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DEDICAZIONE DEL NUOVO ALTARE E BENEDIZIONE DELL'ORGANO

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Basilica del Sacro Cuore a Castro Pretorio, Roma
Domenica, 3 luglio 2011

 

Cari amici,

E’ per me un vero piacere presiedere questa solenne concelebrazione nella Basilica del Sacro Cuore, che ben conosco fin dalla mia giovinezza e che mi ha visto numerose volte presente, sia durante le celebrazioni solenni e maestose, sia nei momenti di preghiera intima davanti al Santissimo Sacramento.

Oggi ritorno qui con un mandato speciale; vengo per portarvi il saluto del Papa. Il Santo Padre Benedetto XVI è spiritualmente con noi e ci segue con il suo affetto paterno. L’ho incontrato recentemente e mi ha incaricato di porgere ai salesiani e a tutto il popolo qui radunato in preghiera, la Sua benedizione apostolica.

Consapevoli del dono di grazia che rappresenta la benedizione del Supremo Pastore della Chiesa, rinnoviamo oggi, in questa Basilica voluta da due Papi, Pio IX e Leone XIII ed edificata da Don Bosco, l’espressione della nostra riconoscenza e della nostra indefessa fedeltà al Vicario di Cristo. Non possiamo non ricordare che l’edificazione di questa Basilica è stata la risposta d’amore di San Giovanni Bosco alla richiesta di Leone XIII, al quale disse: “Ogni desiderio del Papa è per me un comando!”.

Questa edificio sacro è giunto a noi per la fede e la tenacia di Don Bosco e da qui sono sgorgati fiumi di grazie. Che esso rimanga anche in futuro segno di una Chiesa viva, di una Chiesa che testimonia una fede maturata e radicata nell’autentica esperienza della presenza di Dio in mezzo a noi.

Vorrei sottolineare, poi, che la bellezza e l’armonia di questa Basilica esprimono l’affetto, la riconoscenza e l’amore di Don Bosco per il Signore. Egli sembra ripeterci: “Per Dio bisogna sprecare!... Dio si merita tutto questo… anzi è poca cosa perché ogni pietra di questa chiesa è un miracolo della sua misericordia!”.

Facciamo scorrere lo sguardo intorno; tutto ciò che vediamo porta a sottolineare l’amore che sgorga dal cuore di Dio per ciascuno di noi: il bassorilievo posto al centro del soffitto della navata centrale raffigura il cuore di Gesù con i raggi della sua misericordia; le quattro scene evangeliche dipinte nel soffitto esprimono misericordia; la gloria del cuore di Gesù nella cupola; le cupoline della navata destra parlano del sacramento della Riconciliazione e quelle della navata sinistra richiamano l’Eucaristia.

Don Bosco ha voluto che pur nello splendore dell’arte, questa chiesa potesse parlare a tutti, anche ai piccoli, ai ragazzi alle persone semplici. E tutti possiamo constatare com’è vero che la bellezza e l’armonia di queste pietre parlano, insegnano. Vedete: se prendiamo una pietra da sola, isolata dalle altre, non la valutiamo molto, la gettiamo via come una pietra qualunque… ma milioni di pietre edificate in armonia, formano la meraviglia di questa chiesa. Lo stesso esempio vale se riferito a noi; se siamo ben compaginati, uniti dal cemento della fede e della carità reciproca, siamo queste pietre vive che Dio colloca in armonia tra loro per l’edificazione della Chiesa e di una nuova umanità.

Al centro del presbiterio abbiamo una pietra speciale, grande, che oggi consacriamo: è l’altare sul quale quotidianamente si rende presente nei segni sacramentali il sacrificio della croce di Cristo. È il centro dell’azione di grazie che si compie con l’Eucaristia. Vedete come è massiccio e centrale: è “segno” di Cristo stesso! È solido! È Roccia sicura. Il nostro sguardo, la nostra attenzione la nostra vita è rivolta all’altare. Quello è il luogo in cui si compiono i misteri della Salvezza. Quello deve essere il centro dei nostri sguardi, il centro dell’Assemblea dei fedeli. All’altare è dovuta grande riverenza.

Anche l’organo è stato sottoposto a restauro e le sue armonie ci aiutano a lodare il Signore. Sì lodiamo il Signore mettendo insieme la varietà delle nostre potenzialità, armonizzando la diversità delle nostre voci e personalità, lasciandoci tutti guidare dall’azione misteriosa dello Spirito Santo.

Facciamo in modo che la celebrazione odierna, in questa Basilica ricca di tanti segni che indicano l’amore del Cuore di Gesù, consenta a tutti noi di aprirci alla gioiosa esperienza di questo amore palpitante per i nostri problemi, per le nostre sofferenze, per le nostre insufficienze, ma anche per la grandezza del nostro essere a immagine e somiglianza di Dio.

Soffermiamoci ora brevemente sulle letture bibliche che abbiamo ascoltato. Esse ci aiutano a dilatare il nostro cuore sulla misura del Cuore misericordioso di Gesù, per essere noi stessi capaci di rispondere al bisogno di comprensione e di amore del nostro prossimo. Qualche breve riflessione ci potrà aiutare in questo senso.

Dal libro del profeta Zaccaria noi impariamo il valore dell’umiltà e della pace: in esso viene infatti descritto un re giusto e vittorioso che fa il suo ingresso a Gerusalemme cavalcando non un focoso cavallo da battaglia, ma un asino. Questo Re è figura di Cristo, che non si è presentato sulla scena del mondo con eserciti, armi o carri. Anzi, profetizza Zaccaria, “l’arco di guerra sarà spezzato” (Zc 9, 10). Egli indica il futuro re messianico come colui che viene a portare una pace universale, seminando gioia e speranza.

Da ciò impariamo che l’umiltà è necessaria per “spezzare l’arco della guerra” che viene teso nei rapporti fra persona e persona (oltre che tra popoli e nazioni).

Un altro aiuto alla nostra riflessione ci viene dalla lettera di Paolo ai Romani; essa mette in luce il vero senso della libertà. Paolo vuole portarci sotto il “dominio dello Spirito di Dio” perché abitando in esso e per mezzo di esso, sperimentiamo la risurrezione e la vita; una vita ricca di valori e di prospettive. Come dicevo, siamo stati creati a immagine e somiglianza di Dio e solo se ci lasciamo guidare dallo Spirito di Dio possiamo essere davvero “noi stessi”. Possiamo permettere ai nostri corpi mortali di raggiungere quella vita eterna per la quale sono stati creati, grazie alla comunione con Colui che è la Vita.

Chi si sottopone invece al “dominio della carne”, ricorda Paolo nella lettera ai Romani, impoverisce, è costantemente debitore dei propri capricci, del proprio rancore, delle proprie passioni, del proprio egoismo, fino a consumare e a perdere la bellezza della vita che Dio gli ha dato creandolo.

Infine, soffermiamoci brevemente sulla parola del Vangelo. Essa, come abbiamo sentito, prorompe in un canto di lode: “Ti rendo lode, Padre, Signore del Cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli”. Non è l’istruzione che Gesù condanna; egli vuole invece mettere in guardia coloro che non sono più capaci di rivolgere a Dio le vere domande della vita, credendo di sapere già tutto. Cerchiamo allora di avere la sapienza e l’intelligenza dei piccoli, degli umili, degli operatori di pace, dei cercatori della verità, per essere fra coloro ai quali Gesù, il Figlio di Dio, voglia rivelare se stesso.

Il brano dell’evangelista Matteo prosegue riportando altre importanti parole di Gesù che rivelano quale comunione d’amore egli voglia stabilire con ognuno di noi: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero”.

Gesù amava utilizzare immagini nei Suoi insegnamenti. Il giogo anticamente era sì uno strumento di condanna, ma veniva chiamato allo stesso modo anche quel semplice attrezzo di legno curvo utilizzato dalle persone per trasportare un carico suddividendone il peso in modo equilibrato.

Quello di Gesù è un invito a condividere, è una proposta che esprime fiducia e comunione. Qualsiasi peso la vita vorrà riservarci, qualsiasi fatica dovremo affrontare, non le porteremo certo da soli, se condivideremo il suo stesso giogo. Egli stesso sarà con noi!

Che bello pensare che la parola “giogo” significhi anche congiungere. Gesù desidera che io e Lui, che la Chiesa e Lui siano congiunti, siano sotto lo stesso giogo nel cammino della storia dei singoli e della Chiesa intera.

Benedetto XVI, imponendo il pallio agli Arcivescovi metropoliti nella festa di San Pietro e Paolo, mercoledì scorso, ha detto loro che il pallio è come il giogo di Cristo che viene posto sulle spalle, e ha dato di ciò una bellissima definizione: “Il giogo di Cristo è identico alla sua amicizia. È un giogo di amicizia e perciò un “giogo dolce”, ma proprio per questo anche un giogo che esige e che plasma. È il giogo della sua volontà, che è una volontà di verità e di amore” (Benedetto XVI, Omelia 29 giugno 2011).

Per concludere, ammiriamo tutta la grandezza della figura di Maria; di colei che ha accettato con il suo “fiat” il giogo dell’incarnazione del Figlio di Dio venuto nel mondo. Il Concilio Vaticano II asserisce che «Maria primeggia tra gli umili e i poveri del Signore, i quali attendono con fiducia e ricevono da Lui la Salvezza» (Lumen Gentium, 55).

A lei ci rivolgiamo perché ci aiuti ad essere fedeli alla nostra vocazione cristiana; che ci faccia liberi, perché umili; che ci faccia uniti, perché capaci di camminare sotto il giogo più leggero e soave, che è quello dell’amicizia con Cristo.

Maria Ausiliatrice prega per noi! Amen

   

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