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CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE
DEL CONVEGNO DEL SINODO DEI VESCOVI
PER NUOVI VESCOVI

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Pellegrinaggio alla Tomba di S. Pietro
Venerdì, 10 settembre 2010

 

Cari Fratelli nell’Episcopato,

sono molto lieto di presiedere la prima Celebrazione eucaristica di questo convegno, che raduna i Vescovi nominati nel corso dell’ultimo anno per una proficua esperienza di fraternità e di approfondimento. Ringrazio di cuore Sua Eminenza il Cardinale Marc Ouellet e i collaboratori della Congregazione per i Vescovi, perché anche quest’anno si sono prodigati nel promuovere quest’incontro, così significativo e partecipato. Saluto cordialmente ciascuno di voi, cari Confratelli, che di recente il Santo Padre Benedetto XVI ha chiamato alla guida di Diocesi sparse ovunque nel mondo. A tutti trasmetto il Suo saluto beneaugurante e la Sua benedizione. Egli, che avrete la gioia di incontrare lunedì prossimo, sin d’ora vi segue spiritualmente con la Sua preghiera in questi giorni, durante i quali avrete l’opportunità di ascoltare autorevoli esponenti della Curia Romana, confratelli Vescovi ed esperti nei vari ambiti attinenti alla missione di un Pastore diocesano.

Dinanzi alle sfide del nostro tempo, i Vescovi sono chiamati, ad imitazione del divino Maestro, a spronare specialmente i sacerdoti, loro primi collaboratori, a vivere gioiosamente e responsabilmente il ministero sacerdotale. É quanto raccomandò l’anno scorso, ai partecipanti a questo medesimo convegno, il Santo Padre Benedetto XVI: “É importante – disse – non dimenticare che uno dei compiti essenziali del Vescovo è proprio quello di aiutare, con l’esempio e con il fraterno sostegno, i sacerdoti a seguire fedelmente la loro vocazione, e a lavorare con entusiasmo e amore nella vigna del Signore” (Insegnamenti di Benedetto XVI, 2009 V, 2, pag. 232).

É l’impegno di essere come il Maestro. Proprio a questo ci invita la Parola di Dio che la Chiesa offre alla nostra meditazione quest’oggi: “Un discepolo non è più del maestro; ma ognuno, che sia ben preparato, sarà come il suo maestro” (Lc 6,40). Queste parole di Gesù, oggi, potete sentirle particolarmente rivolte a voi, perché vi è stata affidata la guida di una porzione di Chiesa particolare, per condurla alle “amabili dimore del Signore” (cfr Sal. Resp.) L’imitazione di Cristo, sacerdote, re e profeta richiede di seguire Gesù che si è umiliato fino alla morte di croce per salvare ogni uomo che il Padre gli ha affidato.

Essere come il Maestro ci porta a guardare le persone con lo stesso sguardo di Gesù. La parola greca “episcopos” evoca proprio un modo di “guardare”; per questo si può tradurre con “custode”, letteralmente “sorvegliante”. Sarebbe riduttivo intendere il senso di tale termine come sorveglianza esterna o mera funzione di controllo; piuttosto lo si deve cogliere nell’accezione di “vedere dall’alto”, un vedere a partire dall’elevatezza di Dio. A tale proposito, così si esprimeva Sua Santità nell’omelia della solennità dei Santi Pietro e Paolo dello scorso anno: “Un vedere nella prospettiva di Dio è un vedere dell’amore che vuole servire l’altro, vuole aiutarlo a diventare veramente se stesso. Cristo è il “vescovo della anime”, ci dice Pietro (1 Pt 2, 25). Ciò significa: Egli ci vede nella prospettiva di Dio. … Nella prospettiva di Dio si vede l’essenza, si vede l’uomo interiore. Se Cristo è il Vescovo delle anime, l’obiettivo è quello di evitare che l’anima nell’uomo s’immiserisca, è di far sì che l’uomo non perda la sua essenza, la capacità per la verità e per l’amore” (Insegnamenti di Benedetto XVI , 2009 V, 1, pag. 1091).

Il buon discepolo assomiglia al Maestro; quindi, nostro compito è quello di offrire a quanti sono affidati alla nostra sollecitudine pastorale una cura piena di amore, mettendo in pratica la volontà di Dio: “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno ... Chiunque vede il Figlio e crede in Lui … io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6,39-40). Perciò, cari Fratelli, siete chiamati non tanto a giudicare, ma soprattutto a preservare dal maligno e tenere saldamente uniti tutti i suoi figli, offrendo a ciascuno l’amore e la vita di Dio che si rivela nel Figlio Gesù. I fedeli affidati al vostro servizio episcopale attendono da voi di essere confermati nell’adesione al Vangelo e spronati nella testimonianza cristiana. Sappiate infondere in loro consolazione e speranza, fiducia e coraggio, ma anche, con lo stesso amore, richiamarli e correggerli.

“Siate misericordiosi... non giudicate... non condannate... perdonate” (Lc 6,36-37). Queste parole di Gesù, riportate dall’evangelista Luca subito prima del brano odierno, indicano ai discepoli la meta, per essere conformi al maestro, e anche il cammino da compiere. Si tratta di un itinerario caratterizzato da umile ascolto dell’altro, da ricerca appassionata dei germi di bene presenti in ogni individuo, da paziente attesa e rispetto dei diversi tempi di maturazione spirituale delle persone.

Come insegna il Concilio Vaticano II, compito del Vescovo è di essere “segno vivo di Gesù Cristo” (Lumen gentium, 21), vale a dire segno dell’amore di Cristo per il popolo di Dio a noi affidato. La nostra efficacia nel mostrare Cristo al mondo dipende in gran parte dall’autenticità della nostra sequela del divino Maestro. La santità personale è la condizione per rendere fruttuoso il nostro ministero episcopale. É l’unione con Gesù che determina la credibilità della nostra testimonianza al Vangelo e la soprannaturale efficacia del nostro agire.

Carissimi, quale è il compito essenziale del Pastore? Ce lo indica ancora una volta il Santo Padre: “É compito del Pastore – diceva nella già citata omelia dei SS. Pietro e Paolo – pascolare e custodire il gregge e condurlo ai pascoli giusti. Pascolare il gregge vuol dire aver cura che le pecore trovino il nutrimento giusto, sia saziata la loro fame e spenta la loro sete. Fuori di metafora, questo significa: la parola di Dio è il nutrimento di cui l'uomo ha bisogno. Rendere sempre di nuovo presente la parola di Dio e dare così nutrimento agli uomini è il compito del retto Pastore”. E aggiungeva: “Egli deve anche saper resistere ai nemici, ai lupi. Deve precedere, indicare la via, conservare l'unità del gregge. … Non basta parlare. I Pastori devono farsi ‘modelli del gregge' (1 Pt 5,3). La parola di Dio viene portata dal passato nel presente, quando è vissuta” (Insegnamenti di Benedetto XVI , 2009 V, 1, pag. 1091).

É importante ascoltare le riflessioni di un grande Pastore della Chiesa, di cui abbiamo celebrato la memoria una settimana fa, San Gregorio Magno, papa. Egli presenta la missione del Pastore come quella di una sentinella, partendo dalla profezia di Ezechiele: «“Figlio dell’uomo, ti ho posto per sentinella alla casa d’Israele” (Ez 3, 16). É da notare che quando il Signore manda uno a predicare, lo chiama col nome di sentinella. La sentinella infatti sta sempre su un luogo elevato, per poter scorgere da lontano qualunque cosa stia per accadere. Chiunque è posto come sentinella del popolo deve stare in alto con la sua vita, per poter giovare con la sua preveggenza». E dopo aver analizzato con umiltà il suo comportamento, conclude con un grande atto di fiducia in Dio e con un deciso impegno: «Però il creatore e redentore del genere umano ha la capacità di donare a me indegno l’elevatezza della vita e l’efficacia della lingua, perché, per suo amore, non risparmio me stesso nel parlare di lui» (Lib. 1,11, 4-6; CCL 142, 170-172).

Della passione per l’annuncio del Vangelo, ci ha parlato la prima Lettura, nella quale san Paolo esclama: “Guai a me se non annuncio il Vangelo” (1 Cor 9,16). Sia questo l’assillo apostolico di ciascuno di voi! Sia questa la costante del vostro servizio episcopale! Ricordate sempre che nel rito dell’Ordinazione è stato posto sul vostro capo il libro dei Vangeli aperto: tale suggestivo gesto simboleggia la totale “sottomissione” della vita del Pastore alla parola di Dio che è chiamato ad annunciare. I vostri pensieri, le vostre prospettive, i vostri progetti non possono prescindere dalla Parola di salvezza alla quale tutti nella Chiesa devono ascolto, obbedienza e docilità.

Lo Spirito Santo, la cui Messa votiva stiamo celebrando, conduca ciascuno di voi, come l’Apostolo Paolo, a svolgere con gioiosa oblatività e con ardore apostolico il ministero a voi affidato. L’annuncio del Vangelo ha bisogno di maestri che sappiano essere soprattutto autentici testimoni, capaci di incarnare la Parola di verità nei diversi contesti storici, sociali, culturali. Al divino Paraclito chiediamo il dono del consiglio, per svolgere con esemplare rettitudine e con larghezza di cuore l’ardua ma esaltante missione di guide del popolo santo di Dio, poste a capo del gregge non per essere servite, ma per servire. Chiediamo altresì il dono della fortezza, per saper correggere all’occorrenza, con carità e fermezza, quelle situazioni dottrinali, pastorali e liturgiche non conformi all’insegnamento e all’autentica prassi ecclesiale.

Maria Santissima, Regina Apostolorum, sostenga con tenerezza materna gli inizi del vostro ministero episcopale. Alla sua potente intercessione affido voi, le vostre comunità e tutti i vostri progetti di bene.

 

  

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