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600° ANNIVERSARIO DEL MIRACOLO EUCARISTICO A BAGNO DI ROMAGNA

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Domenica, 30 settembre 2012

 

Eccellenza Reverendissima,
Signor Sindaco e distinte Autorità,
cari fratelli e sorelle!

Ho accolto con gioia l’invito a venire oggi tra voi, per celebrare l’Eucaristia e unirmi così alla solenne commemorazione del miracolo eucaristico che qui si è compiuto 600 anni fa, di cui custodite con venerazione la preziosa reliquia. Saluto il Vescovo di Cesena-Sarsina, Sua Eccellenza Mons. Douglas Regattieri, che ringrazio per avermi invitato e soprattutto per avermi dato modo di conoscere meglio questo importante avvenimento. Saluto il Sindaco di Bagno di Romagna, e con lui l’intera cittadinanza. A tutti sono lieto di assicurare la vicinanza spirituale del Santo Padre Benedetto XVI, il quale mi ha espressamente incaricato di trasmettervi la sua Apostolica Benedizione, con la quale concluderemo questa solenne celebrazione. Sua Santità augura alla vostra comunità di alimentare sempre la fede nella presenza eucaristica del Signore Gesù Cristo, quella fede che ha guidato e sostenuto le generazioni dei padri nel cammino della vita e della storia.

Le celebrazioni, nella Chiesa, non sono mai semplici ricordi del passato. Specialmente nell’Eucaristia, si celebra una realtà viva, sempre attuale, che ci interpella e ci coinvolge. Dunque, anche oggi, mentre facciamo memoria dell’evento che ha lasciato una traccia indelebile nella storia religiosa del vostro popolo, noi, in particolare adesso, in questa Messa, quell’evento lo riviviamo, perché è il Mistero eucaristico: Gesù Cristo risorto e vivo, che offre a noi il suo Corpo e il suo Sangue sotto le specie del pane e del vino. Li offre oggi, come 600 anni fa, come 2000 anni fa. Perciò il nostro odierno ritrovarci e fare festa, in questo importante anniversario, è occasione propizia per rinnovare e approfondire la nostra fede e rendere più autentica la nostra partecipazione alla Santa Messa, come pure per riscoprire il valore dell’adorazione eucaristica, che grazie a Dio e all’impulso del Papa Benedetto XVI sta conoscendo una nuova fioritura, anche tra i giovani.

Le Letture che abbiamo ascoltato sono quelle della solennità del SS.mo Corpo e Sangue di Cristo. Esse ci invitano a riflettere sul mistero dell’Eucaristia attraverso la categoria biblica dell’alleanza, il patto tra Dio e il suo popolo. Nella pagina del libro dell’Esodo, il capitolo 24, si narra la stipulazione dell’alleanza presso il monte Sinai. Viene particolarmente sottolineato il rito mediante il quale questo patto si realizza: il sangue degli animali offerti in sacrificio è per metà versato sull’altare, segno della presenza di Dio, e per metà asperso sul popolo. Nel compiere tale gesto Mosè pronuncia le seguenti parole: «Ecco il sangue dell'alleanza che il Signore ha concluso con voi sulla base di tutte queste parole!» (Es 24,8). Questo brano è particolarmente adatto alla nostra celebrazione, perché il miracolo eucaristico di Bagno di Romagna ha riguardato il Sangue di Cristo. Il sangue è simbolo della vita, e l’antico rito dell’aspersione con il sangue indica che Dio e il popolo d’Israele sono legati tra loro dalla medesima vita, diventano “consanguinei”. Questa comunione non è un fatto puramente rituale: è una realtà esistenziale, che deve esprimersi in una condotta di vita conforme alle “parole” date da Dio come clausole dell’alleanza stessa. Mosè infatti proclama al popolo la legge e tutto il popolo s’impegna solennemente a osservarla.

Il Vangelo che è stato proclamato è il racconto dell’Ultima Cena, con l’istituzione dell’Eucaristia – secondo la redazione di San Marco. In particolare, facendo attenzione alle parole che Gesù pronuncia quando distribuisce il calice del vino, osserviamo che Egli riprende proprio quanto aveva detto Mosè nel solenne rito del Sinai. Gesù infatti dice: «Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per molti» (Mc 14,24). Là si trattava di unire in alleanza Dio e il popolo; qui ad essere uniti sono Gesù e i discepoli, ai quali viene offerto il calice del vino. I discepoli, quindi, bevendo dall'unica coppa di Gesù, ricevono come bevanda spirituale il suo Sangue: la vita di Gesù è in loro. E l’alleanza così sigillata è nuova, ultima e definitiva. Nel gesto dell’Eucaristia Gesù ricapitola tutta la sua vita e anticipa il significato della sua morte. Egli rivela come dev’essere interpretato ciò che sta per accadere: vuole far comprendere ai suoi che la sua morte, già più volte annunciata a loro in precedenza, non sarà un incidente, né sarà la vittoria dei suoi avversari (anche se tale sembrerà); sarà invece il dono che Egli farà di se stesso ai discepoli e all’umanità intera: «Prendete, questo è il mio corpo» (Mc 14,22), e san Luca aggiunge: «che è dato per voi» (Lc 22,19). Questo «per voi» esprime la decisione di Gesù di servirci e di offrire se stesso fino alla fine. Non a caso il brano del Vangelo si conclude dicendo che Gesù, cantato l’inno, uscì verso il monte degli Ulivi, verso il luogo dove Lui sarà tradito, cioè «consegnato», ma in realtà è Lui che «consegna» se stesso. Nell’Eucaristia Dio si manifesta come il Dio per noi. La Passione e Morte di Gesù rivelano in modo definitivo il mistero di Dio: in Gesù Dio stesso è diventato «Dio per noi»; e noi, in Gesù, diventiamo l’umanità obbediente a Dio. Quel pane e quel vino, quel Corpo spezzato e quel Sangue sparso diventano in noi vita nuova: la vita eterna dei figli riconciliati.

E’ quanto ci ricorda la seconda Lettura, tratta dalla Lettera agli Ebrei. Si tratta di un passo stupendo, che mette in risalto il posto centrale occupato dal Sangue di Cristo nel mistero della redenzione. Gesù Cristo è presentato come il vero «sommo sacerdote» che porta a compimento le grandi figure della liturgia ebraica: il sacrificio, il sacerdote, il tempio, tutto trova la sua piena realizzazione in Cristo. In particolare, il sangue, che anticamente era quello degli animali, e – come abbiamo detto – era simbolo della vita e serviva a rappresentare il patto tra l’uomo e Dio, ora diventa il Sangue di Gesù, sangue umano in cui è presente e opera lo Spirito di Dio, cioè il suo Amore eterno ed infinito. Il Sangue di Cristo non si limita a procurare una purificazione esterna, ma purifica «la nostra coscienza» (Eb 9,14), dice il Testo sacro. E’ questo un passaggio decisivo, che fa riflettere profondamente. In effetti, Cristo ha patito ed è morto sulla Croce, versando tutto il proprio Sangue, per compiere una purificazione universale e radicale, perché ogni persona possa trovare lì, in quella fonte inesauribile, la possibilità di essere lavata, perdonata, riconciliata, pacificata. Allora comprendiamo che Gesù Cristo non è un «di più», non è un «optional», una specie di decorazione che i credenti possono permettersi; al contrario, sentiamo quanto mai vera oggi l’accorata invocazione del Cardinale Montini: «Tu ci sei necessario, o Cristo!...» (Lettera pastorale alla Diocesi di Milano, 1955). Sì, senza Gesù Cristo non c’è salvezza, perché l’uomo rimane prigioniero e vittima del proprio egoismo. Solo il Sangue di Cristo apre la via d’uscita, che è appunto la purificazione della coscienza. Infatti, se non cambia la coscienza, cambia ben poco; se non cambia l’interno dell’uomo, il mondo non può migliorare veramente. Questo vale per ogni famiglia, per ogni paese o città, per ogni nazione e per il mondo intero. Le società umane si rinnovano se si purificano le coscienze, e le coscienze si purificano veramente, realmente se si aprono all’azione dello Spirito di Dio, reso disponibile per sempre e per tutti dal mistero pasquale di Gesù Cristo. Ecco perché Lui parlava della sua morte come di un «battesimo»: un battesimo di sangue (cfr Lc 12,50).

Vedete allora, cari fratelli e sorelle, che quello che noi stiamo celebrando, non è una cosa del passato, un prodigio che al massimo può risvegliare la meraviglia e la devozione. E’ ben di più! Nei miracoli eucaristici Dio ci vuole ricordare qual è il centro della salvezza: la trasformazione del mondo grazie all’amore di Dio mediante il sacrificio di Gesù. E nei miracoli eucaristici Dio conferma anche – possiamo dire – il suo stile proprio: quello di Gesù, dell’Incarnazione, uno stile umile, che si rivolge di preferenza ai piccoli, senza clamori e nel nascondimento, anche se poi quanti lo riconoscono fanno risuonare la lode, come i pastori di Betlemme.

Anche il miracolo di Bagno di Romagna ha questo “stile” divino. Lo riscontriamo nella sua prima narrazione scritta, contenuta nel diario dell’abate Benedetto Tenaci, redatto verso la fine del XV secolo: «Lazzaro veneto, rettore di questa chiesa, mentre celebrava la messa e dopo aver consacrato l’Eucaristia, non credeva che il vino si fosse trasformato veramente nel sangue di Cristo. All’improvviso sopra il corporale vide delle gocce di sangue fresco, quelle che ancor oggi si vedono, e osservò il calice vuoto. Colpito da questo miracolo, confessò la sua incredulità (…)». Il racconto, così scarno ed essenziale, conserva la semplicità delle testimonianze dirette, che così si sono mantenute vive nella memoria religiosa del popolo, nella sua fede schietta, nella sapienza del cuore che ne ha fissato il culto e la devozione. Non è una memoria “leggendaria”: infatti ricognizioni anche recenti hanno confermato che le macchie presenti sul Corporale sono effettivamente di sangue. Come sempre in questi casi, Dio ci offre un “segno”, che richiede da noi la fede! I miracoli non sono fatti per dare la fede, ma per esaudirla, quando c’è ed è viva, oppure per provocarla e aumentarla, quando manca o è carente.

Ecco allora, cari amici, il significato più importante del nostro ritrovarci qui oggi, a pochi giorni dall’Anno della Fede, voluto dal Papa Benedetto XVI nel 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II. Siamo qui per dire al Signore: grazie per il segno che ci hai donato con il miracolo eucaristico; noi crediamo, ma Tu aumenta la nostra fede! Aumenta, o Signore, la fede nelle famiglie, a partire dai genitori, che sono i primi educatori. Aumenta la fede nei sacerdoti, perché quando annunciano la Parola di Dio e celebrano l’Eucaristia credano fortemente nella presenza di Cristo Risorto. Aumenta la fede nelle persone consacrate, affinché con la loro vita dicano a tutti che Dio ci basta, che il suo Amore è il tutto e riempie il cuore. Aumenta la fede nei ragazzi e nei giovani, perché non cerchino “scorciatoie” nella vita, e sappiano scegliere la strada stretta ma vera, che fa crescere e conduce alla felicità. Aumenta, Signore, la fede in ognuno di noi, perché sappiamo sempre lodarti per la tua bontà e grandezza, perché sappiamo ringraziarti per ogni dono, a partire da quelli che troppo spesso diamo per scontati; perché abbiamo forza nella malattia, nelle prove, specialmente quando siamo chiamati a rendere testimonianza a Cristo e alla verità in situazioni difficili.

In particolare, vogliamo che l’odierna commemorazione contribuisca a risvegliare in noi la fede e l’amore in Gesù Eucaristia, perché il rapporto vivo con Lui possa ispirare e guidare la nostra esistenza, come ha fatto con le generazioni che ci hanno preceduto. Un po’ del dubbio nutrito dal prete Lazzaro, un po’ di quella incredulità abitano forse anche il nostro cuore; o semplicemente viviamo una certa indifferenza che ci fa pensare alla Santa Messa come ad una fra le tante cose da fare, o a un obbligo da assolvere. Si tratta di ben altro! L’alleanza definitiva che Gesù Cristo ha sigillato con il suo Sangue è anche per noi, è realtà che ci riguarda, di cui la nostra vita ha profondamente bisogno per non disperdersi nella frammentazione e nel non senso. Ed è realtà che ci viene offerta sempre di nuovo, ogni volta che partecipiamo all’Eucaristia: è Cristo stesso che si dona a noi affinché, nutriti di Lui, possiamo rimanere nel suo amore e vivere della sua stessa vita, fatta di accoglienza, di opere di misericordia, di servizio onesto e generoso là dove la nostra vocazione ci ha posti.

Cari fratelli e sorelle, la terra che abitate vi parla di fede vissuta e di un cristianesimo incarnato: queste valli conservano le memorie vive di San Romualdo e di San Pier Damiani, dell’Ordine Camaldolese – che sta celebrando il suo millenario –, di Sant’Alberico e della Beata Giovanna. Ci conceda il Signore, per la loro intercessione e per quella della Madre celeste, Maria Santissima, di essere custoditi nella fede e rafforzati nella speranza, e di camminare sempre nella fiducia e nella carità. Amen!

  

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