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1° FESTIVAL DELLA DOTTRINA SOCIALE DELLA CHIESA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Duomo di Verona
Domenica, 18 settembre 2011

Cari fratelli e sorelle!

L’approdo del nostro convenire a Verona per il Festival della Dottrina Sociale della Chiesa è questa Celebrazione eucaristica, che stiamo vivendo nella cornice meravigliosa del Duomo della città affidata alla protezione di San Zeno. Dopo che in queste giornate abbiamo parlato noi, ora è il Signore a rivolgerci la sua Parola – ben più importante delle nostre! Perciò siamo radunati in religioso ascolto del messaggio della liturgia di questa XXV Domenica del Tempo Ordinario. Consentitemi però di rivolgere prima il mio cordiale saluto a Sua Eccellenza Mons. Giuseppe Zenti, Vescovo di Verona, come pure ai promotori e agli organizzatori del Festival. A tutti sono lieto di assicurare il ricordo nella preghiera del Santo Padre Benedetto XVI.

Le Letture bibliche che sono state proclamate ci offrono alcuni spunti di meditazione che possono riferirsi alla dottrina sociale della Chiesa. La prima Lettura, tratta dal capitolo 55 del Libro di Isaia, ci ha detto che i pensieri di Dio sono diversi da quelli degli uomini e li “sovrastano”; e questi pensieri sono la sua volontà di salvare l’uomo e il mondo attraverso il suo amore misericordioso. “L’empio abbandoni la sua via e l’uomo iniquo i suoi pensieri; ritorni al Signore che avrà misericordia di lui e al nostro Dio che largamente perdona” (Is 55,7). E’ questa la via “santa”, cioè diversa, alternativa rispetto a quella che gli uomini percorrono. Il Profeta parla di una trascendenza assoluta della logica di Dio rispetto a quella mondana: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie” (v. 9). Proprio questa diversità, questa distanza tra Dio e mondo, in realtà, è motivo di speranza, perché Dio è santo nell’amore e nella misericordia. Perciò la speranza per l’umanità e per il mondo non verrà mai meno. Perciò la verità di Dio è garanzia del suo sostegno a chi si impegna nella carità sociale, che è l’anima della giustizia.

La differenza tra l’agire e il pensare di Dio rispetto a quello degli uomini è confermato dalla parabola narrata dall’evangelista Matteo, nella quale viene esplicitato il delicato rapporto tra la giustizia e la misericordia. Infatti la questione verte sulla generosità – considerata dagli operai ingiustizia – del padrone della vigna, il quale decide di pagare con la stessa moneta sia i lavoratori del mattino sia gli ultimi vignaioli del pomeriggio. In un’ottica soltanto umana questo modo di agire sarebbe, in effetti, davvero ingiustizia, mentre nell’ottica di Dio è un atto di bontà.

Giustizia e misericordia (o carità), due cardini della dottrina sociale cristiana, sono due realtà differenti soltanto per noi uomini, che distinguiamo meticolosamente un atto giusto da un atto d’amore. Giusto così corrisponde a “ciò che devo all’altro”; caritatevole è “ciò che dono all’altro per un atto di bontà”. E una realtà esclude l’altra. Ma non così è per Dio: in Lui giustizia e carità coincidono; non c’è atto giusto che non sia anche atto d’amore e, nello stesso tempo, non c’è un atto d’amore che non sia perfettamente giusto.

La parabola di Gesù ci fa percepire in modo provocatorio la diversa prospettiva di Dio; e non c’è dubbio che questo sia intenzionale da parte di Gesù stesso. Egli vuole in un certo senso provocare i suoi ascoltatori, e tra di essi ci siamo oggi anche noi. Il legalismo degli uomini corre sempre il rischio di farsi via via più farisaico, attento alla lettera della legge, per convincere la nostra coscienza che siamo nel giusto. Il Signore ci invita ad andare sempre al di là della legge, non per infrangerla, bensì per darle pieno compimento nell’amore caritatevole. “Pieno compimento della legge è l’amore”, scrive San Paolo (Rm 13,10): la nostra giustizia sarà tanto più perfetta quanto più sfocerà nell’amore per Dio e per i fratelli. Il legalismo non ha mai salvato nessuno, l’amore e la misericordia invece sono la legge suprema della vita cristiana. La vita cristiana aperta alle dimensioni di questa giustizia crea lo spazio necessario alla grande corrente della carità praticata dalla Chiesa e, a questo proposito, vorrei ricordare una delle parole illuminanti dell’enciclica Deus caritas est di Benedetto XVI: “…L’amore – caritas – sarà sempre necessario, anche nella società più giusta. Non c’è nessun ordinamento statale giusto che possa rendere superfluo il servizio dell’amore” (n. 28).

Ascoltando la parabola degli operai nella vigna, non possiamo non ricordare la bella espressione di Benedetto XVI il quale, parlando appena eletto dalla loggia di San Pietro, definì se stesso un umile operaio nella vigna del Signore. Il Papa, Supremo Pastore della Chiesa, si mise al lavoro in mezzo a tutti gli operai, perché, come dice Sant’Agostino: “per voi sono Vescovo e con voi sono cristiano”.

Questo brano del Vangelo è un aiuto alla nostra riflessione comune perché sta a significare che non sono solo gli Apostoli, e oggi i loro successori, i Vescovi, con i Sacerdoti collaboratori nel ministero, a essere inviati a evangelizzare. Il Beato Giovanni Paolo II, scrivendo l’Esortazione apostolica Christifideles laici, dopo il Sinodo del 1987 sulla vocazione e la missione dei laici, fece riferimento proprio a questo testo biblico. “La vigna è il mondo intero, che dev’essere trasformato secondo il disegno di Dio in vista dell’avvento definitivo del regno di Dio” (n. 1). “Andate anche voi nella mia vigna” (Mt 20,4): prendendo spunto da questo brano evangelico, il Papa della Laborem exercens (1981), della Sollicitudo rei socialis (1987) e della Centesimus annus (1991) sviluppa una esposizione organica sull’identità dei fedeli laici nel mistero della Chiesa, sulla loro partecipazione alla sua vita e soprattutto sulla loro corresponsabilità nella sua missione. Qual è l’ottica in cui si pone la Christifideles laici? Essa considera il mondo, nell’ultimo scorcio del secondo millennio, e lo vede in forte evoluzione. E vede i laici nel cuore, nel fulcro di questo mutamento. Per questo il Padrone della vigna li vuole tutti impegnati, protagonisti nella sua opera, con un ruolo non strumentale, ma primario.

Cari amici, la ricerca e la realizzazione della società migliore possibile è un’impresa che interpella ogni generazione umana, da riprendere sempre di nuovo, non a partire da zero, bensì facendo tesoro del passato. Ma ancora più importante, come luce per le coscienze e il discernimento degli orientamenti, è la Parola di Dio, che la Chiesa ha il compito di annunciare e di trasmettere nei diversi contesti di spazio e di tempo. A questa missione risponde anche l’impegno di elaborare e aggiornare continuamente l’insegnamento in ambito sociale. Ciascuno di voi, che siete qui, e che in diversi modi avete partecipato attivamente al Festival della Dottrina Sociale della Chiesa, siete pronti ad accogliere con sempre maggiore competenza ed entusiasmo la chiamata del Signore, che vi dice: Andate a lavorare nella mia vigna (cfr Mt 20,4).

Affidiamoci, cari fratelli e sorelle, alla Vergine Maria, venerata in questa Cattedrale con il titolo di Madonna del Popolo, tanto cara ai veronesi, affinché ci accompagni e ci assista in questo impegno, che ciascuno di noi porterà avanti nei rispettivi ruoli. Ci aiuti a compierlo con umiltà e perseveranza, in sincero spirito di servizio alla Chiesa e al bene comune della società.

 

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