cristiani, denominati i «guidati dallo Spirito di Dio»; in tal modo essi sono figli di Dio. Lo Spirito conferma interiormente questa nuova adozione, donando la libertà di pregare Dio con la stessa fiducia di Gesù e con la sua stessa invocazione filiale, nello stesso tempo dischiudendo l'orizzonte sconfinato della nuova condizione: se si è figli, si è anche eredi insieme con Cristo, primogenito fra molti fratelli.

Nel brano del Vangelo, lo Spirito Santo è presentato come «un altro Paraclito», cioè un testimone favorevole. Egli, dopo Gesù e per la sua preghiera, sarà mandato dal Padre ai discepoli per rimanere per sempre con loro. Lo Spirito è dunque una realtà personale - non un'energia cosmica impersonale - e divina, che entra in comunione con l'uomo e lo ricolma di amore. Non si tratta di un amore generico, ma dell'amore per Gesù, che è fatto di concreta attuazione dei suoi comandamenti, delle sue parole, nella fede profonda che egli ci ha parlato secondo il volere di Dio, Padre suo e, in Lui, Padre nostro.

Custodire nel cuore e nella vita questa Parola dilata l'intimo di colui che si fa discepolo e lo rende capace di accogliere la presenza di Dio, che contraccambia infinitamente l'umile amore dell'uomo, ponendo in lui la sua tenda per dimorarvi, insieme a Gesù. E’ questa la promessa di una comunione che Gesù offre a tutti: «Se uno mi ama osserverà la mia parola... Prenderemo dimora presso di lui». Dopo la sua dipartita non lascerà mancare ai suoi l'insegnamento di vita eterna, poiché lo Spirito Santo verrà nel suo nome. Egli verrà per completare la sua rivelazione facendola comprendere profondamente e facendola ricordare, ossia illuminando costantemente il cammino quotidiano, spesso oscuro, con raggi di eternità. La Chiesa nasce così trasformando profondamente la persona dei discepoli e creando la comunità dei credenti al servizio del mondo.

Benedetto XVI vede così la formazione della Chiesa, ieri, oggi e sempre: “Noi preghiamo che la Pentecoste non sia solo un avvenimento del passato, il primo inizio della Chiesa, ma sia oggi, anzi adesso: “nunc sancte nobis Spiritus”. Preghiamo che il Signore adesso realizzi l’effusione del suo Spirito e ricrei di nuovo la sua Chiesa e il mondo. Ci ricordiamo che gli apostoli dopo l’Ascensione non hanno iniziato – come forse sarebbe stato normale – a organizzare, a creare la futura Chiesa. Hanno aspettato l’azione di Dio, hanno aspettato lo Spirito Santo. Hanno compreso che la Chiesa non si può fare, che non è un prodotto della nostra organizzazione: la Chiesa deve nascere dallo Spirito Santo. Come il Signore stesso è stato concepito ed è nato dallo Spirito Santo, così anche la Chiesa deve essere sempre concepita e nascere dallo Spirito Santo. Solo con questo atto creativo di Dio noi possiamo entrare nell’attività di Dio, nell’azione divina e collaborare con Lui” (Benedetto XVI, II Assemblea speciale per l’Africa del Sinodo dei Vescovi, Prima congregazione generale, 5 ottobre 2009).

Carissimi fratelli e sorelle, oltre alla Parola di Dio ascoltata, il contesto solenne di questa celebrazione ci richiama in modo forte l’evento della Pentecoste. Percepiamo, allora, l’importanza di questa straordinaria convocazione di Cardinali, Arcivescovi e Vescovi Salesiani provenienti da tutto il mondo. Vengono da tutti i continenti: dall’America, Asia, Africa, Australia, Europa e Oceania. Sono Vescovi di città importanti e Vescovi di diocesi missionarie o di frontiera. Sono cristiani che il Signore ha chiamato a seguire don Bosco nella grande missione di educazione e evangelizzazione dei giovani. Sono stati poi chiamati dal Santo Padre a collaborare direttamente con lui a Roma a servizio della Chiesa universale o ad essere pastori di Chiese locali.

Mi rivolgo dunque a voi, carissimi Confratelli Salesiani Vescovi e Cardinali! Perché oggi il Signore Gesù ci ha chiamato su questo colle? Ci troviamo qui, come in un “cenacolo fraterno” attorno al Successore di don Bosco, a riaffermare la nostra vocazione iniziale e a rinvigorire con la forza dello Spirito Santo il desiderio di essere annunciatori del Vangelo, soprattutto ai giovani. Proprio per questo, il Signore ha voluto riportarci alla contemplazione di un Santo che ha affascinato la nostra vita: San Giovanni Bosco. Egli, semplice sacerdote, è stato un’anima piena di Spirito Santo. In tutto si è lasciato guidare dallo Spirito per compiere fino in fondo la missione che gli era affidata. Tutta la sua vita è stata spesa fino in fondo, “fino all’ultimo respiro”, per il bene dei suoi giovani, in un servizio continuo e fedele al Santo Padre e alla Chiesa. Sulla scia del suo luminoso esempio, seguito da tanti Vescovi, Sacerdoti e laici santi, disponiamoci anche noi, al soffio dello Spirito Santo, a fare dono alla Chiesa della nostra santità personale, prima ancora che del nostro servizio ministeriale. Quando con orgoglio cantiamo “Don Bosco ritorna…” quel santo sacerdote, quel padre spirituale dei giovani, quell’apostolo appassionato, quell’esempio di fedeltà a tutta prova alla Chiesa e al Papa, dobbiamo essere noi.

Molte volte mi viene chiesto come vedo la Chiesa dall’osservatorio di uno che è chiamato a lavorare accanto al Santo Padre come Segretario di Stato. Innanzitutto il Papa è Colui che lo Spirito Santo ha scelto come Supremo Pastore per condurre la Chiesa, e con lei il mondo, verso i traguardi pensati da Dio. Benedetto XVI svolge la sua missione e fa fronte alle sfide di questo nostro tempo, con una grande carica di santità personale, coltivata al cospetto della Verità. Riguardo alle esigenze della Chiesa, il suo governo è forte, mentre la sua paternità verso tutti è colma di soavità e di amore. Benedetto XVI è instancabile nell’indicarci la bellezza della fede cristiana. Egli è fermamente convinto di essere chiamato a far risplendere la luce di Cristo davanti agli uomini e alle donne di oggi. Sua grande preoccupazione non è la sua personale dignità, ma il bene delle anime. In comunione con lui, ogni Vescovo cammina davanti al suo gregge e indica la via. Custodisce i suoi, come Maestro, Santificatore e Guida credibile. Per questo, a immagine del buon pastore, deve essere disposto anche a dare la vita per le pecore.

Il mio compito accanto a Benedetto XVI mi porta a condividere la sua sollecitudine per tutti i figli della Chiesa, sia di coloro che la riempiono di gloria con la loro santità, sia di coloro che la crocifiggono con il loro peccato. In occasione del recente viaggio-pellegrinaggio a Fatima, abbiamo potuto vedere e ascoltare con quale forza ha ricordato a tutta la Chiesa la necessità della conversione, della preghiera e della penitenza. Le difficoltà della Chiesa, perseguitata e osteggiata in tante parti; i chiaroscuri della Chiesa santa e peccatrice nei suoi figli; le ansie della Chiesa bisognosa di aiuto perché fatta di uomini e donne che affrontano i pericoli e le sfide della società in cui vivono, necessitano di una ardente carità pastorale e di esempi di santità.

In questo giorno di Pentecoste, attingiamo alla testimonianza del nostro caro Fondatore e Padre, che ha dato con passione tutto se stesso per la Chiesa, e chiediamo allo Spirito Santo - ricordando l’episodio di Elia ed Eliseo - che il mantello della sua carità pastorale e della sua santità possa passare sulle nostre spalle. Chiediamo di poter accogliere, pregare e vivere il motto di don Bosco: “Da mihi animas, cetera tolle”! Maria Ausiliatrice, Madre della Chiesa e Aiuto dei Cristiani, ci accompagni come Madre, Maestra e Guida! Amen!

 

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