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MESSA DI S. EUSEBIO DI VERCELLI, PATRONO DELLA REGIONE PASTORALE

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Parrocchia di Introd,
1° agosto 2012

Letture Ez 3,16-21; Salmo 70 Proclamerò la tua salvezza Signore; Gv 10, 11-16

Eccellenza,
Stimate Autorità,
Cari amici,

con grande piacere ho accettato l’invito del Parroco, Don Ugo Reggiani, a celebrare la Santa Messa nella vostra bella Chiesa parrocchiale, nella festa di Sant’Eusebio di Vercelli, patrono di questa regione pastorale.

Mi lega a Sant’Eusebio una relazione tutta speciale poiché sono stato suo successore sulla cattedra episcopale di Vercelli. Ciò mi ha permesso di conoscere e penetrare profondamente la sua anima di Pastore, tanto che ho scelto come mio motto episcopale una frase che ho trovato nei suoi scritti e che mi ha impressionato per l’incisività del messaggio: “Fidem custodire, concordiam servare”. La lettera del Vescovo Eusebio da cui è stata tratta dice così: “Approfitto per raccomandarvi caldamente di custodire con ogni cura la vostra fede, di mantenervi concordi, di essere assidui all’orazione, di ricordarvi sempre di noi, perché il Signore si degni di dare libertà alla sua Chiesa…” (CCL 9,105).

Mi sono proposto perciò di riflettere con voi proprio su questo invito appassionato di Sant’Eusebio a preoccuparci della preziosa realtà della fede e, dunque, di ciò che nella storia dell’umanità ne è derivato di bello e di buono.

Eusebio fu una grande figura di credente e di pastore con il suo modo di pensare, di agire e di testimoniare la fede. A lui si addice la pagina del Vangelo che abbiamo ascoltato che traccia il profilo del “buon pastore”. Il pastore che pasce le sue pecore ci mostra il compito di colui che governa con senso di responsabilità, a differenza del mercenario che svolge un mestiere. Governare significa prendersi cura, prendere le difese dei deboli, dei bisognosi, e nell’immagine del “buon pastore” far risplendere la regalità di Cristo. In Cristo anche il Vescovo detiene l’autorità sul popolo a lui affidato, e questa è un dovere, un debito, è un ministero verso gli altri, per condurli alla pienezza di vita e di libertà voluta da Dio per l’uomo sua creatura.

Eusebio fu sì Vescovo di Vercelli, ma fu Vescovo del mondo. Annunziò il Vangelo ovunque e con ogni mezzo, nella comunicazione integrale del mistero di Cristo uomo-Dio. Vescovo dei Concili e dei Sinodi, non restò a casa sua. Affrontò viaggi durissimi, pericoli, incomprensioni e persecuzioni dei nemici, pur di portare il Vangelo e la salvezza di Cristo dappertutto.

Eusebio, con lacrime e fatica ha fatto sorgere numerose comunità di credenti istruendoli sui principi della dottrina cattolica in un tempo in cui imperversavano minacciose eresie. Con sapiente lungimiranza comprese che per mantenere viva la pianticella della fede appena seminata occorrevano buoni Pastori. Ecco allora sorgere per sua iniziativa il cenobio dei chierici; una comunità fraterna verso la quale egli si prodigava in prima persona per formare buoni sacerdoti e guide per il popolo. Man mano che disponeva di preti ben preparati li invitava a stabilirsi nei diversi territori perché potessero dedicarsi alla predicazione e più facilmente operare la conversione alla vita evangelica dei contadini e dei montanari, che erano dediti ai culti pagani e prigionieri delle superstizioni. E i territori di riferimento sono proprio questi del Piemonte e della Valle d’Aosta nei quali ci troviamo, fino a raggiungere la Liguria e l’Emilia.

Con espressioni di grande paternità e dolcezza si rivolgeva ai nuovi credenti, scrivendo loro: “Mi compiaccio molto, o fratelli, della vostra fede e mi rallegro della salvezza che essa ha portato a tutti voi”. Si, perché la fede nel vero Dio è liberante. E continuava: “Godo dei frutti da voi prodotti, che dispensate ai vicini e ai lontani”. Dunque la fede suscita una comunione di aiuti concreti vicendevoli. E ancora: “Siate davvero come un albero sapientemente innestato [si tratta dell’innesto della sapienza evangelica] che, proprio a causa della sua produttività, sfugge alla scure e al rogo”. Dunque la fede vissuta coerentemente ha la forza dell’evidenza grazie ai suoi buoni frutti.

In Eusebio ammiriamo il coraggio indomito della “sentinella del popolo di Dio”, che non solo guida nel cammino della fede, ma si propone come un forte sostegno nei percorsi turbolenti e difficili che la fede affronta in mezzo ai problemi dell’uomo e della società. Dalla intrepida fede di Eusebio il popolo piemontese vide scaturire quei beni spirituali e morali a cui noi oggi intensamente aspiriamo: la benevolenza nei rapporti personali, l’aiuto nella ricerca della verità, la serenità e la fortezza nei momenti di lutto e di conflitto, la riconciliazione con se stessi e con la vita.

A noi oggi tocca il compito di rimanere in questa continuità, di farcene carico affinché la società del nostro tempo riconosca la solidità delle proprie radici cristiane.

Quando si parla di “nuova evangelizzazione” dobbiamo saper riconoscere in questa espressione tutta la carica di fiducia che Dio dà a noi oggi, nel volerci annunciatori del Vangelo in mezzo alla nostra gente, tanto quanto i primi discepoli fra le genti pagane del loro tempo.

Il Signore ha bisogno oggi del nostro cuore, della nostra mente, delle nostre forze affinché il progetto di vita da lui annunciato possa avere la forza attrattiva nel nostro mondo vitale, differenziato e complesso nel quale bisogna saper rendere concretamente visibile la forza della speranza cristiana. In ogni ambito sociale: nel lavoro, nel matrimonio e nella famiglia, come in tutte le cerchie amicali e di impegno sociale, ciascuno è davvero insostituibile per una ramificazione della testimonianza di fede.

Comprendiamo allora la grande importanza dell’annuncio fatto da Benedetto XVI di proclamare l’ “Anno della Fede”, che prenderà inizio nel prossimo mese di ottobre a cinquant’anni dall’apertura del Concilio Ecumenico Vaticano II. Sarà un anno importante se si pensa alla necessità del nostro tempo di servire la causa dell’uomo puntando sul progetto creazionale di Dio. «Senza Dio l'uomo non sa dove andare e non riesce nemmeno a comprendere chi egli sia. La disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli e verso una vita intesa come compito solidale e gioioso». Così Benedetto XVI nella Caritas in veritate (n. 78).

Coscienti della nostra dignità di collaboratori o operatori di una “nuova evangelizzazione”, dobbiamo coltivare una grande passione per Dio prima di tutto. Ma dobbiamo anche sforzarci in molti modi per scoprire di nuovo, attraverso una formazione realmente cristiana, i molti tesori della nostra cultura e della fede che sono sfuggiti di mano a molti e che per questo sono divenuti quasi irriconoscibili.

L’esigenza di questo nostro impegno ci viene anche indicata nel brano della Prima Lettura, ascoltato poc’anzi, tratta dal libro del profeta Ezechiele. In esso troviamo affermazioni che a prima vista sembrano severe; Ezechiele parla della grave responsabilità che incombe su ciascuno di ammonire coloro che sbagliano. Ezechiele addirittura dice che se il malvagio non viene avvertito, “egli morirà per la sua iniquità, ma della sua morte io domanderò conto a te”. Possiamo scorgere in questo brano di forte impatto, il desiderio del Signore di vedere in noi una comunità impegnata nell’offrire la sua parola di salvezza; una comunità che annuncia il Vangelo nella sua interezza senza timore; una comunità che cresce e si alimenta con l’osservanza della Legge del Signore e testimonia la grandezza e l’universalità del progetto cristiano, in un contesto di sincero e fraterno amore vicendevole.

Dobbiamo però essere aiutati ad avere questa forza d’animo e per questo non c’è maniera più efficace che rivolgerci a Maria, La Vergine che per prima ha creduto nel Figlio di Dio, venuto nel mondo per la nostra salvezza. S. Eusebio ha portato in Piemonte la devozione alla Vergine Maria (si riferiscono a lui i Santuari di Crea e di Oropa!).

Che Maria ci aiuti a riconoscere tutto il bene che c’è in ognuno dei nostri prossimi, così da poter aiutare coloro che cadono a causa delle difficoltà della vita, a risollevarsi e a gustare la bellezza della misericordia di Dio.

Maria, Madre di Cristo e Madre nostra, ci aiuti ad essere collaboratori della “nuova evangelizzazione”. Accogliendola nel cuore delle nostre famiglie lei vivrà con noi l’impegno cristiano di costruire un mondo concorde e fraterno, seguendo Cristo “buon Pastore”, Re di giustizia e di pace.

 

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