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PRESENTAZIONE DELL’OPERA “IUSTITIA ET IUDICIUM”
IN ONORE DI S.E. MONS. ANTONI STANKIEWICZ

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

 

Eminenze, Eccellenze,
Rev.mi Monsignori,
Professori,

desidero rivolgere un cordiale saluto specialmente ai curatori, agli autori dei saggi, come pure ai relatori che interverranno per illustrare l’opera che oggi viene presentata, dal titolo «Iustitia et Iudicium. Studi di diritto matrimoniale e processuale canonico in onore di Antoni Stankiewicz», edita dalla Libreria Editrice Vaticana, qui rappresentata dal direttore don Giuseppe Costa. Un saluto particolare rivolgo a Sua Eccellenza Mons. Antoni Stankiewicz, che in questi quattro volumi raccoglie, in un certo senso, la stima, la riconoscenza e l’affetto di quanti hanno potuto apprezzare nel corso degli anni il suo ministero giudiziale presso il Tribunale Apostolico della Rota Romana, e la sua competenza di studioso e di docente presso diverse insigni Istituzioni accademiche. Un pensiero di profonda gratitudine va pure alla Pontificia Università della Santa Croce e alla Pontificia Università Gregoriana, segnatamente a Mons. Joaquín Llobell e a p. Janusz Kowal, che hanno promosso questa importante iniziativa editoriale quale omaggio a Mons. Stankiewicz in occasione del suo 75° genetliaco.

Ho accolto volentieri l’invito rivoltomi a introdurre questo incontro, non solo per la stima e l’amicizia verso il caro Mons. Stankiewicz, ma anche perché ritengo che l’interessante pubblicazione, oggetto della nostra attenzione, costituisca un rilevante contributo per approfondire la comprensione di una disciplina fondamentale nella missione della Chiesa, il diritto canonico. Questi volumi, infatti, si propongono di cogliere alcuni peculiari aspetti del diritto ecclesiale, quello matrimoniale e quello processuale, ai quali Mons. Stankiewicz da tanti anni si dedica con  vivo senso della giustizia, sostenuto dalla forza della carità e dalla passione per la verità, come è richiesto ad un giudice ecclesiastico. A tale proposito vorrei richiamare quanto ha scritto il Santo Padre Benedetto XVI nell’enciclica Caritas in veritate: «Chi ama con carità gli altri è anzitutto giusto verso di loro. Non solo la giustizia non è estranea alla carità, non solo non è una via alternativa o parallela alla carità: la giustizia è “inseparabile dalla carità”, intrinseca ad essa. La giustizia è la prima via della carità o, com'ebbe a dire Paolo VI, “la misura minima” di essa, parte integrante di quell'amore “coi fatti e nella verità”, a cui esorta l'apostolo Giovanni» (n. 6). Anche nella recente Lettera ai Seminaristi (18 ottobre 2010), impegnati negli studi teologici, Benedetto XVI è tornato sull’argomento facendo loro questa raccomandazione: «Imparate anche a comprendere e - oso dire – ad amare il diritto canonico nella sua necessità intrinseca e nelle forme della sua applicazione pratica: una società senza diritto sarebbe una società priva di diritti. Il diritto è condizione dell’amore» (n. 5).

Il compito di amministrare la giustizia nella Chiesa è un’alta ed ardua missione. Per Mons. Stankiewicz essa è diventata un impegno di vita, quasi una vocazione nella vocazione sacerdotale, vissuta in piena fedeltà al Vangelo e alla norma codiciale ed accompagnata da quella tipica mitezza della sua persona. Pensando al profilo umano, giudiziario ed ecclesiale del canonista e del giudice Stankiewicz, che, a nome della Chiesa, tratta e giudica la condizione di molti fedeli i quali, fiduciosi, si rivolgono alla giustizia della Chiesa, viene in mente l’icona del Buon Pastore, chino sulla pecorella smarrita e piagata.

Per quanto concerne l’impegno circa il diritto matrimoniale, Mons. Stankiewicz si è sforzato costantemente di inquadrare ogni suo studio giuridico sul matrimonio nella luce dei principi che tale istituto riceve dalla sua natura sacramentale, traendo da questo imprescindibile criterio tutte le giuste e dovute conseguenze. Del resto, se il discorso giuridico sul matrimonio non avesse basi teologiche, le sue conclusioni ed il complesso delle norme cui dà origine non sarebbero di natura canonistica, cioè ecclesiale. La normativa canonica matrimoniale, infatti, risulta valida solo quando alla sua base ha una corrispondente sana teologia. Quando invece viene disatteso il dato teologico, ne deriva una visione giuridica puramente positivista, naturalista, priva pertanto della luce soprannaturale e della forza evangelica che il dato sacramentario dell’istituto matrimoniale le avrebbe invece conferito.

Nell’accostare e nel trattare la normativa processuale in genere, Mons. Stankiewicz ha saputo tener presenti le istanze pastorali e quelle dottrinali, tanto che il suo lavoro di canonista è contraddistinto da una capacità di sintesi, che non solo non contrasta con la norma, ma la serve e la corrobora affinché la sua efficacia sia piena, salutare e veramente utile alla comunità ecclesiale per la quale è codificata. Siamo consapevoli, infatti, che poco vale la dottrina se non viene messa a servizio della vita delle comunità ecclesiali, se non trova validi strumenti di attuazione. Inefficaci rimangono quelle leggi che non incidono sulla quotidianità dei rapporti umani o che, per mancanza di adeguati strumenti applicativi, restano lettera morta. Nella Chiesa non bastano gli organi giurisdizionali; insufficienti sono gli strumenti di produzione giuridica, di interpretazione della legge e di applicazione della norma anche se accompagnate da corrispondenti sanzioni. La Chiesa sa che la sua azione legislativa, giudiziaria e coattiva, per essere pienamente efficace, deve produrre convincimenti nel singolo e nella comunità non solo a livello di comportamento esteriore, ma anzitutto di coscienza. E’ proprio partendo da questa esigenza fondamentale che emerge la necessità pratica che la dottrina come la norma canonica siano accompagnate da una valida ed intelligente azione pastorale.

D’altro canto, la pastorale nella Chiesa presuppone un’idonea formazione dottrinale; esige e postula delle direttive talora anche sanzionate dalla norma giuridica, le quali permettono un’ordinata convivenza tra gli individui e, quindi, in ultima analisi, sono a servizio del bene comune. Come la dottrina senza la pastorale resta lettera morta, così la pastorale senza la dottrina resta evanescente e rischia di produrre modelli da evitare piuttosto che da seguire.

Cari amici, l’opera che oggi viene presentata offre una preziosa occasione per riflettere sull’importanza del diritto canonico nella Chiesa, a servizio del popolo santo di Dio. Rinnovo il mio vivo compiacimento a Mons. Stankiewicz per quanto ha operato in questi anni per la giustizia della Chiesa: la sua fervida attività di giurista e di giudice competente e scrupoloso ha fatto e continua a fare tanto bene. E tutto con grande discrezione, che è lo stile evangelico. Il Padre celeste, che vede nel segreto, lo ricompenserà!

 

 

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