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ORDINAZIONE EPISCOPALE DI MONS. SANTOS ABRIL Y CASTELLÓ

OMELIA DEL CARDINALE AGOSTINO CASAROLI*

Domenica, 16 giugno 1985 



 
 
1. Poche volte, credo, nella sua lunga storia, questo mirabile Tempio, da oltre quattro secoli assurto alla dignità di Chiesa Cattedrale, ha vissuto una giornata di gioia simile a quella di oggi.

Gioia per la intera diocesi particolarmente per la città di Teruel : l' antica Turba fondata dagli Iberici, alta sul Turia all'estremità dell'Aragona, devastata dai Romani; ricostruita dagli arabi con il suo nuovo nome; riconquistata dal re Alfonso II di Aragona sul finire del secolo XII, dal 31 luglio 1577 sede episcopale.

Giorno di gioia, ed anche di legittimo orgoglio, per la comunità diocesana che vede oggi riconosciuto e onorato, in uno dei migliori dei suoi figli, la multisecolare sua fedeltà alla Chiesa di Cristo ed i suoi legami di obbedienza e di amore con e cuore la Sede di Pietro, centro e cuore dell'immensa famiglia cattolica sparsa nel mondo.

Oggi, infatti, la diocesi di Teruel offre alla Chiesa un nuovo Vescovo, al Sommo Pontefice un nuovo Rappresentante, chiamato a renderlo quasi presente, giorno dopo giorno, là dove il Papa non può recarsi di Persona, se non, una volta o l'altra, per una breve, anche se intensa,Visita.

2. La Nazione che attende ora il vostro fratello che sta per ricevere la pienezza del sacerdozio si trova nel cuore generoso del Continente sud-americano . Il cui nome è già da se stesso altamente evocativo, di una si potrebbe dire quello che un suo poeta scriveva della sua aerea capitale la Paz: «Dorada a fuego por el sol del Ande, peinada a viento por el soplo brusco que baja de la puna y te acaricia......Contigo los crepusculos fantasticos y las noches lunares cuando el moño de la montana se corona de astros» (Humberto Viscarra Monje - Canto a Ciudad de la Paz).

Bolivia Alta e lontana, segnata ancora dalle cicatrici di un arcano passato, le cui vestigia misteriose continuano a porre esaltanti e insoluti problemi agli uomini di scienza e fanno sognare di genti e di gesta di una preistoria lontana.

Ma terra profondamente segnata, soprattutto, dalla Croce luminosa di Cristo, che Missionari partiti da queste spiagge generose di Spagna portarono là, già dall'inizio della scoperta, fra sacrifici e pericoli, incominciando dall'altipiano occidentale ed estendendosi poi faticosamente al resto del Paese: epopea di amore, alla quale non mancò il sigillo del martirio (di José de Arce ).

Oggi quattro Sedi Metropolitane, con sei diocesi o Prelature suffraganee e sei Vicariati Apostolici, rappresentano la struttura gerarchica di una Chiesa viva e vivacemente impegnata, sia nella promozione e nella diffusione della fede e della vita cristiana, con quelle caratteristiche di fedeltà all'insegnamento del Magistero e di profonda pietà, anche nelle forme popolari che si richiamano spesso ad antiche manifestazioni di religiosità ancestrale, assunte e purificate dalla nuova fede, che manifestano la ricca eredità spagnola; sia nella affermazione e nella tutela della dignità dell'uomo, nella elevazione culturale, sociale ed anche materiale del popolo, ed in particolare delle classi più bisognose, meno sviluppate, più abbandonate od emarginate, nelle rivendicazioni del diritto di ogni membro della comunità ad una vita degna di un uomo, di un cittadino, di un cristiano.

3. Il Sommo Pontefice è vicino con un particolare affetto, fatto di stima, di amore, ma anche di preoccupazione, a quella parte della grande famiglia cattolica.

Stima per la sua storia, religiosa e civile, per le qualità umane e per la genuinità cristiana di quei suoi figli, per le prospettive di sviluppo che il nobile impegno del popolo e della Chiesa Boliviana autorizza a nutrire.

Amore, in risposta all'amore profondo e alla venerazione di cui il popolo boliviano circonda il Papa, nel quale esso giustamente vede, non solo il Vicario di Cristo, Pastore supremo di quella Chiesa con la quale esso si sente, quasi al cento per cento, identificato, ma anche l'amico sincero, che disinteressatamente

Questa amicizia si traduce molto spesso in preoccupazione, per il numero, la complessità, le difficoltà dei problemi con i quali il popolo e la Chiesa in Bolivia si trovano confrontati: non ultimo, quello che Gesù già segnalava, per il suo tempo, nel testo evangelico che abbiamo or ora ascoltato: «la messe è abbondante, ma gli operai sono pochi!» (Lc 10,2). La sproporzione fra i bisogni e i mezzi disponibili, che grava sulla vita economica e sociale della Bolivia, si manifesta, sul piano ecclesiale, nella grave sproporzione fra il numero dei fedeli, la loro sete di verità e di assistenza religiosa, la loro apertura alla luce della fede,e la disponibilità delle forze evangeliche: anche se la situazione, sotto questo aspetto, potrà trovare un considerevole alleggerimento nel coinvolgimento crescente del laicato cattolico nei compiti della Chiesa.

4. A questa Nazione, a questa Chiesa, il Santo Padre invia ora, come proprio Rappresentante, Sua Eccellenza Mons. Santos Abril.

E' una scelta nella quale entrano, insieme con vari altri fattori, anche la conoscenza e l'apprezzamento personali del Sommo Pontefice per questo suo collaboratore che, sin dall'inizio del suo Pontificato, Egli ha avuto particolarmente vicino: vicino non solo nel quotidiano lavoro svolto nella Segreteria di Stato al servizio del Papa, e in un settore, quello del mondo di lingua spagnola, che occupa nella Chiesa spazi singolari; ma anche per l'opera intelligente e preziosa da lui prestata, senza limiti di tempo o di fatica, in occasione dei Viaggi Apostolici compiuti dal Vicario di Cristo in numerosi Paesi affratellati dall'idioma di Cervantes e di S. Teresa di Gesù, a cominciare da quello che per la prima volta portò un Papa nell'isola di «Hispaniola» e nella grande Nazione messicana.

Una simile vicinanza ha dato al Santo Padre la possibilità di meglio sperimentare e valutare le doti delle quali la Provvidenza ha arricchito questo figlio della vostra diocesi. Ma essa ha, insieme, offerto a S.E. Mons. Abril occasioni del tutto particolari per conoscere - nelle loro intime pieghe, direi - il pensiero, la volontà, il cuore di questo Papa, tanto desideroso di comprendere e di parlare il linguaggio dei popoli che si affollano attorno alla sua Cattedra di verità, quanto ansioso di conoscer ne i problemi, le gioie e le angustie, le speranze e i disinganni, sempre pronto a sostenere, a incoraggiare, ad aiutare, per quanto gli è possibile.

5. Il pensiero, la volontà, il cuore del Papa; ecco il trinomio che sembra riassumere l'oggetto specifico della missione e delle responsabilità di un Rappresentante Pontificio!

Dovunque il cenno del Vicario di Cristo lo invia, non è il suo pensiero, non è la sua volontà, non sono neppure i suoi personali sentimenti ciò che più interessa.

Per quanto le sue qualità e il suo personale impegno possano meritatamente acquistargli stima ed ascolto, la privata autorità della sua voce è come sopraffatta da quella, incomparabilmente superiore, perché appoggiata sulla forza di una missione e di una promessa divine, che egli rappresenta e della quale deve essere fedele portatore ed interprete.

Con il cuore del Papa egli deve seguire la vita della Chiesa e del Paese dove è mandato, procurando di conoscerne e di come prenderne la realtà in tutti i suoi risvolti, positivi od anche negativi: con quella attenzione e con quella chiaroveggenza dettate dall'amore, che deve aiutare il Sommo Pontefice a compiere il suo servizio di «presidente della carità» nella Chiesa di Cristo e di Rappresentante del Principe della Pace.

Senza sostituirsi all'Episcopato locale, o costituire un diaframma fra di esso e il Papa, ed evitando, anzi, scrupolosamente quanto possa sminuirne l'autorità, il Rappresentante Pontificio deve sempre sforzarsi di «rappresentare» veramente Colui che si gloria del titolo solenne di «Servo dei servi di Dio», il Papa.

Questo impegno è la base di quello spirito di piena fiducia e di fraterna collaborazione che deve distinguere il rapporto fra il Rappresentante Pontificio e i Vescovi, garanzia di migliore efficacia nel servizio di una causa che è comune ai legittimi Pastori delle Chiese particolari nell'esercizio dell'autorità a loro spettante per volere del Signore, e al Pastore Supremo, al Quale Cristo ha conferito la missione di pascere i suoi agnelli, di pascere le sue pecorelle.

Con il cuore del Papa il Rappresentante Pontificio, specialmente quando svolge anche funzioni diplomatiche presso il Governo del Paese o dei Paesi della sua Missione, deve altresì occuparsi, in nome della Santa Sede, dei problemi della pace e della concordia fra i popoli, che costituiscono una delle principali preoccupazioni del Papa, in questo periodo di tensioni internazionali e di pericoli di conflitti e di guerre.

6. Ecco, dunque, l'ideale del Rappresentante Pontificio: riflesso fedele e dinamico della Persona e dell'azione del Vicario di Cristo, nella sua dimensione totale, che interessa, insieme, la Chiesa e l'umanità.

Dovendo rendere quasi presente nelle varie regioni del mondo il Vescovo di Roma, Capo del Collegio Episcopale, è naturale che anch'egli sia investito di quella dignità sacramentale che affratella fra loro il Papa e gli altri Vescovi della Chiesa di Dio, rendendoli partecipi del sommo sacerdozio dì Cristo.

Non un funzionario burocratico, dunque, è il Rappresentante Pontificio, ma un sacerdote innanzitutto, un Vescovo: il quale, anche se non ha la responsabilità diretta di una diocesi o una specifica funzione pastorale al servizio di una Chiesa o di un gruppo di Chiese particolari, condivide però, insieme con tutti gli altri Vescovi della Chiesa Cattolica, in virtù della consacrazione episcopale e nella comunione gerarchica con il Pastore Supremo, la sollecitudine per la Chiesa universale di Cristo.

Quella sollecitudine che comporta il dovere di «promuovere e difendere l'unità della fede e la disciplina comune a tutta la Chiesa, istruire i fedeli all'amore di tutto il Corpo mistico di Cristo, specialmente delle membra povere, sofferenti e di quelle che sono perseguitate a causa della giustizia (cfr Mt 5,10), e infine promuovere ogni attività comune alla Chiesa, specialmente nel procurare che la fede cresca e sorga per tutti gli uomini la luce della piena verità». Sono parole della Costituzione dogmatica sulla Chiesa del Concilio Ecumenico Vaticano II (Lumen Gentium, n.23).

«La luce della piena verità»: cioè Cristo, Figlio di Dio e figlio dell'uomo, il Redentore della umanità, la Via, la Verità, la Vita ; Cristo Crocifisso, come ci ha ricordato la seconda Lettura di questa solenne Liturgia (1 Cor 2,1-5), presentato dall'Apostolo non con «discorsi persuasivi di sapienza», ma con «la manifestazione dello Spirito e della sua potenza», perché la fede della Chiesa non sia «fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio».

Ciò non vuol dire che un Rappresentante Pontificio non debba avere anche quelle qualità personali e quella preparazione culturale e professionale specifica che gli consentano di affrontare convenientemente le questioni difficili e complesse che gli si presenteranno. Bisogna, anzi, che tale preparazione sia quanto più possibile profonda ed accurata, anche per il rispetto dovuto sia alle responsabilità e alle tradizioni della Sede Apostolica, sia ai Paesi ai quali sarà inviato. Ma tutto egli deve saper vedere e valutare, non con i soli criteri umani, ma soprattutto con la sapienza soprannaturale che viene dallo Spirito.

E' questo lo Spirito che abbiamo invocato, ripetendo le solenni parole dell'antico inno liturgico: «Veni, Creator Spiritus»: Vieni, o Spirito Creatore! Luce, fuoco di carità, forza di coraggio e di entusiasmo, fonte di santità personale, suscitatore di zelo santificatore.

In questo momento di preghiera abbiamo quasi dimenticato il diplomatico della Santa Sede, colto, esperto in questioni di dottrina e di diritto, preparato a discutere maggiori problemi della vita della Chiesa e del mondo. Lo abbiamo quasi dimenticato, per pensare al Vescovo sul quale, per l'imposizione delle mani di altri Vescovi, anelli della lunga catena della successione apostolica, sta per posarsi lo Spirito del Signore che l'ungerà per mandarlo, anche lui, a portare nel mondo la Buona Novella: a tutti, ma specialmente «a quelli che soffrono» (cfr Is 61,1), per mancanza di verità, o di giustizia, o di amore.

Per lui, considerando il singolare tipo di servizio ecclesiale che è chiamato a svolgere, vogliamo chiedere in particola re, con sovrabbondanza, il dono del consiglio: di quella prudenza, cioè, che, insieme con la fortezza, rappresenta una delle condizioni fondamentali per chi deve affrontare, con lucida visione e con ferma mano, responsabilità di governo nella Chiesa e di corretto e positivo rapporto fra la società religiosa e civile, a beneficio soprattutto di chi è spiritualmente o material mente più povero.

9. Lunga, bella, ma non sempre facile è la strada che Le si schiude davanti, caro Monsignor Abril. Si metta in Cammino! Entrando nel Paese che Le aprirà fra poco le sue porte, la sua voce pronunzierà il saluto evangelico: «Pace a questa casa» (Lc 10, 5 ). E aggiungerà: «Il Regno di Dio è vicino» (ib 9). Vicino sempre più vicino, nonostante le delusioni e le difficoltà che ancora gli si frappongono, è il regno di Dio!

La Chiesa in Bolivia sta, infatti, avanzando con passo generoso. Il cuore del Papa la segue, la incoraggia, la sostiene; come segue, incoraggia e sostiene gli sforzi del popolo boliviano verso un avvenire di più completo sviluppo e di più grande giustizia sociale.

Di questo grande amore paterno sappia Ella, caro Monsignor Abril, essere il messaggero luminoso e l'interprete fedele.

Con questo augurio noi accompagniamo l'inizio della missione che attraverso la scelta del Sommo Pontefice, Cristo Le affida.


*Archivio dell’Associazione – Centro Studi Card. A. Casaroli, Bedonia.

 

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