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 ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONS. MONTEIRO DE CASTRO

OMELIA DEL CARDINALE AGOSTINO CASAROLI*

Miami - 23 marzo 1985

 



«Come tu mi hai mandato nel mondo, così anch'io li ho mandati nel mondo». E per loro consacro me stesso, affinché anch'essi siano consacrati nella verità» (Gv 17,18-19). «La tua parola è verità» (ib.,17).

Così Gesù, l'abbiamo or ora ascoltato, nella preghiera rivolta al Padre, al termine del commovente colloquio d'addio con i suoi Apostoli, prima di lasciare il Cenacolo per recarsi al giardino del Getsemani e verso l'ultimo atto della sua breve vita mortale: una vita che stava per chiudersi, appunto con la morte: una morte dolorosa, ma volontariamente accettata per la redenzione del mondo e che avrebbe significato – per Gesù stesso e per quanti avrebbero creduto in lui – la definitiva vittoria della Vita sulla Morte.

Per loro, per tutti i suoi discepoli, ma specialmente per i suoi Apostoli, che lo avevano accompagnato dal battesimo di Giovanni sino agli ultimi giorni della sua esistenza terrena, pregava il Signore: per loro che avevano ascoltato tutte le sue parole – anche senza comprenderle, sempre - e assistito ai prodigi, segni della sua potenza messianica.

Come il Padre aveva mandato Lui nel mondo, così Egli li inviava nel mondo: continuatori di quella stessa missione che il Padre aveva affidata a Lui.

Già li aveva inviati qualche volta, i 12 uomini che Egli aveva prescelti «perché stessero con lui e potesse inviarli a predicare, col potere di scacciare i demoni» (Mc 3,14-15). Li aveva inviati, ordinando loro di rivolgersi «alle pecore disperse della casa di Israele» (Mt 10,6), evitando i gentili e i samaritani (ib., 5). Dovevano predicare: «E' vicino il regno dei Cieli» (ib., 7)!

Ma ormai stava per giungere il momento solenne della loro piena investitura di Apostoli, di «Inviati». Al momento di staccarsi definitivamente dalla terra, per ascendere al Cielo, di dove tornerà nella sua gloria alla fine dei tempi, sul monte della Galilea dove aveva dato loro convegno per l'ultimo incontro, il dolce, il mite, l'umile Gesù di Nazareth si sarebbe eretto in tutta la sua maestà di Figlio di Dio e Signore della storia: “Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra» (Mt 28,18). Come a dire: niente e nessuno è sopra di me; niente e nessuno può sfuggire a me; nessun potere è reale e duraturo se non viene da me. Ogni potere! Non solo nel Cielo, dove sto per portare la mia dimora; ma sulla terra, ugualmente, dove continuerò a permanere: con la realtà del mio Corpo e del mio Sangue; con lo Spirito che il Padre invierà in nome mio; con la presenza, con l'azione, con la parola di coloro che continueranno a rappresentarmi visibilmente: tutta la Chiesa, mio mistico Corpo, radunata e vivificata dallo Spirito; ma in particolare a coloro che ho costituito e continuerò a costituire Pastori del mio gregge, gli Apostoli da me prescelti e i loro legittimi successori, i Vescovi della Chiesa di Dio.

«Ogni potere mi è stato dato in cielo e in terra»! «Andate, dunque, ammaestrate tutte le genti» (Mt 28,19); «Andate per tutto il mondo e predicate il Vangelo a tutte le creature» (Mc 16,15) . Come il Padre aveva mandato Lui, «a portare ai poveri il lieto messaggio», secondo la profezia dell'antico Isaia, che Egli stesso aveva applicato a sé all'inizio del suo ministero pubblico (cfr Lc 4,18), così. Gesù mandava i suoi Apostoli a portare a tutti gli uomini il suo Vangelo, annuncio di gioia, di letizia, perché annuncio di liberazione e di salvezza. Quel Vangelo che Egli aveva diffuso nella terra di Galilea e di Giudea, senza disprezzare l'inospite territorio della Samaria.

Quell'annuncio della verità, alla quale Egli era venuto a «rendere testimonianza» (cfr Gv 18,37).

Ma come, Signore! Non conoscete voi questi uomini che volete associare a voi nella vostra incredibile avventura della conquista dell'umanità intera, di tutti i secoli, di tutte le razze, di tutti i ceti sociali, di tutte le civiltà? Essi sono pochi, timidi, sprovvisti di ogni bene terreno, poveri di intelligenza, privi di cultura, paurosi di fronte ai potenti e ai sapienti di questo mondo, limitati nei loro orizzonti di piccoli provinciali. E voi volete lanciarli lontano dal loro Paese, mandarli a popoli di lingue sconosciute e di sentimenti ostili, orgogliosi del loro potere, della loro sapienza, dei loro dei, per «ammaestrarli», per «rendere soggetto all'obbedienza a Cristo» – secondo la forte espressione di San Paolo – «ogni intelletto» (2 Cor.10,5)? Non sapete quali difficoltà, quali pericoli li attendono?

«Viaggi innumerevoli – come sperimenterà poi lo stesso Apostolo Paolo – pericoli di fiumi, pericoli di ladri, pericoli dai connazionali, pericoli dai pagani, pericoli nelle città, pericoli nel deserto, pericoli sul mare, pericoli dai falsi fratelli, fatica e travaglio, veglie senza numero, fame e sete, digiuno frequente, freddo e nudità» (2 Cor 11,26-27).

Ma a questi uomini Gesù aveva assicurato: «Io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paraclito, affinché sia sempre con voi, lo Spirito di verità» (Gv 14,16). Quando verrà «egli vi guiderà in tutta la verità» (Gv 16,13). Certo, «in questo mondo avete da soffrire; ma abbiate coraggio: io ho vinto il mondo» (ib.,33). Non resterete soli, nel lavoro apostolico, nelle fatiche, nei pericoli, nel dolore, nella morte: «Ecco: io sono con voi tutti i giorni, sino alla fine del mondo»! (Mt 28,20).

Questi sono gli Apostoli; questi i loro successori, i Vescovi della Chiesa di Dio. Continuatori della missione evangelizzatrice di Cristo; illuminati e guidati dallo Spirito di verità; sorretti dalla corroborante e riconfortante presenza del loro e nostro Signore: oggi, come ieri, e per sempre nei secoli: sino alla fine dei tempi, sino alla conclusione della terrena vicenda dell'uomo.

Così, dopo la discesa dello Spirito Santo, il giorno di Pentecoste, il piccolo drappello di uomini scelti da Cristo e da Lui investiti della sua autorità e del suo potere si sparge per l'ampia superficie del mondo portando coraggiosamente la «lieta novella».

Aiutati dai loro collaboratori, essi cercheranno di far giungere dappertutto la luce del Vangelo: «In tutta la terra usci il loro richiamo, ai confini del mondo le loro parole» (Salmo 18,5).

Separati dalle grandi distanze e dalle diverse situazioni, gli Apostoli come poi, e ancor oggi, i Vescovi loro successori nell'ufficio pastorale rimarranno saldamente uniti nella fede, nella speranza, nella carità, conservando l'unità dello spirito, nel vincolo della pace» (Ef 4,3).

Ma per dare alla loro comunione anche un fondamento visibile, Gesù aveva scelto uno dei suoi Apostoli non più forte, non più sapiente, non più santo degli altri ma per lui il Cristo aveva pregato in modo particolare, «perché la sua fede non venisse meno» e, dopo il momentaneo turbamento, assumesse l' incarico di «confermare i suoi fratelli» (cfr Lc 22,32).

Il suo nome era Pietro. Il nome dato da Gesù a Simone figlio di Giovanni, costituito così la pietra, la roccia sulla quale il Maestro intendeva edificare la sua Chiesa (cfr Mt 16,18).

Il suo nome è, oggi, Giovanni Paolo.

Molti e diversi sono stati i nomi dei Papi, successori di Pietro nella sede di Roma, ma a ciascuno di essi Gesù ha rinnovato la solenne investitura: «Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa» (ib.).

Il Concilio Ecumenico Vaticano II, nel riflettere con particolare profondità sul mistero della Chiesa, ci ha proposto, nella Costituzione dogmatica «Lumen Gentium», un quadro luminoso della bellezza di questa società soprannaturale che raduna in unità organica uomini e donne di tutti i tempi e di tutti i luoghi, formando di essi, non solo un'unica grande famiglia, ma il corpo vivente che ha per Capo Cristo.

Tutti – fratelli e sorelle – uguali nella dignità e nell' eterno destino di felicità, partecipi tutti del potere sacerdotale, profetico e regale di Cristo, vi è però fra di loro un ordinamento gerarchico, che ha nei Vescovi e nel Papa la sua suprema espressione.

Il Primato del Papa – che comporta la potestà suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa (cfr Can.331 del C.I.C.); (cfr Lumen Gentium n.22) – è ufficio di servizio e di amore. Non senza motivo di titolo più solenne riservato al Sommo Pontefice è quello di «Servo dei Servi di Dio».

In nessuna parte della Chiesa – ossia in nessun angolo del mondo – il Papa è straniero. Senza nulla togliere alla autorità, alla responsabilità, alla paternità dei Vescovi, egli è e deve essere ovunque presente con l'autorità, la responsabilità, la paternità che l'ufficio petrino gli impone: lui, a cui Cristo, prima di salire al Cielo, ha affidato il dolce, ma tanto esigente incarico: «Pasci i miei agnelli; pasci le mie pecorelle» (cfr Gv 21,15-17).

Stiamo ora per procedere alla consacrazione di un nuovo Vescovo, chiamato dal Sommo Pontefice ad essere suo Rappresentante presso alcune Chiese particolari e alcuni Governi civili.

Come Vescovo, egli, pur senza avere la responsabilità diretta della cura pastorale di una diocesi, entrerà a far parte del collegio dei Successori degli Apostoli e parteciperà così. al la suprema potestà e alle responsabilità che nei riguardi della Chiesa universale spettano ai Vescovi «in forza della consacrazione sacramentale e della comunione gerarchica con il Capo e con i membri del Collegio» (Can. 336 del C.I.C.); (cfr Lumen Gentium n.22).

Grazie alla imposizione delle mani ed alla orazione consacratoria, lo Spirito del Signore scenderà su di lui e lo costituirà «araldo, apostolo e maestro» del Vangelo (cfr 2 Tim. 1,11).

Egli è figlio della vostra terra: questo Paese, nobile e gentile, piccolo e grande, che é il Portogallo, carico di incomparabili memorie storiche e aperto ad un avvenire di progresso che noi auspichiamo sempre migliore in tutti i campi, religioso, morale, sociale, materiale. E' figlio di questa antichissima arcidiocesi, posta in una regione che conserva ancora l'orgoglio di vecchie glorie.

Egli ha desiderato ricevere la pienezza del sacerdozio in questo grandioso Santuario del Sameiro, luogo di pio pellegrinaggio, visitato anche dal Papa Giovanni Paolo II, dove il novello Vescovo è stato richiamato dal ricordo dei suoi primi anni di vita e dove è sbocciata la sua vocazione al sacerdozio.

Partecipando con ogni discrezione alla dolcezza dei suoi sentimenti, noi pregheremo con l'intera Chiesa per lui, affinché lo Spirito lo riempia della ricchezza dei suoi doni.

Egli ne avrà particolare bisogno, per poter rispondere degnamente alla missione nella quale è chiamato a svolgere il suo servizio episcopale: quale Rappresentante, cioè, del Supremo Pastore della Chiesa presso i suoi Fratelli nell'Episcopato che pascono il gregge del Signore nella regione del Caribe.

Regione benedetta da Dio con il dono della bellezza, popoli che da poco hanno preso animosamente in mano i loro destini quali Paesi sovrani e indipendenti e che sono decisi a far fronte alle loro responsabilità anche quali membri della Comunità internazionale: per questo la Santa Sede è stata lieta di annodare progressivamente, con essi, rapporti ufficiali, di carattere diplomatico.

In quei Paesi Mons. Monteiro de Castro dovrà essere l'occhio e l'orecchio paterno del Sommo Pontefice, ansioso di conoscere la vita della Chiesa in tutte le parti del mondo, per partecipare alle sue gioie e alle sue pene, alle sue speranze e alle sue difficoltà, ai suoi programmi e ai suoi problemi; dovrà esservi il messaggero e l'interprete del pensiero, della volontà, delle aspettative, dei desideri del Papa; dovrà portarvi, soprattutto, l'eco vivente dell'amore del Padre comune per tutti i suoi figli.

Missione bellissima, senza dubbio, ma che molto esige – di intelligenza, di preparazione, di esperienza, di cuore – da chi viene incaricato di svolgerla.

Per questo Mons. Monteiro de Castro molto attende dalle nostre preghiere, dalle preghiere di quanti gli sono amici.

La nostra invocazione, dopo che al Padre Onnipotente, allo Spirito santificatore e al Pastore eterno della Chiesa, si rivolge a Colei che della Chiesa é il fiore più bello ed é stata riconosciuta Madre: la Vergine concepita senza peccato. E' proprio sotto il suo sguardo, in questo suo Santuario, che si svolge il sacro Rito che segna l'inizio d'una nuova, importantissima tappa nella vita del nostro amico e fratello il quale, quasi seguendo l'esempio degli antichi abitanti di questa terra, «que da Occidental praia Lusitena por mares nunca de antes navegados passaram ainda além da Taprobna» (Lusiados 1,2-4), ripartirà portando nel cuore il ricordo del suo Paese, la dolce visione del Sameiro per consacrare le sue forze al servizio d'una eletta porzione del popolo di Dio.

Voglia Essa stendere sempre su di lui il suo manto protettore, per aiutarlo ad essere un degno Vescovo della Chiesa, un degno Rappresentante del Vicario di Cristo sulla terra!


*Archivio dell’Associazione – Centro Studi Card. A. Casaroli, Bedonia.

 

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