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7° ANNIVERSARIO DELLA MORTE DI MONS. LUIGI GIUSSANI E
30° ANNIVERSARIO DEL RICONOSCIMENTO PONTIFICIO
DELLA FRATERNITÀ DI COMUNIONE E LIBERAZIONE

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Basilica di San Pietro
Domenica, 4 marzo 2012

 

Cari fratelli e sorelle!

Sono molto lieto di presiedere questa Santa Messa e di unirmi alla preghiera di voi fedeli della Diocesi di Roma appartenenti al Movimento di Comunione e Liberazione, radunati presso la Tomba di San Pietro per ricordare, con animo grato e orante, il settimo dies natalis di Mons. Luigi Giussani e il trentesimo anniversario del riconoscimento pontificio della vostra Fraternità.

Questa celebrazione eucaristica si caratterizza anche per la gioia dei primi adempimenti compiuti, nei giorni scorsi, in vista dell’avvio formale della Causa di beatificazione e canonizzazione del vostro Fondatore.

Don Giussani è stato “profeta” dell’insopprimibile anelito dell’incontro con Dio per l’uomo del nostro tempo; incontro con la Persona di Gesù nel quale “Dio si è fatto uomo”; incontro con la Chiesa, luogo della compagnia dei cristiani in cammino verso e dentro la vera vita. Con il percorso della Causa di beatificazione e canonizzazione di Don Giussani, ci attende l’esperienza di un appassionante coinvolgimento alla sua audacia di cristiano e di Sacerdote.

La liturgia di questa seconda domenica di Quaresima ci pone davanti la condizione di autentica conversione come frutto maturo del cammino quaresimale: donare a Dio il proprio cuore e la propria vita, nell’obbedienza piena alla sua parola. La prima Lettura ha presentato la grande obbedienza della fede di Abramo, che si manifesta anche di fronte alla prova estrema e più grande di tutta la sua vita, quella di fidarsi di Dio persino quando gli chiede il sacrificio del figlio Isacco. Abramo è il modello del credente che obbedisce alla parola di Dio; tutta la storia di questo patriarca è fatta di obbedienza e di fiducia nella chiamata del Signore.

Per fede Abramo partì per un lontano paese lasciando i suoi beni, la sua terra, i suoi progetti; in forza della sua fede ebbe piena fiducia nel compimento della promessa di una discendenza umanamente irrealizzabile in quanto Sara, sua moglie, era sterile. Abramo è l’uomo che teme Dio; non si tratta del timore-paura di Adamo ed Eva che si nascosero dopo il peccato, bensì del «timore di Dio» sinonimo di fede e di volontà di rimettere nelle sue mani la propria vita e il proprio futuro. In modo particolare la prova del sacrificio di Isacco permette ad Abramo di verificare, attraverso la sua fede nel Signore, il suo «senso religioso», cioè la struttura nativa e più radicale della sua personalità: la coscienza della dipendenza totale dal Signore.

Questa è la fede, dono di Dio e frutto dello Spirito, che la liturgia ci fa chiedere con insistenza per poter rendere fecondo il nostro ascoltare Cristo. Questa fede, che genera continuamente un’autentica e profonda libertà, è stata la stella polare di don Giussani, il filo unificatore tra il suo pensare, il suo credere e il suo vissuto quotidiano. Sul suo esempio e alla luce dei suoi insegnamenti, anche voi oggi siete chiamati a una verifica sincera della vostra fede: nella relazione con Cristo, infatti, si ridesta il senso religioso, vale a dire l’umanità più vera che, nella sua natura più intima, consiste in una sete inesauribile, che solo Dio può colmare.

A questo proposito don Giussani ebbe a dire: «Noi cristiani nel clima moderno siamo stati staccati non dalle formule cristiane, direttamente, non dai riti cristiani, direttamente, non dalle leggi del decalogo cristiano, direttamente. Siamo stati staccati dal fondamento umano, dal senso religioso. Abbiamo una fede che non è più religiosità. Abbiamo una fede che non risponde più come dovrebbe al sentimento religioso; abbiamo una fede cioè non consapevole, una fede non più intelligente di sé» (L. Giussani, “La coscienza religiosa dell’uomo moderno”, pro manuscripto, Centro Culturale Jacques Maritain, Chieti, 21 novembre 1985, p.15).

Questa perspicace analisi, fatta quasi vent’anni fa, è valida ancora ai nostri giorni e ci rafforza nel convincimento di quanto sia necessario compiere un serio percorso per mostrare la relazione della fede con i bisogni dell’esistenza, superando così quella che i Pontefici da Paolo VI a Benedetto XVI descrivono come la frattura moderna fra ragione e fede, tra sapere e credere. Si tratta di compiere un reale cammino umano in cui fare esperienza che il Signore Gesù non è un’idea, un discorso, ma un avvenimento, una Persona, che dà alla vita una nuova prospettiva. Dell’importanza di questo cammino don Giussani era intimamente persuaso e lo ha proposto con ardore instancabile e affascinante ragionevolezza. Ha convinto moltitudini di persone, specie i giovani, a mettere Cristo al centro della loro vita, e a percepirlo come un vero compagno di viaggio nel percorso faticoso di crescita verso una umanità nuova. Egli ha vissuto questa esperienza nella Chiesa e con la Chiesa con amore incondizionato e docile obbedienza, come testimoniò l’allora Cardinale Joseph Ratzinger nell’omelia del suo funerale: «Cristo e la Chiesa: sta qui la sintesi della sua vita e del suo apostolato. Senza mai separare l’uno dall’altra, ha comunicato attorno a sé un vero amore per il Signore e per i vari Papi che ha conosciuto personalmente».

Anche l’odierna pagina del Vangelo è un richiamo alla fede, nella prospettiva del mistero pasquale di Cristo. Domenica scorsa, prima domenica di Quaresima, la Chiesa ha posto davanti agli occhi della nostra fede il Cristo nel deserto della tentazione. Oggi, nella seconda tappa, essa ci presenta il Cristo sull’alto monte della trasfigurazione. L’uno e l’altro fanno parte del programma della catechesi quaresimale e ci costringono a una profonda riflessione nella fede.

Sul monte della trasfigurazione Gesù si fa vedere da Pietro, Giacomo e Giovanni nello splendore della sua gloria. Questa gloria compenetra tutta la sua figura umana: «Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime» (Mc 9,2-3). Questa gloria è confermata dalla Legge e dai Profeti: «E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù» (Mc 9,4). La trasfigurazione svela ai tre apostoli Gesù come non lo conoscevano nella vita di tutti i giorni: Egli sta davanti a loro come Colui nel quale si compie l’Antica alleanza; ma soprattutto come il Figlio eletto dell’Eterno Padre, al quale bisogna prestare fede assoluta e dimostrare totale obbedienza.

Egli è non soltanto Colui in cui si realizzano le antiche Scritture, rappresentate sul monte della trasfigurazione da Mosè ed Elia; è soprattutto l’erede della grande promessa di Dio fatta ad Abramo, padre di tutti i credenti. Per gli apostoli, presenti sul monte della trasfigurazione, Cristo è infine il rifugio e il tabernacolo del fervore spirituale e della gioia piena. Questo viene espresso nelle parole di Pietro: «Rabbì, è bello per noi essere qui» (Mc 9,5).

Come dicevo poc’anzi, Don Giusssani ha fatto percepire la fede come l’esperienza forte e irripetibile di un “incontro”, grazie al quale è possibile anche per noi ripetere, come Pietro: “Signore, è bello essere in tua compagnia!”

Da questa passione per Cristo e il suo Vangelo è nato il vostro Movimento ed è nata la Fraternità di Comunione e Liberazione, che trent’anni fa il Beato Giovanni Paolo II riconosceva come frutto maturo del carisma di don Giussani, indicandola come una strada per vivere quel cammino di santità a cui è chiamato ogni battezzato.

Ora, in occasione di questa Celebrazione eucaristica e di questa memoria, il Santo Padre Benedetto XVI mi ha incaricato di trasmettervi il suo saluto e la sua Benedizione apostolica. Sono lieto di farlo ricordando insieme quello che disse cinque anni fa, ricevendovi in piazza San Pietro nel 25° del riconoscimento pontificio. Egli ricordava che la storia della vostra Famiglia spirituale, sorta dalla fede e dalla tensione apostolica di don Giussani, «ancor oggi si offre come una possibilità di vivere in modo profondo e attualizzato la fede cristiana, da una parte con una totale fedeltà e comunione con il Successore di Pietro e con i Pastori che assicurano il governo della Chiesa; dall’altra, con una spontaneità e una libertà che permettono nuove e profetiche realizzazioni apostoliche e missionarie» (Udienza con CL, 24 marzo 2007).

Siate degni di queste origini e di questa fiducia del Papa, e testimoniate al mondo la bellezza dell’avvenimento cristiano con coraggio e generosità. Vi sia di aiuto Maria, scelta per portare al mondo Gesù, il fiore della salvezza, “umile e alta più che creatura” – come amava ripetere Don Giussani citando il canto di Dante. E in questa compagnia proseguiamo la nostra Celebrazione eucaristica.

  

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