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CELEBRAZIONE EUCARISTICA IN OCCASIONE
DEL 10° ANNIVERSARIO DELLA SCOMPARSA
DEL CARDINALE GIOVANNI CASORIA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Basilica di San Giuseppe al Trionfale
Domenica, 13 febbraio 2011

 

Fratelli e sorelle,

con grande gioia ho accolto l’invito a presiedere oggi la celebrazione eucaristica, in occasione della commemorazione del compianto Cardinale Giuseppe Casoria, che fu titolare di questa Basilica di San Giuseppe al Trionfale.

Ringrazio di cuore il Parroco e le Suore Missionarie di Sant’Antonio Maria Claret, che hanno desiderato la mia presenza in mezzo a voi. Saluto cordialmente le autorità presenti, i concelebranti, le religiose e tutti i fedeli qui convenuti.

La mia riflessione toccherà brevemente tre punti di natura morale, che ben si collocano nella liturgia odierna: il rapporto tra legge e libertà; il comandamento dell’amore compimento della libertà; infine, l’insegnamento del Card. Casoria come testimone della libertà al servizio del bene.

a) Il rapporto legge-libertà

La liturgia della Parola della VI Domenica del Tempo Ordinario ci fa prendere in considerazione il ruolo della legge divina in diretto rapporto con la libertà umana. Sia la prima lettura, tratta dal quindicesimo capitolo del libro del Siracide, sia la pericope del Vangelo di Matteo, facente parte del “Discorso della montagna”, ci richiamano la medesima relazione: da una parte la legge divina, dall’altra il dono più bello che Dio ha fatto agli uomini e che li distingue da ogni altro essere vivente, cioè la libertà.

Il modo di pensare tipico dei nostri tempi caratterizzato da un accentuato soggettivismo, fa ritenere che legge e libertà siano contrapposte. Ma ci chiediamo: esiste una reale contrapposizione tra la legge morale, che Dio propone all’uomo come strada di realizzazione e di salvezza, e la libertà? A uno sguardo superficiale parrebbe esserci uno iato, una separazione tra le due. Una riflessione più profonda permette, invece, di comprendere che la libertà è la facoltà che ci consente di aderire al bene e di realizzarlo. Non è veramente libero chi pone sullo stesso piano il bene e il male, ma chi si propone di scegliere tra il bene e il meglio.

Infatti il brano del Siracide si esprime  con alcune immagini, che rappresentano il bivio che sta sempre innanzi ad ogni uomo, quello “tra la vita e la morte”, “tra il fuoco e l’acqua” (Sir 15,16-17). In ogni momento, in ogni attimo della nostra esistenza, nella nostra coscienza vibra la tensione tra la scelta per Dio e per la sua legge di vita o per il male e per l’egoismo. Prima ancora di agire, dentro di noi avviene la lotta tra il bene e il male, in virtù della quale le nostre azioni saranno buone o malvagie. Ce lo ricorda Gesù stesso nel Vangelo: “Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio nel proprio cuore” (Mt 5,27). In questa espressione e nelle altre simili del discorso “programmatico” di Gesù comprendiamo che la nostra vita morale si valuta a partire dalla correttezza delle intenzioni del cuore prima che dall’analisi delle nostre azioni. Possiamo combattere allora il peccato solo purificando il nostro cuore e formando la nostra coscienza con una tensione continua verso il bene, seguendo la legge di Dio e i suoi comandamenti.

b) La legge dell’amore come culmine della libertà umana

Il Salmo 118, un lungo inno di lode alla Legge del Signore, proclama beato l’uomo di integra condotta, che cammina in questa via di salvezza. Ciascuno di noi è libero di scegliere se osservare i comandamenti oppure fare a meno di essi. Gesù ci ricorda: “Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17).

In che senso Gesù ha dato pieno compimento? Nel senso che ha sintetizzato tutti i precetti e i comandamenti dell’Antico Testamento in uno solo, quello dell’amore per Dio e per i fratelli. La legge divina perciò non opprime la libertà umana, ma la orienta verso la dimensione dell’amore. L’amore, richiestoci da Dio, è l’unica legge in grado di “liberare la nostra libertà” dai lacci dell’interesse, dell’egoismo e della inclinazione al male.

Sant’Agostino aveva compreso molto bene questa verità morale e la espresse con la frase celeberrima: “Ama e fa’ ciò che vuoi”. Infatti chi è guidato dall’amore per Dio e per i fratelli non si trova mai nell’imbarazzo dell’infrangere la legge. La legge è necessaria per maturare, ma gli empi la guardano come un ostacolo, i giusti come un aiuto alla libertà.

Il disegno d’amore di Dio non è mai imposto agli uomini, ma sempre proposto e la nostra libertà si realizza pienamente proprio nell’accogliere questo disegno. Per questo il comandamento dell’amore non è un ostacolo al nostro essere liberi, bensì ne è il compimento, è il culmine della libertà.

c) L’insegnamento del Card. Casoria

Vediamo, infine, come un testimone della fede ha posto al servizio della Chiesa la sua libertà. A prima vista, il profilo biografico del Cardinale Giuseppe Casoria, nato ad Acerra nel 1908 e morto a Roma l’8 febbraio 2001, appare quello del tipico “uomo di curia”. Infatti, dopo una breve parentesi come insegnante nei Seminari Pontifici di Potenza e Molfetta, nel 1937 egli entra come Officiale nella Congregazione della Disciplina dei Sacramenti, dove rimarrà, con un solo passaggio alle Cause dei Santi, per tutta la vita, divenendo Sottosegretario nel 1960, Segretario nel 1969, Pro Prefetto nel 1981 e Prefetto nel 1983. Ma neppure nella più burocratica delle visioni, la Curia può essere ridotta ad un mero insieme di uffici. Essa ha un’anima, quella della Chiesa, che forse in pochi riescono a scorgere. Chi la scopre, respira l’universalità della Chiesa. E difatti, pur lavorando sempre nell’ambito della Curia Romana, il Cardinal Casoria è riuscito a prendere il largo negli orizzonti più vasti della Chiesa e del mondo. Mai divenne un burocrate. Anzi, conservò immutati nel tempo i tratti tipici della sua terra d’origine: cordialità, senso dell’umorismo, immediatezza, apertura all’altro.

Pu essendo colto, non dava sfoggio di sé; anche nel suo rapporto con il Signore ha mantenuto la genuina semplicità di un bambino. Così egli scriveva in occasione del Natale di un anno cruciale per la Chiesa e l’Europa intera, il 1989: “Ti amo Signore e ti ringrazio con tutto il cuore per l’immensa tua bontà. Come e quanto vorrei scrivere, a mio ricordo, per dare lode, onore, potenza, gloria e cantici solenni di lode, di speranza, di carità a Gesù”.

Quando la libertà umana sposa la causa di Cristo e della Chiesa, l’anima si appassiona, lo spirito ringiovanisce, la vita assume le fattezze gioiose dell’amore. Nella testimonianza di vita del Porporato campano abbiamo la prova che i comandamenti, se vissuti liberamente, portano alla gioia e alla pace del cuore.

Nel suo testamento spirituale, il compianto Cardinale scrisse: “Mi raccomando alla Madonna Santissima, perché mi aiuti a ben compiere il mio cammino in terra e mi presenti amorosamente al suo unico Figlio Gesù”. Affidiamo anche noi ora all’intercessione della Vergine Maria i nostri propositi e le nostre intenzioni, perché, da Lei guidati, impariamo a sperimentare lo stesso percorso di fede da lei compiuto: saper scoprire il senso autentico della nostra libertà nell’obbedienza a Dio e alla sua volontà.

       

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