The Holy See
back up
Search
riga

40° ANNIVERSARIO DALLA FONDAZIONE
DELLA PARROCCHIA SAN FRANCESCO DA PAOLA

CELEBRAZIONE EUCARISTICA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Gioia Tauro (RC)
Domenica, 12 dicembre 2010

 

Cari amici,

da ormai tre settimane, in questo tempo d'Avvento, stiamo vivendo in un clima di soffusa letizia nell'attesa della nascita del Redentore. La terza domenica è poi interamente caratterizzata da un forte e ripetuto invito alla gioia. E' la domenica detta “Gaudete” per via dell'antifona iniziale della Santa Messa, che si apre con queste parole: “Rallegratevi sempre nel Signore: ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino”.

Ma di quale gioia si tratta? Non certo di quel rumoroso e superficiale sentimento che si confonde con i momentanei ed effimeri piaceri della vita. La gioia proclamata dalla parola di Dio è ben altra cosa: nasce nel profondo del cuore e lo riempie di pace; è serenità e sicurezza interiore che né il dolore può sommergere, né possono spegnere le prove, le tentazioni, la solitudine e ogni altra difficoltà purtroppo inevitabili su questa terra. Chesterton chiama questo tipo di gioia “il segreto gigantesco del cristiano”.

Prima ancora di soffermarmi sulla Parola di Dio, voglio salutare il Vescovo di questa Diocesi, Sua Eccellenza Monsignor Luciano Bux, e ringraziare le Autorità per la loro gradita presenza. Voglio anche dare risalto al fatto che la Celebrazione eucaristica odierna segna una data importante per questa Parrocchia. Come voi ben sapete, 40 anni fa nasceva questa comunità parrocchiale alla quale veniva assegnato come Parroco Don Albino Caratozzolo, che oggi offre commosso al Signore i frutti del suo ministero quarantennale. Una tappa per rendere gloria al Signore, per rinfrancare le forze e per proseguire nell’impegno generosamente assunto. Questi frutti siete soprattutto voi qui presenti, ma sono anche tutti coloro che sono giunti al termine dei loro giorni e che nel soggiorno terreno in mezzo a voi, sono stati beneficati dalla carità sacerdotale di Don Albino e con la santità dei sacramenti.

L’edificazione di questa bella Chiesa e delle opere parrocchiali e sociali annesse, testimoniano il lavoro operoso derivante dalla sua intensa paternità spirituale. Ammiriamo, da ultimo, l’abbellimento di questa Chiesa con la realizzazione del nuovo Fonte Battesimale, del Tabernacolo e dell’Ambone, che oggi benediciamo a lode e gloria del Signore a cui queste opere, fatte da mani d’uomo, sono riferite.

Prendiamo spunto, cari amici, per sottolineare l’importanza del ministero sacerdotale nel contesto della convivenza umana e civile. Benedetto XVI, iniziando l’Anno Sacerdotale nel 2009, ha ricordato che: “Il Sacerdozio è l'amore del cuore di Gesù”, come soleva dire il Santo Curato d’Ars. Questa toccante espressione ci permette anzitutto di evocare con tenerezza e riconoscenza l’immenso dono che i sacerdoti costituiscono non solo per la Chiesa, ma anche per la stessa umanità” (Lettera per l’indizione dell’Anno Sacerdotale, 16 giugno 2009). Il Sacerdote, pertanto, è colui che offre ascolto e preghiera; offre la parola del Vangelo come fonte di vita e di saggezza; offre sostegno ai giovani nella loro fede, conforto agli ammalati e agli esclusi, vicinanza agli ultimi e abbandonati; offre, insomma, una presenza benedicente e concreta, simile a quella di Cristo stesso.

Per questo, mi è particolarmente gradito porgere a Monsignor Albino Caratozzolo, il saluto e la benedizione del Santo Padre; saluto e benedizione che Benedetto XVI intende estendere a tutti i presenti.

Soffermiamoci ora per una breve meditazione sulle letture proclamate poc’anzi.

Nella prima lettura il tema della gioia risuona mediante il profeta Isaia come l’annuncio dell’era messianica segnata da una piena e perfetta armonia di tutto l’essere. Il deserto si trasforma in un meraviglioso giardino. Il popolo formato da gente debole e sfiduciata, raffigurato da persone cieche, sorde, zoppe e mute, subisce una meravigliosa trasformazione, proprio come la steppa che improvvisamente rifiorisce. Si tratta di una mirabile descrizione simbolica della salvezza che irrompe nel popolo dei giusti, condotta attraverso le immagini desunte dalla natura.

Questo invito alla gioia si prolunga poi nel Salmo, che esalta il Signore, Dio fedele e liberatore: operatore di giustizia per gli oppressi, datore di pane agli affamati, liberatore dei prigionieri, amante dei giusti, protettore dello straniero, dell’orfano e della vedova. Dio è Colui che sconvolge la via degli empi e regna per sempre, di generazione in generazione (cfr vv. 6-10).

In questi due bellissimi e coinvolgenti brani, vi è un’attesa colma di speranza e di lode, che si esprime in modo reiterato nella beatitudine della fede, ma che nello stesso tempo mostra la necessità di una scelta inconfondibile: o si confida nei potenti o si spera nel Signore. I potenti sono uomini e quindi fragili, votati alla morte, incapaci di salvare. Dio, invece, è eterno ed è capace di sostenere e di offrire salvezza a quanti credono in lui.

Anche l’esortazione di Giacomo, nella seconda lettura, è un incalzante invito all’attesa fiduciosa e vi troviamo ugualmente un riferimento a ciò che avviene in natura: “L’agricoltore aspetta con costanza il prezioso frutto della terra finchè abbia ricevuto le prime e le ultime piogge. Siate costanti anche voi, rinfrancate i vostri cuori, perché la venuta del Signore è vicina” (Gc 5, 7-8).

Il tempo di Avvento, che ripercorre nella memoria la lunga attesa antica, ha come fine quello di favorire in noi la sintonia tra le azioni che compiamo e la fede insita nel “grande mistero della salvezza”, che è l’evento cristiano. In questo evento è incluso un progetto di vita. La fede genera un comportamento. Noi dobbiamo sempre dare innanzitutto esempio di giustizia e quindi ricordare che il nostro primo dovere è fare bene ciò che è di nostra pertinenza. Specialmente, come insegna il Concilio Vaticano II, occorre sottolineare il valore della competenza, della responsabilità nella famiglia e nel lavoro, come pure negli ambiti dell’impegno sociale e civile. Una condotta retta e giusta è il primo frutto di conversione che Dio si attende da noi.

Ammonisce l’apostolo Giacomo: “Ecco, il giudice è alle porte. Fratelli, prendete a modello di sopportazione e di costanza i profeti che hanno parlato nel nome del Signore” (Gc 5, 9-10).

Gesù stesso, nel brano del Vangelo che è stato proclamato, ci indica oggi il precursore che appiana la via in vista della sua venuta: è lui, Giovanni Battista, e lo elogia come il profeta più grande fra i nati da donna. Egli traccia un programma preciso per chi voglia disporsi all’incontro con Colui che porterà lo Spirito e il fuoco. Infatti, il profeta autentico non ha lo sguardo rivolto a se stesso; non invita a fermare l’interesse a sé, ma al Signore.

Riguardo alla predicazione del precursore, osserva Sant’Ambrogio: «Come Gesù, anche Giovanni non condanna mai interi gruppi, ma sempre solo il singolo che attraverso il suo modo di vivere peccaminoso diviene un “senza Dio”». E continua saggiamente: «Il Signore discernerà i meriti e i frutti della virtù sicura dall’infruttuosa leggerezza di vuote apparenze e di opere stentate».

Cari amici, Non lasciamoci ingannare dalle apparenze, di chi vuole far credere che una vita cristiana autentica e impegnata sia una vita affannosa e triste. Non è così, si tratta invece una vita colma di speranza e soffusa di gioia, come dicevamo all’inizio. Nel suo ultimo libro-intervista “Luce del mondo”, Benedetto XVI, rispondendo alla domanda “Cosa vuole Gesù da noi?”, dice con disarmante semplicità: “Vuole che crediamo in Lui. Che ci lasciamo condurre da Lui, Che viviamo con Lui. Diventando così sempre più simili a Lui e con ciò giusti” (p. 235).

Per concludere desidero ricordare che la Chiesa oggi venera Maria Santissima col titolo di Nostra Signora di Guadalupe. Maria, rivolgendosi all’indio messicano Juan Diego, ha voluto indicare alla Chiesa l’attesa dei popoli del Nuovo Mondo nei confronti del messaggio evangelico, ed è così che Lei è considerata autentico modello di inculturazione della fede cristiana nel contesto di tutti i popoli e di tutte le culture.

In questo tempo di Avvento pensiamo a Lei, a Maria, alla sua attesa del Figlio di Dio, ai sentimenti che hanno nutrito questa sua attesa e al desiderio sempre presente nel suo cuore di Madre, affinchè suo Figlio sia universalmente conosciuto e amato.

A lei, il Vescovo poeta Tonino Bello, ha dedicato questi bellissimi versi: “Attendere, infinito del verbo amare. Anzi, nel vocabolario di Maria, amare all’infinito”. Affidiamoci dunque a Maria con affetto e riconoscenza.

La grazia, la misericordia e la pace del Signore siano sempre con voi (cfr 1 Tm 1,2).

 

 

top