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CONVOCAZIONE DELLA CONFEDERAZIONE DELLE COOPERATIVE ITALIANE E
DELLA FEDERAZIONE DELLE BANCHE DI CREDITO COOPERATIVO

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Basilica di San Pietro
Sabato, 10 dicembre 2011

 

Venerati Confratelli nell’Episcopato e nel sacerdozio,
cari
dirigenti e membri della Confcooperative e della
Federazione delle Banche di Credito Cooperativo!

Siamo radunati attorno all’Altare del Signore, nella Basilica Vaticana e nel tempo liturgico dell’Avvento. Mentre ci disponiamo a vivere bene il mistero sempre nuovo del Natale del Signore, oggi la liturgia della Parola ci offre alcuni spunti di riflessione che riconduciamo per brevità a tre: le figure dei profeti Elia e Giovanni Battista; che cosa significa essere profetici oggi; e infine un suggerimento al vostro lavoro di operatori cattolici nel campo tanto delicato dell’economia.

a. Eccezionalmente quest’oggi non è Isaia, il profeta dell’Avvento, a dettarci la meditazione nella prima lettura, bensì il libro del Siracide, per una ragione legata al tempo dell’attesa che intende farci scoprire le figure dei profeti che hanno preparato la venuta del Messia. Se infatti Giovanni il Battista, ultimo dei profeti dell’Antica Alleanza, domina questo tempo liturgico, oggi viene messo in relazione con il profeta Elia, che invece è uno dei primi profeti d’Israele, un gigante che, senza lasciare nessuno scritto, ha segnato la storia religiosa del popolo di Dio. Profeta, etimologicamente da прό-φημί, è colui che parla davanti al popolo, a nome di Dio e in anticipo, cioè preannunciando con la parola e con la vita, eventi positivi o negativi, legati al rapporto del popolo con il suo Dio.

Tanto Elia quanto Giovanni annunciano e preparano la venuta del Messia, del Figlio di Dio. Elia, profeta scelto “per ricondurre il cuore del padre verso il figlio e ristabilire le tribù di Giacobbe” (Sir 48,10), nell’ultimo atto della sua vita terrena, salì al cielo su un carro di cavalli di fuoco (v. 9), tanto che gli ebrei attendevano il suo ritorno, come segno certo della venuta del Messia. Per i cristiani quello stesso atto lo fa diventare il primo premonitore della Resurrezione di Cristo.

Il brano del Vangelo di Matteo ci presenta poi il dialogo tra il Signore e le tre “colonne” degli Apostoli: Pietro, Giacomo e Giovanni, dialogo avvenuto subito dopo la Trasfigurazione sul Monte Tabor, quando i tre discepoli videro Gesù raggiante di luce e, accanto a Lui, Mosè, il Legislatore, ed Elia, il Profeta. La domanda dei discepoli a Gesù è in linea con la convinzione della tradizione giudaica che Elia debba tornare nella pienezza dei tempi (cf Mt 17,10). La risposta di Gesù non lascia dubbi: “Elia è già venuto” (Mt 17,12). È evidente in questa risposta il riferimento a Giovanni Battista, ultimo profeta inviato a preparare la venuta del Messia. Tanto Elia quanto Giovanni Battista sono stati perseguitati, segno che lo stesso avverrà anche per il Signore: “Così anche il Figlio dell’uomo dovrà soffrire per opera loro” (Mt 17,12c). La Trasfigurazione, infatti, è un’anticipazione della gloria di Cristo, che prepara gli Apostoli a vivere la prova della passione e morte.

b. Alla luce di queste figure eccelse, ci domandiamo che cosa significhi essere profetici oggi. Come ai tempi di Elia e di Giovanni Battista significa avere il coraggio di andare controcorrente, saper osare per Dio sfidando le logiche dominanti e i luoghi comuni dei modi di pensare e di vivere conformisti. Elia e Giovanni Battista erano dotati di grande coraggio e, con la predicazione e la testimonianza, hanno sfidato le convenzioni degli uomini: la loro parola era “come un fuoco; bruciava come fiaccola” (Sir 48,1). Che cosa c’è di più anticonformista oggi se non l’essere cristiani autentici, con la parola e con la vita? In un momento storico nel quale chi si dice cristiano in Occidente viene deriso e in altre parti del mondo perseguitato, non è davvero profetico essere con coraggio discepoli di Cristo nonostante ciò?

Il contesto sociale in cui viviamo vede poi i temi economici in vetta alle preoccupazioni, a causa dell’attuale crisi. Questo stato di cose è frutto, da una parte, della globalizzazione, che comporta una maggiore interdipendenza e complessità dei rapporti economici a livello mondiale, e, dall’altra, all’emancipazione – per così dire – dell’economia e della finanza da ogni vincolo etico di riferimento. La Chiesa, invece, ribadisce che la radice profonda di ogni crisi che mette alla prova l’umanità è sempre di carattere morale e spirituale. È necessario pertanto riuscire a coniugare la finanza, la politica, la tecnologia con l’etica, perché solo intervenendo a questo livello profondo, dove si deve scegliere il maggior bene per l’uomo e per la società in base a criteri di valore, si potrà trovare la strada verso un nuovo assetto economico mondiale, più giusto e solidale.

c. L’origine storica delle vostre Federazioni vede nell’attenzione alla dottrina sociale della Chiesa il suo punto cardine. Le Casse rurali ed artigiane, oggi Banche di credito cooperativo, nacquero per venire incontro alle nuove esigenze di coloro che erano impegnati nei settori dell’agricoltura e dell’artigianato, con un profilo cristiano di mutuo soccorso e di attenzione alle esigenze del territorio, in particolare ai meno abbienti. Così pure l’articolo 1 dello Statuto della Confederazione Cooperative Italiane, richiamando il Magistero della Chiesa, pone a fondamento della vita associativa i valori di solidarietà economica e sociale, di libertà e di partecipazione. Queste, cari fratelli e sorelle, siano le linee guida del vostro operare anche oggi. La cooperazione è una via intermedia, in linea con la dottrina sociale della Chiesa: da un lato, è lontana dalla lotta di classe, che massifica gli individui; dall’altro, si discosta dal liberismo radicale che invece privilegia il tornaconto del singolo, a discapito della comunità di appartenenza. La cooperazione, ispirandosi ai principi di sussidiarietà, socialità e solidarietà, ricerca prima di tutto la valorizzazione della persona umana; si propone di farlo promuovendo la sua naturale capacità di lavorare in forma associata, mettendo in comune obiettivi e risorse, e al tempo stesso favorendo la responsabilità verso il territorio e la cooperazione internazionale. L’esperienza delle cooperative, oggi come e più di ieri, è di grande importanza: rappresenta un modo virtuoso di concepire l’economia sociale: servizio ai più deboli, inserimento dei più giovani al lavoro, iniziative di carattere culturale ed educativo. Un ruolo rilevante nella cooperazione è svolto dalle donne con la loro capacità di coniugare tempi di lavoro, famiglia e cura delle persone.

Cari fratelli e sorelle, l’enunciazione dei principi della dottrina sociale deve riuscire a calarsi nella realtà per infondere luce e forza al nostro impegno nel mondo: il futuro della solidarietà morale, sociale ed economica sta quindi anche nelle vostre mani. La Chiesa, di cui fate parte, vi accompagna e vi sostiene. Da parte vostra, sappiate sempre coltivare una robusta vita spirituale, prima di tutto sul piano personale, e offrendo ai soci anche opportune occasioni di crescita insieme. Anche voi laici, che avete a che fare con i complessi problemi del mondo del lavoro, avete bisogno di qualche momento di silenzio, di ascolto e meditazione della Parola di Dio, per poter pensare ed agire con stile veramente evangelico.

Mentre vi auguro di vivere in serenità le prossime feste natalizie, affido tutti voi e le vostre famiglie, come pure ogni vostra attività a Maria Santissima, Madre del Redentore, affinché vi guidi e vi conforti sempre con la sua materna protezione.

 

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