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INAUGURAZIONE DEL MONUMENTO A ZEFFIRINO NAMUNCURÀ

DISCORSO DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Istituto Salesiano Villa Sora, Frascati
Mercoledì, 5 novembre 2011

  

Eccellenza,
Distinte autorità,
Cari confratelli e cari amici, soprattutto voi giovani,

Nel mese di novembre del 2007 mi sono recato in Argentina come Legato Pontificio per presiedere la cerimonia di beatificazione di Zeffirino Namuncurà. E’ stata un’esperienza straordinaria. Quali ricordi conservo di quel giorno? Con una fede e un entusiasmo indescrivibili sulla prateria di Chimpay, nella Patagonia, erano presenti oltre 100.000 persone venute con ogni mezzo e con un viaggio di ore e ore da ogni parte dell’Argentina e dei paesi limitrofi. C’era anche un folto gruppo dei suoi concittadini di Mapúches, orgogliosi che un figlio delle loro indomite tribù fosse elevato agli onori degli altari. Ma tutta l’Argentina, attraverso numerosi canali televisivi ha seguito il rito della beatificazione con devozione e allegria.

Zeffirino - lo sappiamo bene - nasce da una famiglia fiera e generosa della forte tribù degli Indios Araucani, della terra di Patagonia. Se la santità ha potuto fiorire in lui, è perché ha trovato un fertile terreno nelle qualità umane proprie della sua terra e della sua stirpe. Ci piace vedere nel beato Zeffirino tutta la storia, spesso drammatica, del suo popolo. Egli riassume in sé le sofferenze, le ansie, le aspirazioni dei Mapuches, che proprio durante gli anni della sua fanciullezza si incontrarono con il Vangelo e si aprirono al dono della fede.

Parlando di “Ceferino”, non si può non fare un breve cenno all’epopea dei salesiani giunti in Patagonia nel 1879. E’ doveroso innanzitutto ricordare che la presenza salesiana in Argentina è essenzialmente legata alla regione patagonica già in epoca del nuovo Stato indipendente, e alla formazione dei figli degli immigrati, soprattutto italiani. I criteri di fede e di azione pastorale che li hanno guidati sono di una estrema attualità: annuncio del Vangelo a tutte le popolazioni, indigene e immigrate (queste ultime sradicate dalla loro terra natia e trapiantate in zone impervie e senza strutture materiali e sociali); una vita quindi faticosa tesa al futuro, da animare con la speranza e con solide verità e devozioni popolari limpide e sostanziose; la cura della famiglia e l’educazione umana e religiosa dei fanciulli e dei giovani in modo da formare “buoni cristiani e onesti cittadini”; la proposta di una “misura alta” di santità, che ha dato frutti straordinari nei due modelli di santità giovanile, la Beata Laura Vicuña e il Beato Zeffirino Namuncurà.

Chi entra nella Basilica Vaticana può vedere in alto, nell'ultima nicchia a destra della navata centrale, una grande statua di san Giovanni Bosco, che indica l'altare e la tomba di san Pietro. Accanto a lui stanno due giovani, uno dalle fattezze europee e l'altro con i tipici tratti somatici della gente sudamericana. E' evidente il riferimento ai due giovani santi: Domenico Savio e Zeffirino Namuncurá. E’ l'unica raffigurazione di ragazzi presente nella Basilica Vaticana. Rimane così, fissato nel marmo, nel cuore della cristianità, l'esempio della santità giovanile, e insieme rimane fissata la perenne validità delle intuizioni pedagogiche di Don Bosco: in un secolo e mezzo, in Patagonia, come in Italia e in tante altre parti del mondo, il sistema preventivo ha maturato frutti quasi insperati, ha formato eroi e santi.

Nell’odierna circostanza, mi sembra importante sottolineare alcuni aspetti esemplari, che ci interessano pur essendo lontani dal luogo e dal tempo in cui visse Zeffirino, a cavallo fra il XIX° e il XX° secolo. Allora si trattava di “evangelizzare” nuove terre, ora la Chiesa ci invita – soprattutto nel vecchio continente europeo – a vivere con la stessa audacia una stagione di “nuova evangelizzazione”.

La vita di Zeffirino offre alle nuove generazioni delle coordinate valide per affrontare le sfide attuali del mondo; sfide che interpellano continuamente l’intelligenza e la volontà, mosse dalla fede in Cristo.

Una di queste coordinate consiste nel fatto che Zeffirino non ha mai dimenticato di essere mapuche: l'ideale supremo per lui era quello di essere utile alla sua gente. Ma l'incontro con il Vangelo ha fatto nascere in lui una prospettiva nuova, un’aspirazione fondamentale: “mostrare” ai suoi fratelli mapuches “la via del cielo”.

Zeffirino aveva scelto come modello un santo: Domenico Savio, il quale – come sappiamo - aveva adottato una “ricetta semplice” per realizzare una vita robusta di autentico cristiano; quella stessa ricetta che gli aveva consegnato un giorno Don Bosco e che dice più o meno così: “Sii sempre allegro; fai bene i tuoi doveri di studio e di pietà; aiuta i tuoi compagni”.

L'allegria, anzitutto. “Sorride con gli occhi”, dicevano di Zeffirino i suoi compagni. Era l'anima delle ricreazioni, a cui partecipava con creatività ed entusiasmo, talvolta perfino con irruenza. Sapeva fare dei giochi di prestigio, che gli meritarono il titolo di “mago”. Organizzava diverse gare, e istruiva i suoi compagni sulla maniera migliore di preparare gli archi e le frecce, per addestrarli poi al tiro al bersaglio.

Quanto ai doveri di studio e di pietà, ricordiamo Zeffirino presente in questo stesso collegio di Villa Sora. Egli - che pure incontrava qualche difficoltà con la lingua italiana - giunse in pochi mesi ad essere il secondo della classe. Nella pagella scolastica spicca l'ottima riuscita nel latino: era un requisito importante per diventare sacerdote…

La pietà di Zeffirino era quella caratteristica degli ambienti salesiani, radicata robustamente nei Sacramenti, e in particolare nell'Eucaristia, considerata “la colonna” del sistema preventivo. Per questo Zeffirino assumeva volentieri l'incarico di sagrestano. Durante i mesi del suo soggiorno a Torino, lo si vedeva sostare per ore nel Santuario di Maria Ausiliatrice, in dialogo intimo con Gesù.

Che conclusioni possiamo trarre da questo semplice ma luminoso esempio, per dipanarne il senso e farlo fruttificare nella nostra esperienza?

Vorrei sottolineare due aspetti; il primo riguarda l’essere utile alla propria gente e il secondo l’essere dei leaders.

1) Essere utile alla propria gente è un ideale affascinante per quei giovani e adulti che avvertono il bisogno di spendersi per costruire un mondo fraterno e solidale. Zeffirino, grazie all’annuncio del Vangelo era  entrato in una relazione personale con Gesù Cristo, trovando così i presupposti autentici per realizzare questo progetto di fraternità autenticamente cristiano. 

E noi che siamo cresciuti su un ceppo dalle profonde e secolari radici cristiane, sappiamo valorizzare questa nostra identità che ci caratterizza in favore della nostra gente? La sfida più importante della vita di ciascuno e della società nel suo insieme, è quella di seminare continuamente nel cuore dell’uomo il germe della fede, e questo avviene seminando la Parola di Dio e facendola fruttificare. Bisogna alimentare e dare nuovo vigore in ogni epoca della storia al messaggio evangelico. Il mondo ne ha continuamente bisogno come del segnale che indica alle generazioni che si susseguono, il cammino che conduce alla realizzazione del progetto del Creatore.

2) Riguardo all’essere dei leaders in mezzo ai propri compagni – e qui mi rivolgo particolarmente ai giovani - come lo fu Zeffirino Namuncurà, occorre saper sviluppare quei talenti che non di rado sono sopiti dietro la noia di una vita comoda, per godere della gioia e della fantasia che provengono dall’uscire da se stessi con uno slancio generoso verso gli altri. Giovanni Paolo II chiamava i giovani “sentinelle del mattino”. Non sentite in voi l’eco delle sue parole? “Non ci sia posto nella vostra esistenza per l'egoismo né per la pigrizia. Ora più che mai è urgente che voi siate le "sentinelle del mattino", le vedette che annunciano le luci dell'alba e la nuova primavera del Vangelo, di cui già si vedono le gemme”.

Il monumento dedicato al Beato Zeffirino Namuncurà, posto in questo luogo dove la vita si svolge nell’impegno educativo sotto varie forme, compresi lo studio, la ricreazione, la vita di pietà, ve lo faccia sentire amico. Il Beato Zeffirino vi dia la voglia di essere voi stessi amici degli altri ragazzi e ragazze come lo fu lui; di essere amici molto più interessanti e credibili di quelli che consumano le loro menti e le loro giornate senza ideali e fantasia. Voi giovani fatevi coraggio e siate in mezzo agli altri giovani i leaders di un progetto ricco di futuro e di speranza.

Vi saluto e vi benedico tutti, giovani e adulti: sacerdoti, insegnati, genitori, collaboratori che operano nei vari aspetti in questo Istituto salesiano Villa Sora, che vanta di avere ospitato, nella sua lunga storia, uno studente eccezionale, Zeffirino Namuncurà, che arricchisce la corona dei Beati della Chiesa.

  

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