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CELEBRAZIONE EUCARISTICA DOPO LA CERIMONIA PER IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA DI INTROD (VALLE D'AOSTA),
AL SEGRETARIO DI STATO DEL SANTO PADRE

OMELIA DEL CARDINALE TARCISIO BERTONE

Domenica, 11 agosto 2013

 

Cari fratelli e amici di Introd e dintorni,

questi due appellativi hanno un significato reale poiché vi considero veramente miei fratelli e amici. Qui a Introd, e specialmente nell’amena località di Les Combes, mi sento di casa, in famiglia. Oggi avete voluto festeggiarmi e onorarmi con il conferimento della cittadinanza e ve ne sono molto grato. Che cosa dunque è cresciuto in me nei vostri confronti? E’ cresciuto proprio questo, un senso di appartenenza alla vostra comunità, di amicizia, di famiglia.

Voi non avete accolto come cittadino di questo Comune un uomo illustre - come si usa dire quando qualcuno svolge una funzione pubblica, anche ecclesiale - ma avete accolto quello che più intimamente esprime la mia personalità, e cioè il Sacerdote e il Vescovo; prerogative che mi abilitano a riversare su di voi la benedizione del Signore, ad essere mediatore come alter Christus delle grazie di cui ciascuno di voi ha bisogno. Siate certi, dunque, che la mia riconoscenza nei vostri confronti è prodiga di benedizioni.

Nel rivolgere il mio saluto al Vescovo di Aosta, Monsignor Franco Lovignana, al Parroco, ai Confratelli salesiani e ai rappresentanti delle istituzioni locali (il Presidente della Regione Valle d’Aosta, Dott. Augusto Rollandin, il Sindaco di Introd, Dottor Vittorio Anglesio e la Giunta Comunale), desidero arrivare con il mio affetto a ciascuno dei presenti che, grazie alla partecipazione comune a questo sacrificio eucaristico, saranno uniti a me e uniti gli uni agli altri, da un legame tutto speciale, spirituale ma reale. Quel legame che ci fa chiamare Dio, tutti insieme, nostro Padre.

Questo trovarci riuniti di fronte all’altare è il segno di un’adesione alla fede che, sebbene coinvolga ciascuno di noi singolarmente, vivente oggi, essa viene da un radicamento profondo e da una tradizione cristiana di questa terra, tramandata da secoli. Mi sembra opportuno dedicare sia a voi che ai vostri avi la prima frase della lettera agli Ebrei, che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: “Fratelli, la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede. Per questa fede i nostri antenati sono stati approvati da Dio”.

Non per nulla la provvidenza divina ha fatto si che proprio qui soggiornassero, per il loro riposo estivo, ben due papi, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. La devozione e l’affetto da voi avuti verso di loro restano vivi nel ricordo; restano impressi nei volti della gente, nelle case, nelle strade, nelle contrade e nei boschi, e di ciò la storia darà anche ai posteri un giusto motivo di orgoglio. Il comune d’Introd e altri luoghi della Valle d’Aosta, infatti, detengono un prezioso patrimonio di pronunciamenti pubblici dei due papi: di omelie, di indirizzi di saluto, di momenti di preghiera, che è bene riprendere, riascoltare e tramandare.

Ma veniamo alla nostra celebrazione eucaristica. Essa è un momento di elevazione a Dio e di riflessione che facciamo insieme; è un’ulteriore testimonianza pubblica della nostra adesione alla fede. Soffermiamoci allora su qualche passaggio del Vangelo che la liturgia di questa domenica ci propone.

Gesù ricorda ai suoi discepoli che bisogna sempre tenersi pronti alla venuta del Signore. Nessuno al mondo sa quando sarà conclusa la storia universale, né quando sarà terminata la vicenda di ciascuno di noi. Il Vangelo insegna che l’ignoranza di quell’ora non deve farci impigrire o angosciare, ma stimolare a lavorare come collaboratori del Signore per la realizzazione del suo Regno. Scrive Benedetto XVI nella sua enciclica sulla speranza, Spe salvi, che “il suo regno non è un aldilà immaginario, posto in un futuro che non arriva mai; il suo regno è presente là dove Egli è amato e dove il suo amore ci raggiunge” (n. 31).

Per collaborare all’avvento di questo regno occorre una vigilanza fatta di prontezza (“Siate pronti” dice l’evangelista Luca); fatta di laboriosità (“le vesti strette ai fianchi” sono la caratteristica di chi è intento all’opera); fatta di perseveranza (“le lampade accese” sono l’immagine di colui che mantiene viva la fede e non misura il tempo dell’attesa perché ama colui che attende).

Alla fede, appunto, è dedicato il brano della lettera agli Ebrei, che ho già citato. La fede è attesa e speranza. Abramo, Sara e tutti i grandi protagonisti della storia della salvezza furono soprattutto dei credenti, tutti intenti a raggiungere la “patria celeste”, la “città dalle salde fondamenta, il cui architetto e costruttore è Dio stesso”. Nessun torpore deve illanguidire la nostra vita e permettere ai ladri di “scassinare” e rubare il prezioso deposito della fede che è in noi. Beati coloro che il Signore, alla sua venuta, troverà saldi nella fede e ricchi di opere buone.

Chiediamo la grazia di essere pronti e costanti nel condurre una vita specchiata nella fede e nella carità. Chiediamo anche l’aiuto di Maria Ss.ma per essere, come lei, in un atteggiamento di vigilanza nella purezza luminosa della fede. Per essere nel lumen fidei, come dice il titolo dell’enciclica preparata da Papa Benedetto XVI e completata da Papa Francesco poche settimane fa. Vi invito a leggerla e a familiarizzare con il suo contenuto.

Continuiamo ora nel raccoglimento la nostra preghiera.

 

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