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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI S.E. MONS. GUIDO POZZO,
ELEMOSINIERE DI SUA SANTITÀ

OMELIA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

Perinsigne Basilica di S. Lorenzo in Damaso
Sabato,17 novembre 2012

 

Signori Cardinali,

Venerati Fratelli nell’episcopato e nel presbiterato,
carissimo Mons. Guido Pozzo,
cari fratelli e sorelle!

A tutti voi, qui convenuti, rivolgo il mio cordiale saluto, con un particolare pensiero per i parenti, i confratelli, i concittadini e gli amici di Mons. Guido Pozzo, che oggi ho la gioia di aggregare all’Ordine dell’Episcopato. A te innanzitutto, caro Monsignore, e a quanti ti fanno corona in questo momento solenne e al tempo stesso familiare, sono lieto di assicurare la preghiera del Santo Padre Benedetto XVI, che ci accompagna con una speciale Benedizione, rendendosi spiritualmente presente a questo rito, nel quale viene ordinato Vescovo l’Elemosiniere di Sua Santità.

Il Santo Padre ti conosce fin dal tempo in cui era Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede; ti ha avuto come Suo collaboratore nella Sezione Dottrinale, ed ora ti ha chiamato per svolgere un servizio che ti rende membro della Famiglia pontificia.

Suona come propizia l’orazione «Colletta» di questa 33ª Domenica del Tempo Ordinario: «Solo nella dedizione a te [Signore], fonte di ogni bene, possiamo avere felicità piena e duratura». Questa dichiarazione d’amore al Signore ci ricorda che la felicità autentica trova la sorgente e la motivazione più profonda nella donazione di sé e nel generoso servizio a Lui. La gioia è un elemento centrale dell’esperienza cristiana. Ogni volta che la comunità cristiana si raccoglie attorno all’altare fa esperienza di una gioia intensa, la gioia della comunione, la gioia di essere cristiani, la gioia della fede. E’ questa un’espressione che sgorga di frequente dalla bocca e dal cuore del Santo Padre e che solleva l’animo dei credenti, rinvigorendo in essi la fede, la speranza e la carità.

Oggi vi è per noi un motivo speciale di intimo gaudio: un nuovo Vescovo sta per essere consacrato e inserito nelle file dei successori degli Apostoli, nel Collegio – cioè – di coloro che lo Spirito Santo ha posto e continua a porre nella Chiesa di Dio come pastori e maestri, sino a quando questa Chiesa, che ha per sé la promessa divina della indefettibilità, continuerà a sussistere nel mondo come colonna e sostegno della verità (cfr 1 Tm 3,15).

L’odierna pagina evangelica descrive il gratuito e benevolo disegno salvifico di Dio, che ci ha creati e redenti unicamente per farci felici. La storia, grazie a Cristo Crocifisso e Risorto, non verrà fatalmente inghiottita dall’abisso tenebroso del nulla, ma sfocerà in un oceano di luce e di inalterabile pace. È vero che il brano di oggi ci parla di sole che si oscura, di luna che si spegne, di stelle che cadono dal cielo (cfr Mc 13,24-25), ma queste immagini, tipiche del genere letterario apocalittico, fanno risaltare ancora maggiormente il centro del messaggio di Gesù. Esso è, anche qui, in chiave escatologica, una bella notizia: il duro inverno della prova sta per finire e ne sono segno inequivocabile le tenere gemme del fico, che rappresentano germogli di speranza, annunciando che «l’estate è vicina» (v. 28). Il denso linguaggio simbolico del discorso sugli ultimi tempi lascia emergere il contenuto più atteso e promettente: finalmente «il Signore è alle porte» (v. 29). Perché allora avere paura? Tutto il capitolo 13 del Vangelo di Marco, da cui è tratto il brano odierno, è come scandito dalle incalzanti raccomandazioni di Gesù: «Non allarmatevi» (v. 7), «non preoccupatevi» (v. 1), «non credeteci» (v. 21). Gesù non dice il quando e il come della fine del mondo, ma svela il senso della storia e annuncia che il Figlio dell’uomo, quando verrà con grande potenza e gloria, avrà il volto dell’Amore crocifisso. Un altro Evangelista, San Matteo, riporta la grande parabola del giudizio finale, nella quale il Re dice a quanti lo hanno incontrato amando e servendo i suoi fratelli più poveri: «Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi» (Mt 25,34).

Questa è la missione della Chiesa: partecipare a tutti l’amore divino attraverso la predicazione, i Sacramenti, e attraverso l’amore fraterno e servizievole, specialmente verso i più bisognosi. Quando un gesto, una parola, un sorriso, una mano tesa, una presenza attenta scaturiscono da autentico amore, possono diventare facilmente per quanti ne beneficiano occasioni propizie e feconde per accendere o rinvigorire la fiamma della fede. Quanto bene si può compiere anche nell’ambito della solidarietà e della carità con gesti semplici ed umili! Specialmente se tali azioni sono vivificate dal costante riferimento all’esempio di Gesù, il quale, mentre guariva le malattie del corpo – alle quali può ben essere assimilata la povertà –, rivelava con la sua tenerezza il volto misericordioso del Padre.

Anche durante il recente Sinodo dei Vescovi sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, abbiamo ascoltato dalla viva voce di molti dei presenti significative testimonianze della vivacità della vita di fede quando la carità verso i poveri e agli umili è diffusa nel cuore della comunità credente.

È in questa luce che si situa la particolare funzione ecclesiale, a cui sarà deputato Mons. Guido Pozzo quale Elemosiniere Apostolico. Egli non è chiamato a reggere una Chiesa particolare, ma ad essere a titolo speciale responsabile di una delle molteplici forme in cui si esprime la carità del Sommo Pontefice. Si tratta del sostegno in favore delle persone di Roma e di tutto il mondo che quotidianamente bussano alla porta del Successore di Pietro. L’Elemosineria Apostolica, infatti, è l’organismo della Santa Sede che da secoli ha il compito di esercitare la carità verso i poveri a nome del Papa, portando un po’ di sollievo a quanti soffrono e sono in difficoltà e offrendo loro un segno concreto della presenza solidale e dell’attenzione del Vicario di Cristo. Si tratta di una solidarietà feriale, che non comporta grandi progetti o iniziative eclatanti, ma piccoli aiuti e gesti quotidiani compiuti silenziosamente e con discrezione, nel solco dell’insegnamento di Papa Benedetto XVI che costantemente invita alla fraternità cristiana, alla condivisione con gli altri. E il modo per realizzarla è proprio la caritas, l’aiuto premuroso alle persone che, trovandosi in situazioni di indigenza, si rivolgono fiduciose al Santo Padre.

Se il servizio della carità è missione di ogni cristiano, lo è ancor più per i pastori del Popolo di Dio. Conformato a Cristo Buon Pastore, ogni Vescovo trova nella carità pastorale l’elemento centrale e unificante della propria identità teologica e della propria vita spirituale (cfr Conc. Ecum. Vat. II, Decreto Presbyterorum Ordinis, 14). Tale carità si chiama «pastorale» perché si riferisce primariamente a Gesù Cristo: «Solo se ama e serve Cristo Capo e Sposo, la carità diventa fonte, criterio, misura, impulso dell’amore e del servizio del sacerdote alla Chiesa, sposa di Cristo» (ivi, 15). Pertanto è l’amore verso Cristo Pastore che fonda, motiva e misura l’amore verso il gregge. Il servizio episcopale, proprio perché scaturisce dall’amore del Vescovo verso il Signore, diventa donazione gratuita e appassionata, generoso slancio di carità, ad immagine dello straordinario amore con il quale il Padre ha donato il proprio Figlio Unigenito per la salvezza del mondo. Si tratta di accogliere questo mirabile esempio divino come dono di grazia, memori della Parola di Gesù: «Si è più beati nel dare che nel ricevere» (At 20,35). Questa è la missione del Vescovo, animata da un amore disinteressato, che si ispira ed alimenta allo stesso sconfinato amore del Verbo incarnato. L’orizzonte, come si vede, è vasto, e l’atteggiamento con cui il Vescovo vi si situa è quello proprio di Cristo: servire l’uomo.

Questo deve essere e sarà lo slancio della tua carità, Caro Mons. Guido, ora che, inserito nell’ordine dei Vescovi, proprio in virtù di questa prerogativa, anche la carità in forma di beneficenza che eserciterai a nome del Santo Padre, si inscriverà nella multiforme espressione della carità pastorale propria del ministero episcopale.

Questo è l’orizzonte nel quale anche tu sei chiamato a svolgere la tua azione. In essa tu porti, insieme alle doti delle quali il Signore ti ha arricchito, l’accurata preparazione teologica, l’amore alla Chiesa e la fedeltà al Papa, la notevole esperienza acquisita in tanti anni di generoso servizio alla Santa Sede, segnatamente nella Congregazione per la Dottrina della Fede e da ultimo come Segretario della Pontificia Commissione Ecclesia Dei.

Noi tutti, partecipi della spirituale letizia, ma consapevoli della grandezza dell’atto che oggi qui si compie e delle responsabilità che sono affidate all’Ordinando, ci siamo rivolti all’Altissimo facendo risuonare, sotto le volte di questa Basilica, la solenne invocazione: Vieni, Spirito Creatore; riempi della tua grazia questo tuo sacerdote, perché sia capace di far fronte ai nuovi compiti ai quali Tu l’hai chiamato. Tu, viva sorgente; Tu, fuoco; Tu amore, donagli la tua forza, per sostenere la sua nuova missione al servizio della Chiesa.

Caro Mons. Guido, ti accompagniamo con il nostro fraterno augurio e la nostra preghiera, affinché il ministero che stai per intraprendere sia felice e fecondo di frutti. Come ci ricorda ancora una volta la Colletta di questa Santa Messa, «l’aiuto del Signore ti renda sempre lieto nel tuo servizio»; proprio questo hai voluto sintetizzare nel tuo moto episcopale: «Servite Domino in laetitia». Ti conceda il Signore, per l’intercessione di Maria Santissima, Regina Apostolorum, di essere un santo Pastore al servizio della Chiesa per il bene delle anime.

   

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