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ESEQUIE DI PAOLO BERTONE

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Romano Canavese
Lunedì, 25 luglio 2011

 

Pensando agli ultimi due anni di vita e di sofferenza di mio fratello Paolo, mi vengono alla mente i versi che il grande poeta russo B. Pasternak scrisse dopo essere stato ricoverato per l’ultima malattia:

“Mio Dio, nella luce tenue, indistinta
che circonda il mio letto,
risento la dolcezza di sapere che io stesso,
il mio destino, altro non sono che
un Tuo dono prezioso.
Mentre su questo letto la mia vita si spegne,
sento il fuoco delle Tue mani. Ti appartengo,
io, l’oggetto che Tu hai forgiato,
e Tu disponi di me,
come dell’anello che si ripone nello scrigno”.

Paolo ci ha lasciato all’età di 81 anni. La lunga sofferenza, dopo l’ictus che lo ha colpito nel marzo 2009, lo ha provato, ma lo ha anche plasmato per il cielo dove, atteso da Signore nel giorno da Lui stabilito, ha fatto il suo ingresso. “Sappiamo infatti – scrive San Paolo nella sua seconda lettera ai Corinzi - che, quando sarà disfatto questo corpo, nostra abitazione sulla terra, riceveremo da Dio una dimora eterna, nei cieli” (2Cor 5,1).

Era il terzo di noi otto fratelli e sorelle, cresciuti al calore degli affetti familiari, spronati dall’esemplarità dei genitori e sostenuti dalla fede nelle scelte di vita. I valori profondi dell’unione familiare non gli sono mai venuti meno fino all’ultimo. Ha stretto a sé in affettuosa unità la sua sposa fedele e tutti i suoi familiari, giovani e anziani. Desidero ricordare e ringraziare qui, a nome di tutti, Pina e Valeriano. Pur nella sofferenza e nella incomunicabilità del suo stato, un sussulto, uno sguardo era sufficiente ai suoi cari per capire che aveva percepito, che era presente, e per fargli sentire il loro affetto perseverante. I bambini, da lui tanto amati, hanno vissuto e partecipato della ricchezza di questi solidi legami familiari. Il tempo della sofferenza del nonno e la carica di amore che lo ha circondato sono stati per loro una autentica scuola di vita, di fede e di bontà.

Paolo è stato uno sposo e un padre generoso, cittadino ricco di amor di patria, animato da un forte senso del dovere, altruista verso tutti e pieno di buon umore nelle sue relazioni. Grande lavoratore pieno di energie, si è fatto apprezzare come autista, appassionato di motori e valente elettromeccanico. Quando è sembrato che la malattia volesse annullare le emozioni e i sentimenti, è emersa in lui quella forza che fa l’uomo ancora più grande; la forza della vita che si nasconde nella sofferenza. Come Gesù stesso lo ha testimoniato percorrendo fino in fondo l’aspra salita sotto il peso della croce, la sofferenza diventa feconda mediante la fede, al modo del chicco di grano morente nella terra, per rinascere a vita nuova. La morte è il suggello della promessa di immortalità, fatta da Cristo nostro Salvatore; è un entrare nella pienezza della vita, è un godere i frutti di una esistenza coerente, generosa e giusta, davanti agli uomini e davanti a Dio. Con la morte, “le anime dei giusti – dice il libro della Sapienza - sono nelle mani di Dio, nessun tormento le toccherà. (...) Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé; li ha saggiati come oro nel crogiuolo e li ha graditi come un olocausto”.

Noi che siamo qui riuniti per dare a Paolo l’estremo saluto, anche se dobbiamo riconoscere la fitta del dolore per la separazione, sappiamo che la morte sigilla la meta del pellegrinaggio terreno, e fa da ponte per il grande incontro con Cristo nella vita eterna. Vedere la morte con lo sguardo della fede, è l’ultimo atto di fede, di consenso, del cristiano che è vissuto di fede giorno dopo giorno, nelle gioie e nelle avversità.

Paolo era un ex allievo di Don Bosco e la realtà salesiana ha caratterizzato un po’ tutta la nostra famiglia educandoci ad una solida esperienza sacramentale e infondendoci una ardente e filiale devozione mariana. La comunione eucaristica frequente ha alimentato - da vero “pane di vita”, come abbiamo ascoltato nella lettura del Vangelo (Gv 6, 51-59) – e informato i suoi profondi sentimenti umani e cristiani. Inoltre, mi piace ricordare che nella nostra famiglia la recita del Rosario era una abitudine quotidiana e in particolari circostanze, il nostro fratello maggiore, Paolo, illuminava di rosari anche la notte.

Ci rivolgiamo allora con immensa fiducia a Maria Consolatrice e Ausiliatrice, certi che non si lascerà vincere in generosità e che, per le tante volte in cui Paolo l’ha supplicata di accompagnarlo nell’ora della morte, ora vorrà riconoscerlo come un suo figlio devoto e con amore materno vorrà presentare la sua anima al cospetto di Dio.

Maria continui ad aiutare anche noi, che proseguiamo il cammino quaggiù, a conservare salda la fiducia in Dio, certi che un giorno rivedremo i nostri cari defunti che ci hanno anticipato nella comunione dei Santi.

Non posso non sottolineare la profonda gratitudine che nutriamo verso il nostro amato e venerato Santo Padre Benedetto XVI, che ha voluto, con un graditissimo messaggio e poi ancora con una telefonata personale, assicurare la sua partecipazione spirituale a questa liturgia funebre, e impartire a noi la sua confortatrice Benedizione Apostolica.

Desidero poi ringraziare sentitamente, anche a nome dei miei familiari, tutti voi qui presenti, per aver voluto unirvi a noi nella preghiera di suffragio per l’anima del nostro caro congiunto Paolo. La vostra affettuosa vicinanza e la vostra cordiale partecipazione al lutto, conforta il nostro dolore.

(...)

Uno speciale ringraziamento, io e i miei familiari, lo rivolgiamo ai Sacerdoti, ai medici, a tutto il personale infermieristico e tecnico della Casa di Cura Mons. Luigi Novarese, ottimo Centro di recupero e di rieducazione funzionale dei “Silenziosi Operai della Croce”, presso il Santuario del Trompone di Moncrivello, dove Paolo è stato opportunamente curato, amorevolmente assistito e aiutato anche spiritualmente nel percorso della dura e lunga prova fisica, fino al suo ultimo respiro.

Durante una delle ultime preghiere dell’Angelus, Giovanni Paolo II usò queste espressioni, che ora facciamo nostre: “A Maria, madre della Chiesa, rinnovo il mio affidamento… Ci aiuti lei in ogni momento della vita a compiere la santa volontà di Dio” (Angelus, 27 febbraio 2005).

Con questi sentimenti continuiamo la nostra celebrazione eucaristica, grazie alla quale nulla di meglio può unire noi sulla terra a coloro che già abitano nella dimora del Cielo.

Amen.

      

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