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PRESENTAZIONE DELL'OPERA OMNIA
DI SUA SANTITÁ BENEDETTO XVI

DISCORSO DEL CARD.TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede, Palazzo Borromeo
Mercoledì, 27 ottobre 2010

 

Eminenze, Signor Ambasciatore,
Eccellenze, Signore e Signori,

l’incontro di questa sera, grazie alla generosa intraprendenza e squisita ospitalità di S.E. l’Ambasciatore Antonio Zanardi Landi, ci offre l’opportunità di fermarci a considerare l’iniziativa editoriale messa in atto dalla Libreria Editrice Vaticana di pubblicare l’Opera Omnia di Joseph Ratzinger in una nuova traduzione italiana, corredata dal rigoroso controllo dell’apparato bibliografico.

Nella prefazione al volume XI, pubblicato in occasione della scorsa solennità dei Santi Pietro e Paolo, ho già avuto modo di esprimere la giusta riconoscenza alla Libreria Editrice Vaticana e alla tedesca Herder Verlag. Ora, mentre rinnovo la mia gratitudine al Presidente della LEV, Mons. Giuseppe Scotti, e al Direttore, don Giuseppe Costa, mi felicito perché, in soli due mesi, anche grazie ad una valida campagna promozionale, è andata esaurita la prima edizione. Il volume che questa sera abbiamo a disposizione è il risultato di una prima ristampa fatta a fine agosto, ma anch’essa in via di esaurimento. Ho segnalato questo dato per proporre una prima considerazione: forse sono più numerosi di quanto si pensi coloro che vogliono accostarsi ad un testo teologico serio, capace di aiutare il lettore ad “amare l’Amato”, secondo la bella espressione di Papa Benedetto XVI.

Il Santo Padre, nella Sua prefazione all’edizione tedesca – nel primo dei tre volumi finora usciti a partire dal 2008 – scrive: “Quando, dopo qualche esitazione, ho deciso di accettare il progetto di un’edizione di tutte le mie opere, avevo ben chiaro che doveva valere l’ordine delle priorità seguito dal Concilio e che quindi all’inizio doveva esserci il volume con i miei scritti sulla liturgia”. Ecco qui, offertaci dallo stesso Autore, una prima chiave per accostarci, con intelligenza, alla lettura – affascinante e capace di coinvolgere non solo la mente, ma anche il cuore del lettore – di questo primo, corposo tomo che ora abbiamo tra le mani. Penso che questa, che ho appena citato, sia una di quelle confidenze cui il Papa ci ha abituati in questi cinque anni e che noi non dobbiamo assolutamente sottovalutare se vogliamo cogliere la linea di sviluppo non solo del Suo pensiero teologico, come autore di innumerevoli scritti, ma dello stesso servizio petrino cui è stato chiamato, così come lo sta attuando.

Tutti, infatti, ricordiamo il primo discorso che Benedetto XVI ha rivolto alla Curia Romana nel 2005, in occasione della presentazione degli auguri natalizi. Un discorso ampio e articolato, nel quale il Pontefice ha voluto fare memoria della conclusione del Concilio Vaticano II, avvenuta quarant’anni prima, l’8 dicembre del 1965. E in quel contesto Egli non ha avuto timore di chiedersi con coraggio: qual è stato il risultato del Concilio? È stato recepito nel modo giusto? Che cosa, nella recezione del Concilio, è stato buono, che cosa insufficiente o sbagliato? Che cosa resta ancora da fare?”. Un incalzare di domande – come è nello stile di Benedetto XVI – che hanno dato luogo a una constatazione: “Nessuno può negare che, in vaste parti della Chiesa, la recezione del Concilio si è svolta in modo piuttosto difficile”. Ma quelle domande e la constatazione che ne è seguita non sono sfociate in recriminazioni o lamenti, bensì hanno suscitato ulteriori domande e dato voce al bisogno di offrire una sintesi, forse ancora embrionale, delle molte difficoltà vissute dalla Chiesa in questi ultimi decenni. Ascoltiamo ancora il Papa: “Perché la recezione del Concilio, in grandi parti della Chiesa, finora si è svolta in modo così difficile? Ebbene, tutto dipende dalla giusta interpretazione del Concilio o – come diremmo oggi – dalla sua giusta ermeneutica, dalla giusta chiave di lettura e di applicazione. I problemi della recezione sono nati dal fatto che due ermeneutiche contrarie si sono trovate a confronto e hanno litigato tra loro”.

Ho richiamato quel discorso del dicembre 2005 soprattutto perché in esso il Papa ha rilevato che a proposito del Concilio è ancora in atto tale “confronto”, e lo ha detto con la consueta trasparenza, semplicità e chiarezza che lo contraddistinguono, così da farsi capir non solo dagli studiosi, ma da tutta l’opinione pubblica. Ed è riprendendo quelle domande e quelle constatazioni che si capisce meglio anche il valore di questo primo volume dell’Opera Omnia e si coglie in pieno la decisione di partire dal Concilio Vaticano II. Riconoscere e affermare che vi è da una parte una “ermeneutica della discontinuità e della rottura” e che, dall’altra parte, c’è una “ermeneutica della riforma” che sceglie e spinge per il “rinnovamento nella continuità dell’unico soggetto-Chiesa, che il Signore ci ha donato”, è decisivo per avere la chiave di lettura di Teologia della Liturgia. Qui, infatti, vediamo usare quel tipo di approccio che, per dirlo ancora le parole del Papa, fa sì che il Concilio Vaticano II, “se lo leggiamo e recepiamo guidati da una giusta ermeneutica, può essere e diventare sempre di più una grande forza per il sempre necessario rinnovamento della Chiesa”. Ecco spiegata, a mio parere, la prospettiva di questo primo e fondamentale volume dell’Opera Omnia: è l’intento di aiutare la Chiesa in un grande rinnovamento che si rende possibile solo se si “ama l’Amato”, come insegna la Liturgia, un amore che porta frutto nella vita di tutti i giorni.

Vorrei aggiungere – ed è il secondo aspetto del mio intervento – che questo aiuto alla Chiesa, il professore e poi Cardinale Joseph Ratzinger, ora Papa Benedetto XVI, lo ha dato in tutta una vita di ricerca. Un impegno che ha prodotto oltre un centinaio di volumi e più di 600 articoli. Di tutto questo l’Opera Omnia deve dar conto nell’insieme dei sedici volumi previsti. In questo sulla Liturgia troviamo raccolti scritti che vanno dal 1964 al 2004. Questa mole di testi attesta non solo il lavoro dello studioso, ma getta luce anche sulla encomiabile generosità con la quale il prof. Joseph Ratzinger ha voluto condividere il frutto delle Sue ricerche con un pubblico veramente vasto ed eterogeneo.

La vastità e varietà di interventi, richiesti sia dallo studio teologico, sia dal servizio pastorale, suggerisce un’ulteriore considerazione: dobbiamo essere maggiormente consapevoli – e anche riconoscenti – della fatica che hanno dovuto, e dovranno compiere i curatori dell’Opera Omnia – il Vescovo di Ratisbona S.E. Mons. Gerhard L. Müller, il Prof. Dott. Rudolf Voderholzer e il Dott. Christian Schaller. Essi infatti devono lavorare molto per offrirci il pensiero di un Autore che è uno dei protagonisti della teologia di questi ultimi 50 anni. Un Autore che, tra l’altro, ha sviluppato anche un proprio metodo di ricerca che, mentre scava in profondità nel passato, sa dire una parola significativa e originale all’uomo contemporaneo. Un pensiero, dunque, che si raccorda sempre con la vita e i suoi problemi. Lo sappiamo, il metodo teologico di Joseph Ratzinger parte sempre da una seria e acuta analisi biblica, per passare poi ai Padri della Chiesa – dei quali possiede una conoscenza molto profonda – per giungere alla riflessione teologica sistematica. Questo modo di procedere rigoroso non diventa mai una “gabbia” per il pensiero, ma una garanzia per offrire una parola originale e illuminante sul presente.

A questo proposito, vorrei portare solo un esempio, ricavandolo dal volume che presentiamo questa sera. Cito testualmente: “Per il Cristianesimo nascente, il confronto con la gnosi significa lo scontro decisivo per la determinazione della propria identità”. Ebbene, da questo sintetico squarcio sulla storia della Chiesa delle origini, ecco emergere una stimolante affermazione sull’attualità. Cito ancora: “Anche oggi lo gnosticismo torna ad esercitare il suo fascino in molti modi: le religioni dell’Estremo Oriente portano in sé la stessa struttura fondamentale”. E aggiunge: “Il Creatore vuole positivamente che il creato esista come qualcosa di buono che gli sta di fronte”. Quindi, non “caduta dall’Infinito”, bensì invito rivolto all’uomo a scoprire la propria originalità, perché possa tornare a Dio con “una risposta di libertà e di amore”. In questo significativo “campione”, si può vedere dischiuso il tratto caratteristico del magistero di Benedetto XVI, che è proprio un continuo appello all’uomo perché riconosca e accolga questa sua vocazione alla pienezza di vita nella verità e nella carità. Libertà e amore hanno il loro fondamento nella capacità stessa dell’uomo di usare bene la ragione. Ecco allora offrirsi al lettore di questo libro - Teologia della Liturgia - con chiarezza e luminosità sorprendente l’immagine di un uomo che può rivolgersi al suo Creatore e dire: “Vieni oggi, Signore, vieni in ciascuno di noi, e vieni anche in questo nostro tempo: visibile, storico, nuovo”.

    

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