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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONS. BERNARD JACQUELINE
E DI MONS. IVAN DIAS

OMELIA DEL CARDINALE AGOSTINO CASAROLI*

Sabato, 19 giugno 198
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1. La Liturgia della parola, che abbiamo or ora celebrato, ci ha fatto rivivere nel ricordo il momento solenne nel quale, adempiendosi la promessa del Padre, annunciata dal Verbo Incarnato, la Spirito discese sugli Apostoli, radunati in preghiera nel Cenacolo, «insieme con alcune donne e con Maria la Madre di Gesù, e con i fratelli di lui (Atti 1,14).

Rivestiti, cosi, «di potenza dall'alto» (Lc 24,49), essi poterono dare inizio alla grande missione che il Cristo voleva ad essi affidata.

La discesa dello Spirito, quel giorno della Pentecoste, segnava la nascita della Chiesa: questo spirituale edificio che, come corpo vivente, avrebbe dovuto svilupparsi nei secoli e in ogni angolo della terra, avendo a pietra angolare, viva e fonte di vita, il Cristo stesso, e a fondamento vivo anch'esso e tramite di vita, gli Apostoli vicari della sua presenza e della sua azione lungo il corso della storia.

A tale scopo essi, ed i loro successori, dovevano ricevere il particolare sigillo dello Spirito, che di loro avrebbe fatto I Pastori della Chiesa, sacerdoti e dottori della nuova Legge, mandati a predicare il Vangelo, la «buona novella», ed a conquistare ad esso tutti i popoli, di ogni luogo e di tutti i tempi, trasmettendo loro la luce della fede e il dono di quello stesso Spirito che di ogni fedele fa un membro vivo del mistico Corpo di Cristo.

Avrebbe così avuto nuovo compimento l'antica profezia che abbiamo ascoltato nella prima lettura dal Profeta Isaia (61,1) e che Gesù già aveva a sé riferito all'inizio della sua vita pubblica (Lc 4,16): «Lo Spirito del Signore è su di me, per questo mi ha consacrato con l'unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio.

Lo stesso Spirito, la stessa missione hanno fatto degli Apostoli, e fanno dei loro successori, i visibili continuatori dell'opera del Maestro nella Chiesa.

2. L'attesa della venuta del Promesso, che fu quella degli Apostoli riuniti nel Cenacolo il giorno di Pentecoste, è la nostra in questo momento, nella raccolta solennità della Basilica Vaticana. Due nostri fratelli, chiamati dal Supremo Pastore della Chiesa ad entrare nel Collegio episcopale, stanno per ricevere quell'effusione dello Spirito che farà di loro, appunto, dei successori degli Apostoli per i nostri giorni.

Con essi siamo raccolti in preghiera. E con essi è Maria, la Madre del Signore: presente fra noi oggi, direi, a titolo speciale, nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa del suo Cuore Immacolato. Essa, che da Gesù, sulla Croce, è stata data a noi come Madre, e che quale Madre ci ama e ci segue, senza dubbio accompagna, con particolare partecipazione di affetto, la trepida aspettazione nostra, e specialmente di questi due suoi figli, sui quali sta per riversarsi quella forza dell'Altissimo che fa santa la Chiesa e di Lei fece la Madre del Cristo, il Figlio del Dio vivente (cfr. Mt.16,16).
Con la nostra, si è elevata, potente, al Cielo la sua invocazione:Veni,Creator Spiritus!

Ed essa sarà con noi durante tutto il sacro rito, condividendo la nostra gioia, così come le nostre speranze nei Frutti del servizio ecclesiale che il Sommo Pontefice ha affidato ai due eletti.

3. Un servizio di singolare natura, nei confronti di quello normalmente legato al conferimento del carattere e della dignità episcopale; ma pur sempre genuinamente rispondente alla funzione che, nella Chiesa, è propria dei successori degli Apostoli.

Esso, infatti, consiste nel render presente, presso le Chiese locali disperse nella vastità del mondo, Colui che è «il principio e il fondamento visibile dell'unità» della Chiesa universale, il Papa (Lumen Gentium 18): la sua «sollicitudo omnium Ecclesiarum»; la sua autorità; il suo cuore.

Chiese di antichissima o antica cristianità; Chiese consolidate, ormai, in Paesi dove da secoli il Vangelo è stato annunziato; Chiese di più vicina o appena incipiente evangelizzazione.

Genti, diverse per tradizioni, per cultura, per caratteristiche etniche ed esperienze storiche. Diverse per lingue: intendendo come lingua, non solo l'esteriore rivestimento del pensiero, ma l'interna sua struttura e le profondità dei sentimenti e del cuore, che sembrano avere in ciascun popolo una loro voce inconfondibile.

Verso tutte si sente debitore, per il divino mandato da lui ricevuto, il Successore di Pietro: il Quale, per poter rendere ad esse il suo servizio di Pastore e di Padre, deve tenersi in contatto con loro, innanzitutto per conoscere, comprendere, ascoltare, far udire la propria parola.

Valido e ben difficilmente sostituibile, aiuto all'adeguato esercizio di questa sua responsabilità universale, prestano al Papa i suoi Rappresentanti presso le Chiese locali e presso le diverse Nazioni del mondo. L'esperienza dei secoli, che portò alla istituzione e ai successivi sviluppi della Rappresentanza Pontificia nelle sue varie forme, è confermata da quella di oggi.

Un servizio, quindi; un servizio squisitamente pastorale, anche per quel che riguarda la funzione diplomatica presso i Governi dei Paesi ove sarete accreditati, è quello che la Sede Apostolica chiede a voi, miei cari Confratelli, sui quali, insieme con gli altri Vescovi presenti, sto per ripetere l'antico rito della imposizione delle mani per invocare su di voi l'effusione di quella potenza che viene dal Padre – per anticipare le parole della Preghiera Consacratoria –, lo Spirito Santo, che Egli ha dato al suo amato Figlio, Gesù Cristo, e che ha donato ai santi Apostoli che hanno fondato la Chiesa come suo santuario, in ogni luogo, a gloria e lode perenne del suo santo nome».

Un servizio, che è in qualche modo partecipe di quello che il Supremo Pastore rende alla Chiesa e di quello, altresì, che Egli presta all’umanità, quando difende e promuove i comuni valori morali e le grandi cause della giustizia, della fraternità dei popoli, della pace.

Un servizio che voi dovrete procurare di esercitare con competenza – ma a questo già vi hanno preparato i lunghi anni di generoso impegno nei diversi uffici sinora a voi affidati -, con sacerdotale senso di responsabilità, con umiltà e fraterno spirito di comprensione e di cooperazione nei riguardi degli Episcopati delle Nazioni alle quali siete mandati.

Nobili Nazioni, che già vi sono care - come care sono, tutte, al cuore del Papa - e che voi saprete amare sempre di più, a mano a mano che meglio ne conoscerete l'anima, i valori, i problemi.

In esse la Chiesa ha già affondato le sue radici e sta spiegando, vigorosi, i suoi rami: sino ad abbracciare - nel Burundi - la maggioranza della popolazione, mentre attiva, vitale, apprezzata per le sue benemerenze anche fuori del campo strettamente religioso, essa è nel Togo, nel Ghana, nel Benin: allietati, questi due ultimi Paesi, dalla recente Visita del Santo Padre, Che è passato fra quelle popolazioni portando e ricevendo amore, da parte di cattolici e non cattolici.

E' nostro augurio, è nostra preghiera che la luce del Vangelo - che anche voi, come Vescovi, sarete tenuti per titolo speciale a portare nel mondo: con la parola, con l’esempio della vostra vita, con l'azione – brilli sempre più largamente in quelle terre, e che esse conoscano sempre migliori progressi, morali, spirituali ed anche di giusto benessere materiale, nella tranquillità -, nella libertà e nella giustizia.

A ciò possa efficacemente contribuire la vostra discreta ed amica operosità di Rappresentanti del Padre Comune!

Vi aiuti e soccorra lo Spirito di Dio: al Quale mi piace terminare rivolgendo - a nome vostro e di noi tutti - l'invocazione della fiorentina Santa Maria Maddalena (de' Pazzi), che la sua recente «memoria» liturgica (25 maggio) ci ha invitati a far nostra: «Vieni, o santo Spirito. Venga l'unione del Padre, il compiacimento del Verbo. Sei, o Spirito di verità, premio dei santi, refrigerio delle anime, luce delle tenebre, ricchezza dei poveri, tesoro di quelli che amano, sazietà degli esurienti, consolazione dei pellegrini; tu sei, insomma, colui nel quale si contiene ogni tesoro.

«Vieni tu che, discendendo in Maria, hai fatto incarnare il Verbo, e fa' in noi per grazia quello che hai fatto in lei per grazia e per natura.

«Vieni, e consuma in noi tutto ciò che è cagione che non possiamo essere consumati in te».


*Archivio dell’Associazione – Centro Studi Card. A. Casaroli, Bedonia.

 

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